Fantagraphic. Ettore e Fernanda, la coppia che salvò Brera
Il racconto di un'affinità elettiva. Paolo Bacilieri intreccia l'amore avventuroso per l'arte con l'amore platonico tra due personaggi che non vanno dimenticati nella storia della tutela del nostro patrimonio artistico.
Milano, febbraio 1928. Ettore Modigliani, 56 anni, direttore della Pinacoteca di Brera, assume con un contratto da operaia Fernanda Wittgens, 25 anni, per attivarla seduta stante al proprio fianco su un censimento dei beni artistici del territorio lombardo. È l’avvio – i due si intendono subito a meraviglia – di un sodalizio lungo e fruttuoso.
BRERA VA A LONDRA
La prima grande impresa comune parte nel novembre 1929, quando Modigliani è incaricato di organizzare una gigantesca mostra di arte italiana alla Burlington House di Londra, sede della Royal Academy of Arts, con il compito di selezionare centinaia di opere dal XIII al XIX secolo sparse tra i musei internazionali.
Il problema principale sarà il trasporto, che Modigliani decide avvenga via mare: “Ho fatto preparare 14 grandi cassoni di legno, foderati con lastre di lamiera a tenuta stagna, nei quali andranno collocate, chiuse nelle loro casse e in duplici o triplici controcasse separate di materiale isolante, le singole opere d’arte. Partiranno da tutta Italia alla volta di Genova, e da Genova, stivate a bordo del piroscafo Leonardo da Vinci, le opere, dipinti, sculture, rilievi, maioliche salperanno verso Londra”. Un’eccezione si dovrà fare per La Tempesta di Giorgione, che andrà a Londra per ferrovia, scortata da Fernanda Wittgens che intanto è diventata la più fidata assistente del maestro.
L’AVVENTURA IN MARE
È qui che il racconto prende una piega avventurosa. In un freddo dicembre la Leonardo da Vinci, che gli inglesi hanno battezzato “Treasury Ship”, naviga beccheggiando nelle acque tempestose al largo della Francia. La bufera fa temere il peggio: “Abbiamo il Golfo di Biscaglia alle spalle, anche Brest è passata, ma la regione è seminata di scogli. Non c’è luna né stelle, mare grosso, vento, corrente e cielo nero come l’inchiostro…”. Il fior fiore della grande arte italiana rischia di perdersi per sempre sui fondali dell’Atlantico. E Modigliani si merita l’appellativo di recordman del cardiopalma.
Ma per fortuna il 2 gennaio 1930 i ben 962 “capolavori del genio italico” possono offrirsi trionfalmente alla vista ammirata di una folla di visitatori inglesi. La testimonianza di Modigliani è toccante: “Un ricordo commosso mi resterà caro di quei giorni: quello delle serate popolari istituite per dare agio a lavoratori e impiegati di soddisfare il loro desiderio. Migliaia di clerks e fattorini nelle loro uniformi, shop girls e sartine, cassiere, midinette, e dattilografe, operaie e operai allineati per quattro in una interminabile serpe fino a Piccadilly, in attesa per ore nella nebbia, sfidando stanchezza, fame e freddo, vogliosi di dare i loro 6 pence per il lusso di una visione di bellezza”.
MODIGLIANI AL CONFINO
Nonostante il trionfo internazionale della mostra alla Burlington House, il governo fascista, che aveva voluto la grande mostra londinese per fini propagandistici, si mostra tutt’altro che riconoscente nei confronti del direttore di Brera, che in nome dell’arte si oppone all’interramento dei Navigli e al rinnovo in chiave fascista della toponomastica milanese e lombarda. Per questo nel febbraio 1933 Modigliani viene punitivamente trasferito dal nuovo Ministro dell’Educazione Nazionale nel lontano Abruzzo, all’Aquila. Non gli resta che lasciare Brera nelle mani della fida discepola Wittgens.
Nel 1937 è definitivamente radiato come ebreo e antifascista e spedito al confino a Grottammare nelle Marche; e poiché, escluso per le leggi razziali da ogni pubblico ufficio, gli è inoltre vietato pubblicare libri, il manuale di di storia dell’arte Mentore, che ha stilato nel frattempo, verrà edito da Hoepli nel 1940 a firma di Fernanda Wittgens.
