Ormai da qualche anno si è ritagliata un posto di primo piano nel fumetto italiano: merito dei suoi libri, nei quali la tradizione iconografica giapponese viene reinterpretata con tocco fresco e contemporaneo. Stiamo parlando di Elisa Menini (Rimini, 1990), ospite di Artribune Magazine #68. L’abbiamo intervistata per conoscere meglio il suo mondo, e farci “regalare” un fumetto in esclusiva.
Cosa vuol dire per te essere fumettista?
Inizierei riflettendo sulle responsabilità che un autore ha sia nei confronti del pubblico che lo segue sia rispetto ai personaggi che “muove”. Ma la realtà nel mio caso è più semplice: faccio fumetti in maniera molto spontanea, non avendo mai frequentato scuole di settore, e mi piace specificare che non si tratta di un innato e straordinario talento, ma più il seguire una visione ricamata negli anni da tutte le cose belle che ho visto e studiato. Quindi, riassumendo: fare fumetti è uno dei tanti modi per essere fedele al mio istinto!
Da Nippon Folklore, opera d’esordio del 2019, di cose ne sono cambiate (nel 2021 hai guadagnato il Premio Boscarato come migliore artista, mentre al 2020 risale la conquista del Premio Micheluzzi). A che punto del tuo percorso artistico ti senti?
Quando penso alle molteplici soluzioni grafiche e narrative che ancora devo sperimentare un po’ mi manca la terra sotto i piedi, ma mi sento abbastanza fiduciosa del fatto che il mio percorso non sia né all’inizio né da qualche altra parte; semplicemente si evolve sulla base di fattori mai uguali e che determinano certe soluzioni rispetto ad altre. Immaginarlo su una curva anziché su di una linea retta mi aiuta a mantenere una certa leggerezza.
IL FASCINO DEL GIAPPONE SECONDO ELISA MENINI
I tuoi fumetti rimandano esplicitamente alla tradizione del manga e all’iconografia giapponese di Hokusai e Hiroshige. Da dove nasce questo fascino per la cultura del Paese del Sol Levante?
Come per molti ragazzi della mia generazione, i cartoni animati giapponesi trasmessi sulle reti Mediaset hanno avuto un impatto fortissimo. Poi l’arrivo degli anime più adulti e dei manga mi ha lentamente traghettato verso un aspetto diverso della cultura pop giapponese: volevo capire da dove si originava tutto questo universo che sembrava, creativamente parlando, infinito. La fonte, che ho scoperto purissima e moderna, risiedeva in tutte le produzioni artistiche giapponesi classiche, dal teatro alle stoffe, dalle stampe policrome alla lavorazione delle maschere. Un tesoro di inestimabile valore da cui ho attinto attraverso visite nei musei, cataloghi, acquisti vari e disparati durante i miei viaggi in terra nipponica.
Tutta la trilogia giapponese (che oltre al citato Nippon Folklore include Nippon Yokai e Nippon Monogatari) è stata pubblicata in Italia per Oblomov Edizioni. E non credo sia un caso, vista la presenza di Igort a capo della casa editrice. Quanto è stato, e quanto continua a essere importante, il supporto di una figura come lui, maestro del fumetto e profondo conoscitore del disegno giapponese?
C’è stato un patto non detto, o perlomeno a me piace interpretarlo così, che si basa sulla fiducia reciproca. Quando ha visionato la mia autoproduzione Momotaro e mi ha chiesto di portarla a una fogliatura maggiore, pubblicabile, a me non è servito altro. Credo che anche la sua inesauribile forza produttiva mi sia ampiamente di ispirazione: sapevo che si poteva lavorare tanto, ma non sapevo che ci sarei potuta riuscire anche io, seppur in misura nettamente inferiore!
IL NUOVO FUMETTO DI ELISA MENINI
Il nuovo libro, in tutto ciò, si presenta come una bella eccezione, sia per quanto riguarda il disegno che per il tema della storia. Si intitola La Rosa armata, e non ha nulla a che vedere con quanto prodotto fino a oggi. Me ne parli?
Sono una persona molto curiosa, e come tale volevo vedere se ero in grado di saltare da una riva all’altra di un fiumiciattolo senza l’ausilio di un ponte. Ci riesci se hai una buona propensione al rischio e delle buone gambe.
Ecco cosa ha significato accettare il lavoro per minimum fax: stavo già lavorando al terzo libro della trilogia Nippon, e paradossalmente avere per le mani un lavoro molto diverso mi ha aiutato per entrambi. Le idee si riversavano da una parte all’altra e penso che ne La Rosa armata si percepisca un certo gusto del colore che è molto simile a quello che ho usato per i miei libri precedenti. La difficoltà maggiore è stato l’incessante lavoro di ricerca per abiti, macchine, luoghi: se da una parte gli elementi giapponesi li avevo interiorizzati, ripartire da zero con un contesto così diverso mi ha fatto rischiare il “burnout”. Grazie all’aiuto dell’editor Carlotta Colarieti e di Costanza Durante, la sceneggiatrice, abbiamo portato avanti il lavoro in maniera molto snella, nonostante non ci fossimo mai incontrate di persona e io fossi alla mia prima esperienza insieme a una sceneggiatrice.
IL FUMETTO DI ELISA MENINI PER ARTRIBUNE
E il fumetto per Artribune, invece, com’è nato?
Avevo già trattato la figura della donna pesce in una storia a fumetti intitolata La donna carpa, inutile dire che le sirene mi hanno sempre affascinato. Ho quindi recuperato un racconto breve che mi ha folgorato: La sirena di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Non potevo non interpretarlo, viste le molteplici suggestioni che mi aveva scatenato alla prima lettura. Ho usato una tecnica differente dal mio solito: qui c’è il ritorno alla macchia nera e acquosa che mi piace sovrapporre alle pennellate nero china. Mi sono divertita molto!
‒ Alex Urso
https://www.instagram.com/elisa.menini/
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