Pur realizzando seinen manga (fumetti per giovani adulti) per il mercato giapponese sin dai tardi Anni Ottanta, Taiyō Matsumoto (Tokyo, 1967) è un fumettista molto vicino allo stile e alla sensibilità artistica europea. È questa sua trasversalità ad averlo reso celebre in tutto il mondo: i suoi disegni sono inconfondibili, un connubio di quotidiano e onirico, in bilico tra il surrealismo e il delirio; costituiscono il perfetto corrispettivo visivo delle vicende vissute dai giovani protagonisti delle sue storie.
QUANDO L’OCCIDENTE HA SCOPERTO MATSUMOTO
Matsumoto sale alla ribalta internazionale con la traduzione occidentale di Tekkon kinkreet, che compare in versione inglese soltanto sul finire del 2007 (quasi 15 anni dopo la pubblicazione originale, avvenuta nel 1993-1994). Nonostante il fisiologico ritardo, una volta conosciuta l’opera vale al mangaka prestigiosi riconoscimenti nel settore fumettistico, come l’americano Eisner Award nel 2008.
Tekkon kinkreet e il successivo manga Sunny (pubblicato in Italia da J-Pop Manga, vincitore del Gran Guinigi Lucca Comics 2016) sono il cuore della mostra Taiyō Matsumoto: Love is all you need presso WOW Spazio Fumetto di Milano (a cura di Jacopo Costa Buranelli, direttore del suddetto J-Pop Manga), con più di cinquanta lavori originali tra illustrazioni e tavole che il pubblico può ammirare gratuitamente.
Prima personale del mangaka in terra meneghina, la mostra è il giusto tributo al lavoro di un artista attraverso due opere distanti nel tempo e nel tratto (se Tekkon kinkreet è degli Anni Novanta, Sunny è stato pubblicato a partire dal 2010), grazie alle quali è possibile apprezzare l’evoluzione stilistica dell’autore e la fusione delle sue tematiche narrative su carta.
DUE MANGA, UN PERCORSO ARTISTICO
Si parte da un netto bianco e nero, con tratto a pennino preciso, spigoloso, e pennellate nervose, accompagnati saltuariamente da retinature e grigi pieni. In Tekkon kinkreet i soggetti delle tavole sono spesso rappresentati a compiere azioni fisiche fuori dal comune: salti pindarici e inquadrature dal taglio cinematografico ci portano su montagne russe emozionali – e narrative – dove cementizi paesaggi urbani e folklore nipponico danno sostanza alla trama; perché la città – e in particolare il quartiere – è coprotagonista al pari dei personaggi che la abitano, tanto da trasmettere loro il proprio malessere, con un impatto sia fisico sia emotivo. Oltre alle tavole originali dei due manga, si possono trovare in mostra illustrazioni per progetti vari, sketch dove il gusto europeo di Matsuomoto, a causa probabilmente anche del suo importante soggiorno a Parigi a inizio Anni Novanta, incontra la precisione nipponica.
Il suo stile raggiunge in Sunny una summa personalissima. Ci accolgono – tratte da inizio capitolo – tavole doppie, acquerelli su carta (da pacchi) che rappresentano i protagonisti del manga come colti da una brevissima sequenza di istantanee fotografiche: in posa prima e poi scomposti, colti alla sprovvista da un qualche minimo intoppo. Un soffio di vento, un sorriso, elementi ed espressioni sono raffigurati con dolcezza e genuinità anche nelle tavole in bianco e nero, dove il tratto si è fatto ragionatamente incerto, quasi a rispecchiare i sentimenti dei protagonisti, che in Sunny sono ragazzini orfani che vivono assieme in una casa famiglia. Quello che prima era grigio netto, nel più recente manga si apre a ogni sfumatura, e diviene strumento eccezionale nella continua ricerca di una maggiore aderenza dello stile alla rappresentazione di sogni, speranze e paure, così cara all’autore.
– Marco Sanfilippo
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