Uno scorcio di realismo immerso in centinaia di vignette, un narratore lucido e disilluso di storie che intrecciano biografia e società: alla Fabbrica del Vapore è in corso Zerocalcare. Dopo il botto, la mostra dedicata alla vasta produzione di Zerocalcare, il fumettista che meglio ha saputo raccontare il nostro presente: una panoramica approfondita sulle tematiche e la poetica di una voce trasversale.
L’allestimento si apre con uno spazio nel quale è illustrata la biografia del fumettista, che prende vita sulle pareti: madrelingua francese, Michele Rech nasce nel 1983 ad Arezzo, cresce in Francia, paese di origine della madre e poi si sposta a Roma, per frequentare il liceo. Con l’inizio dell’università Michele diventa Zerocalcare, esordendo come fumettista subito dopo l’adesione alla filosofia punk-underground per dare vita a una carriera dedita al racconto di un’Italia complicata, a partire dalla fine degli Anni Novanta. Il G8 di Genova sconvolge infatti l’esistenza di Rech, come quella di molti, e fa crescere in lui l’esigenza di una narrativa di denuncia, di divulgazione alternativa e radicale, in grado di spingere il singolo ad alzare la voce. Alla produzione di volantini, copertine e locandine per le manifestazioni si aggiungono, a partire dal 2011, quattordici volumi e numerose storie pubblicate con crescente successo sulle principali riviste d’informazione. Ma è nel 2020 che Zerocalcare si consacra come voce di una generazione, quando, con il periodo pandemico, racconta in brevi video animati la vita isolata e il nichilismo delle camerette, nel consumato ascolto dei comunicati governativi. Dà poi vita nel 2022 a Strappare lungo i bordi, la serie prodotta da Netflix che racconta, una volta di più, la condizione umana di incertezza e smarrimento che caratterizza le generazioni più giovani.
LA MOSTRA DI ZEROCALCARE A MILANO
Superata la prima sala di carattere introduttivo si è catapultati nel cuore dell’esposizione, vero e proprio fumetto in scala reale in un ampio spazio scenografico: siamo in quella che potrebbe sembrare la versione post-apocalittica di una via di Rebibbia, quartiere romano di Zerocalcare. Dietro le finestre si intravedono personaggi spaventati, dagli sguardi impauriti e sospettosi, ognuno prigioniero di se stesso. A partire dal suo titolo, la mostra intende infatti descrivere il nostro presente, evidenziandone le ombre che il più recente passato ha generato: viviamo dopo il botto e non sappiamo più come tornare a una condizione di migliore e più coesa collettività.
Proseguendo si apre una sezione più intimistica e biografica, sebbene estremamente riconducibile al vissuto di ognuno di noi. Più di 500 tavole evidenziano il processo creativo e la grande mole di lavoro alla base delle pubblicazioni: tratti preliminari in matita azzurra si celano dietro il tratto sicuro del pennino nero. Le vignette ci fanno sorridere palesandoci nel contempo le ansie del nostro tempo, la precarietà della vita, le differenze generazionali e, ancora, l’importanza delle relazioni umane.
ZEROCALCARE DAL G8 DI GENOVA ALLA PANDEMIA
La seconda macro-sezione rimanda alle vicende vissute in prima persona e tramutate in fumetto per urgenza di ricordare, di denunciare e divulgare: decine di locandine realizzate negli anni per manifestazioni, occupazioni, lotte alle ingiustizie sociali. Il lato underground di una carriera vissuta in gran parte come underdog, che ora prende pubblicamente spazio. Sono esposte le tavole dedicate agli eventi del G8 di Genova e ad altre tematiche delicate di riflessione e cordoglio. Largo spazio alla resistenza curda, tema sul quale l’artista ha inoltre scritto il suo celebre Kobane Calling, in cui perviene a una narrazione giornalistica con le sue magistrali tavole.
La serie dei Santi Protettori, personaggi che hanno costellato la vita di Zero, chiude il percorso lasciandoci con la sensazione che nessuna storia racconti mai un personaggio solo, ma evochi legami, intrecci e contaminazioni: Zerocalcare. Dopo il botto parla degli eroi dimenticati, offuscati, scomodi, ma anche delle persone comuni che combattono, eroicamente, le loro battaglie quotidiane. Racconta il mondo dei superstiti identificando nel botto la società divisiva ed esclusiva, la pandemia, che ha irrimediabilmente confinato i nostri vissuti in spazi distinti. È una mostra nella quale ritrovarsi simili, ridere di se stessi e riflettere, per un momento, sul nostro contributo alla collettività.
Sophie Marie Piccoli
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