BRERA ANTIFASCISTA
Nonostante la lontananza forzata, Ettore e Fernanda sono ormai, almeno platonicamente, un’anima sola. Insieme decidono, in previsione della guerra che Hitler avrebbe scatenato, di mettere in sicurezza lontano da Milano tutte le opere d’arte trasportabili fuori dalla Pinacoteca braidense, utilizzando le stesse casse della mostra londinese. Se ne occupa direttamente lei, che intanto è stata nominata Soprintendente alle Gallerie della Lombardia e Direttrice della Pinacoteca, prima donna posta al vertice di un grande museo in Italia.
È così che, quando nell’agosto 1943 il bombardamento alleato su Milano devasta anche il palazzo di Brera, per fortuna almeno le opere sono già state messe in salvo, tanto dalle bombe quanto dalle razzie. La vita però resta difficile per la donna, che nel luglio 1944 viene arrestata per attività contrarie agli interessi nazionali (ovvero per aver aiutato famiglie di ebrei a espatriare), condannata a quattro anni e rinchiusa nella sezione Detenuti Politici del carcere di San Vittore. Sconterà solo sette mesi, liberata anche lei il 25 aprile 1945. Dopodiché – in seguito all’emozionato ricongiungimento con Ettore, che, reintegrato nelle sue funzioni originali, muore però nel 1947 – Fernanda continua con infaticabile dinamismo la ricostruzione e il riallestimento della Pinacoteca di Brera. Morirà nel 1957.
IL RACCONTO NEL FUMETTO DI BACILIERI
A raccontare questa piccola ma notevole epopea culturale italiana è Paolo Bacilieri, una delle punte di diamante del contemporaneo fumetto nazionale. Veronese da molti anni trapiantato a Milano, alla sua città d’adozione ha dedicato diverse opere (tra cui Fun, More Fun, Tramezzino), che mostrano tra l’altro una attenzione molto specifica e amorosa alle caratteristiche dell’architettura meneghina. In particolare Era Brera è uscito da non molto, come breve ma intelligente guida alla Pinacoteca Braidense, nella collana ministeriale “Fumetti nei Musei”; da lì è nata l’idea – col sostegno della Fondazione Berti per l’Arte e la Scienza e dell’Associazione Amici di Brera e dei Musei Milanesi – di commissionargli questo doveroso ricordo di quell’Ettore e di quella Fernanda che tanto diedero all’istituzione braidense (a proposito: brayda, voce di origine longobarda, nel Medioevo significava “campo erboso fuori mura”, e brera ne è la successiva evoluzione fonetica).
Bacilieri ricostruisce dunque con disinvolta minuzia l’epoca: abiti, mobilio, apparecchiature, automobili, finanche fisionomie e atteggiamenti del corpo, con inoltre la consueta cura speciale nella rappresentazione spaziale, architettonica e urbanistica. In realtà il suo disegno è sempre ricco, sviluppato tridimensionalmente su più piani e valorizzato da una ricerca espressiva grafica che si basa sull’utilizzo di un’ampia gamma di retini tipografici di diverse fittezze reticolari. Il bel formato orizzontale del volume, che valorizza le vignette una per una e permette una costruzione della pagina originale, più “panoramica”, risulta di facile lettura e soprattutto di adeguata spettacolarizzazione percettiva dell’insieme. L’espressività di Bacilieri riesce così a essere nel contempo raffinata e popolare, razionale e sentimentale.
Le ultime pagine, in cui alcuni bambinetti vagano per le sale appena rinnovate della Pinacoteca osservando con attento stupore infantile le opere alle pareti, in perfetto silenzio, sono un bell’esempio di ragionata passione.
– Ferruccio Giromini
Paolo Bacilieri – Ettore & Fernanda. Un’avventura braidense
Coconino Press-Fandango, Roma 2019
Pagg. 64, € 19
ISBN 9788876184413
Coconino
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