Fantagraphic. Viaggio in Giappone con Tuono Pettinato e Dario Moccia
Da qualche mese è in libreria l'ultimo fumetto di Tuono Pettinato, disegnato a quattro mani con Dario Moccia. Il libro si chiama “Big in Japan” (Rizzoli Lizard, 2018), ed è una guida alle stranezze del mondo nipponico. Ne abbiamo parlato con il fumettista pisano – e ci è venuta voglia di partire.
Big in Japan è un fumetto-guida turistica sul Giappone, realizzato a quattro mani da te e Dario Moccia. Prima di tutto, ti va di dirmi come siete finiti a collaborare in coppia?
Nel caso di Big in Japan c’è stata una fortuita coincidenza. Dario, oltre a occuparsi di fumetti e videogiochi con il suo canale YouTube, con Rizzoli Lizard e adesso anche con Linus, da tempo fa da guida turistica in Giappone per un’agenzia di viaggi chiamata viaggigiovani.it. L’idea di Dario era quella di farci sponsorizzare dall’agenzia di viaggi per permetterci di andare in Giappone e realizzare un fumetto di viaggio sulla nostra esperienza nelle lande nipponiche. Si è ricreata una dinamica che mi è stata utile nei fumetti di scienza: il dialogo tra un esperto della materia e un “uomo della strada” che incarna la voce del lettore curioso e inesperto. Con l’esperienza di Dario di oltre una dozzina di viaggi in Giappone e il mio tipico spaesamento per il nuovo, la dinamica tra noi era perfetta!
Non è il primo libro a cui lavorate insieme – nel 2016 avete pubblicato We are the champions, la biografia a fumetti di Freddie Mercury. Cosa vi accomuna e in cosa siete diversi?
Siamo una strana coppia, con gusti e interessi molto diversi, ma ci siamo trovati in sintonia per una comune nerditudine e una sincera passione per i Queen. La musica è essenziale per il mio modo di fare fumetti, mentre Dario si è stupito che io non avessi neanche un videogioco in casa! Anche sul lavoro abbiamo approcci diversi: Dario è molto scrupoloso per la parte di documentazione e metodico nell’organizzazione del lavoro, mentre io sono sempre alla ricerca del dettaglio bizzarro per vedere la storia da un altro punto di vista. Abitiamo a poca distanza l’uno dall’altro, così per entrambi i libri abbiamo avuto la fortuna di poterli realizzare praticamente a chilometro zero.
Al termine di We are the champions viene detto che voi due avreste collaborato ancora in futuro con un fumetto sui Duran Duran. Perché siamo qui, oggi, a parlare di Big in Japan (che coi Duran Duran non ci azzecca niente)?
L’idea del fumetto sui Duran Duran è nata come gag per chiudere il libro, ci serviva un gruppo dal nome buffo per ipotizzarne una improbabile biografia che avremmo in seguito realizzato. Nel corso delle presentazioni di We Are la gag sui Duran Duran è diventata un tormentone, ripreso poi nell’incipit di Big in Japan. Tuttora cerco di proporlo come progetto a Dario, che si oppone fermamente. Ma adesso che andremo in tour col nuovo libro avrò modo di convincerlo con l’ipnosi facendogli ascoltare mentre dorme l’opera omnia di Simon Le Bon.
Com’è avvenuta la proposta a Rizzoli, e com’è stata accolta dall’editore?
Il nostro editore, Simone Romani, è stato molto contento di questo progetto, anche se nel fumetto l’abbiamo ritratto vestito in abiti da massoneria.
Nel libro riportate curiosità e retroscena della cultura giapponese, dai distributori automatici di ravioli alle camere d’albergo formato loculo. Quali sono state le cose che ti hanno colpito di più di Tokyo e che poi avete infilato nel libro?
Tokyo mi ha subito colpito per le sue contraddizioni: l’eccessiva cortesia e la fascinazione per le cose allegre e pucciose, alle quali fanno specchio tutte le strane forme di sfogo come reazione a una condizione di lavoro e di vita opprimente. Il caos cittadino e i grattacieli gremiti come formicai, e i microbar semisegreti gestiti da vecchietti che ascoltano il jazz. La tradizione che convive col modernissimo. E una percezione di una criminalità inesistente, l’altro lato del predominio silenzioso della Yakuza. Tutto tende all’estremo, come se non esistessero le mezze misure.
