Fantagraphic. Nella steppa russa con Lise & Talami
“Il futuro è un morbo oscuro, dottor Zurich!” è il nuovo graphic novel di Alessandro Lise e Alberto Talami (o più semplicemente Lise & Talami), una storia di fantascienza ambientata nella steppa russa. Ne abbiamo parlato con gli autori, in un'intervista doppia in cui ci raccontano del libro e della loro longeva attività.
Partiamo da voi due. Siete insieme dal 2001, praticamente una coppia di fatto del fumetto italiano. Com’è nata la collaborazione?
Alessandro Lise: A fine Anni Novanta facevamo con degli amici una fanzine, Doido. Ognuno di noi pubblicava lì le cose che scriveva e disegnava da solo. Quando, dopo tre numeri, il gruppo si è sciolto, Alberto mi ha proposto di fare qualcosa insieme, credo perché abbiamo gusti compatibili e ci divertono più o meno le stesse cose.
Oltre ad avere gusti compatibili siete anche complementari, dato che uno scrive e l’altro disegna…
Alberto Talami: Entrambi lavoriamo sulle storie e sulle sceneggiature, tanto che facciamo spesso fatica a dire di chi siano le singole idee che buttiamo nei nostri fumetti. Ognuno fa la cosa che sa fare meglio, io disegnare, Alessandro scrivere.
Non capita mai di invertire i ruoli?
A. T.: No, ma ho iniziato ultimamente a forzare la mano ad Alessandro. Per l’autoproduzione cui stiamo lavorando adesso, Listalamise 2 (che vorremmo uscisse a marzo), ho impostato il 90% delle storie da solo, già praticamente con tutti i dialoghi: se lui non li rivede in tempo escono a firma sua così come sono.
In effetti Alessandro si accusa sempre di essere troppo lento nella scrittura…
A. L.: Mi accuso io, prima che lo facciano gli altri. Come diceva credo Dorothy Parker, mi piace aver scritto ma odio scrivere. La verità è che non ho una disciplina, non mi appunto le frasi o le idee, ho bisogno di una scadenza sul collo, mi faccio distrarre da tutto, e spesso per risolvere i dialoghi più difficili ho bisogno di passeggiare. Ma sono anche molto pigro.
La tua lentezza però non impedisce ad Alberto di procedere col disegno – nell’ultimo libro eravate arrivati a 200 tavole disegnate che aspettavano di essere riempite con la sceneggiatura. In queste situazioni, non c’è il rischio che lo storyboard sfugga di mano?
A. L.: Ormai abbiamo un metodo abbastanza collaudato, tra il collaborativo e l’agonistico. Se posso, cerco di adattare ciò che scrivo a quel che abbiamo già fatto. Di solito riusciamo a risolvere tutto in modo che Alberto intervenga solo sulla grandezza e sulla posizione dei balloon. Di rado deve ridisegnare qualcosa, al massimo una singola vignetta o cose così. Può capitare che io mi dimentichi cosa volevo scrivere in origine dentro un balloon, ma spesso questo è un incentivo a trovare qualcosa di più interessante.
Il vostro ultimo lavoro si chiama Il futuro è un morbo oscuro, dottor Zurich!, una storia di fantascienza anomala – pubblicata di recente per BeccoGiallo. Di cosa parla?
A. T.: In una steppa russa priva di riferimenti realistici, alcuni personaggi iniziano ad ammalarsi: prima di tutto sparisce il piede sinistro, successivamente il malato si trasforma in un essere spugnoso dalle fattezze di cactus. Il primo medico che inizia a investigare sul morbo è Natuur Zurich, il famoso (ma discusso) autore dell’Enciclopedia Medica della Steppa. Il lettore scoprirà presto che la malattia proviene dal futuro, inviata da qualcuno che vuole sterminare l’umanità.
Il personaggio principale sembra avere una continuità con un personaggio dei libri precedenti…
A. L.: Questo libro, nella nostra mente, è la conclusione di una trilogia che inizia con L’olio blizzblog (un albetto illustrato stampato in 100 copie che voleva essere l’incontro tra I miti di Cthulu disegnati da Breccia e i libretti di Edward Gorey) e procede con Morte ai cavalli di Bladder Town!. In tutti e tre i volumi appare come personaggio principale Edgar J. Tuna, l’uomo con la testa di pesce. Ci piace usare gli stessi personaggi in ruoli leggermente diversi, un po’ come faceva Osamu Tezuka.
Tutta la storia avviene in una steppa russa. La scelta dell’ambientazione è casuale o nasce da una qualche fascinazione per il mondo sovietico?
A. T.: Non è casuale, no. Naturalmente non è una steppa geograficamente realistica, è solo una linea dell’orizzonte che acquista una dimensione solo quando viene nominata. Ci piace ambientare i nostri fumetti in luoghi “irreali” e desertici, possibilmente molto lontani, per sentirci liberi di inventare tutto ciò che vogliamo e creare un’atmosfera con pochi elementi (nelle prime pagine della storia appaiono una dacia e un samovar, e questo è quanto). E poi siamo affascinati dalla letteratura russa, non solo Dostoeskij o Tolstoj o Puškin o Gogol’ o Bulgakov, ma anche Venedikt Erofeev, Sergej Dovlatov, i fratelli Strugackij…
Eppure tutte le vostre storie derivano in qualche modo da episodi autobiografici. Ce ne sono anche in questo libro?
A. T.: Sì, ma sono ben nascosti, ah ah ah. A parte gli scherzi, il padre di Alessandro era chirurgo a Padova ed entrambi subiamo la fascinazione/orrore per il mondo ospedaliero, visto come luogo in cui vengono segregati i malati.
Il libro vive di regole tutte sue: a volte sembra complicato, altre divertentissimo, altre il filo si perde e si ritrova dopo. Siete fuori dai canoni tradizionali, sempre.
A. L.: Ah ah, non so se prenderlo come un complimento. Quando l’abbiamo iniziato, avevamo in mente poche regole. Sapevamo che volevamo farcirlo con tutto quello che ci capitava in testa, ma soprattutto volevamo che avesse una tensione “romanzesca” e parzialmente sperimentale: coniugasse cioè una trama complessa e divertente e piena di idee con una riflessione sulle possibilità del fumetto.
Nonostante l’aspetto sperimentale, aver creato una collaborazione con una casa editrice come BeccoGiallo immagino vi dia maggiore continuità e credibilità anche verso un pubblico più esteso. È così?
A. L.: Siamo legati a BeccoGiallo soprattutto da motivi affettivi e di amicizia: è il terzo libro che facciamo con loro e ci sentiamo “di casa”; ma sicuramente pubblicare per una casa editrice così strutturata e ben distribuita ci offre dei vantaggi di visibilità verso i lettori che l’autoproduzione non ci permette. Allo stesso tempo, BeccoGiallo con noi, e con il precedente libro della collana Rami, Allen Meyer di Paolo Castaldi, si “accredita” come editore non solo di fumetti di impegno o di webcomics, ma anche come editore di fiction.
La gestazione del libro è durata quindici anni….
A. T.: Sì, è stato un libro complicato. Credo che questo lungo processo creativo si veda (in parte) nel libro e che ne costituisca, per me, parte del fascino. L’abbiamo iniziato sull’onda dell’entusiasmo, l’abbiamo interrotto più volte per fare altri libri, l’abbiamo ripreso con tempi e umori diversi, ci siamo stufati e più volte abbiamo pensato che non ce l’avremmo mai fatta…
Immagino che questo ritardo sia stato dovuto anche a un po’ di malcontento; come avete dichiarato in più occasioni, negli ultimi anni avevate perso interesse verso il fumetto, sia da lettori che da autori. Cosa vi ha spinto a tornare in studio?
A.L.: Sicuramente avere un editore dietro le spalle che ha fiducia nel tuo lavoro ha aiutato molto. E poi dobbiamo ringraziare Alice Milani, che fa da editor per la collana: con lei abbiamo instaurato un dialogo molto produttivo che ci ha dato lo stimolo per chiudere il libro.
‒ Alex Urso
Alessandro Lise e Alberto Talami – Il futuro è un morbo oscuro, dottor Zurich!
BeccoGiallo Editore, Padova 2018
Pagg. 328, € 19,50
ISBN 9788833140377
www.beccogiallo.it
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