Una cosa che ricorre nel libro è la diversa concezione che i giapponesi hanno nei confronti del fumetto rispetto all’Italia…
La felice impressione che ho avuto è che i giapponesi mangino e respirino fumetti dalla mattina alla sera! Dalle fornitissime librerie dell’usato alle letture sulla metropolitana, il fumetto è parte integrante della vita quotidiana dei tokyensi di tutte le età. Dall’onda di Hokusai fino a Dragonball, l’immagine disegnata è diventata un elemento importantissimo nella cultura giapponese. Quando io e Dario ci presentavamo ai tassisti come mangaka, la loro reazione era di esaltazione totale, manco stessero trasportando dei capi di stato. Ed è noto che quando si fa breccia nel cuore dei tassisti, la via del successo è spianata.
Un buon esempio sono le “mascotte”: il libro è pieno di riferimenti a questa consuetudine tutta giapponese di usare pupazzetti per pubblicizzare ogni genere di cosa. Come te lo spieghi?
Da disegnatore di personaggi teneri e cartooneschi sono impazzito di gioia nel vedere che la comunicazione visiva quotidiana della città passasse anche tramite allegri pupazzetti disegnati, utilizzati come loghi commerciali, ma anche come una sorta di segnaletica urbana: così si può trovare un gufetto in uniforme come mascottina della polizia, o un pupazzetto sorridente che ti avverte di fare attenzione quando stai per prendere la metro. Oltre a generare una divertente tenerezza surreale, credo che questo sia un segno di grande fiducia nel potere dell’immagine, ormai un elemento centrale nella vita dei giapponesi.
E perché da noi non funziona?
In Giappone la città parla per disegni e cultura pop, mentre da noi si cercano termini per nobilitare il fumetto. In realtà anche noi abbiamo i nostri Calimero e i nostri Topo Gigio, ma finora non li abbiamo responsabilizzati abbastanza da affidar loro le chiavi della città. L’unico esempio che mi viene in mente, a proposito di un’incursione di questi teneri animaletti nella nostra vita quotidiana, è la Pimpa, che è stata incaricata di creare una segnaletica stradale modenese a misura di bimbo. Nel mio piccolo, nella mia città sto portando avanti le avventure di ARNÖ, un tenero cane rosso che aspira a diventare la mascotte ufficiale di Pisa. Ma la strada da fare per l’emancipazione dei pupazzetti è ancora lunga.
Tornando al fumetto. Come avete lavorato sulle tavole? Vi siete divisi i compiti (sceneggiatura e disegno)?
Stavolta i ruoli si sono mescolati: io ho disegnato tutti i personaggi, i mostri e le mascottine, oltre a tutte le pietanze che abbiamo raccontato. Data la mia avversione all’uso della prospettiva e la mia allergia per gli sfondi, Dario si è armato di rigore e squadrette e ha disegnato stoicamente grattacieli e tempietti vari! Abbiamo costruito insieme una struttura narrativa che coniugasse il nostro itinerario di viaggio con alcuni focus specifici sui vari argomenti, da quelli più turistici a quelli più scabrosi. Ogni giorno di lavoro è stato dedicato a una situazione specifica, a un episodio autoconclusivo, da poi cucire in un flusso coerente, reso omogeneo anche dall’uso dei colori (mai così tanti, rispetto ai miei standard).
Il libro sembra davvero per tutti, soprattutto perché sa essere specifico pur senza tecnicismi. Qual è stato il lettore di riferimento durante la scrittura?
L’intenzione, come sempre, è quella di sapersi rivolgere in maniera semplice a chi non ha familiarità con l’argomento trattato, e allo stesso tempo di riuscire a interessare anche chi ne è già un appassionato. La cultura giapponese poi esercita una forte fascinazione su noi occidentali, dagli anime ai manga, dall’immaginario kawaii al sushi, passando dal cinema, dalla musica, dalla letteratura. Tutti elementi di forte presa anche per chi in Giappone non c’è mai stato.
Nel libro ci sono degli indizi che lasciano sperare di vedere un seguito… Ci sarà un Big in Japan 2?
Ci sarà! Siamo tornati dall’Oriente con una quantità immane di foto e di appunti di viaggio, così insieme all’editore abbiamo deciso di incentrare il primo libro sulla nostra permanenza a Tokyo, mentre nel secondo volume esploreremo il sud del Giappone, raccontando un’altra faccia di questo Paese, più rurale e immersa nella tradizione, e dai ritmi più distesi. Senza risparmiarci un sentito omaggio alla tournée giapponese dei Duran Duran. Forse.
‒ Alex Urso
Tuono Pettinato & Dario Moccia ‒ Big in Japan
Rizzoli Lizard, Milano 2018
Pagg. 144, € 18
ISBN 9788817101912
https://rizzolilizard.rizzolilibri.it
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