Così le intelligenze artificiali stanno trasformando il fumetto
In un articolo pubblicato lo scorso ottobre sul settimanale belga Le Vif, il fumettista Ilan Manouach si interrogava sulle relazioni tra AI e comics. Qui una sintesi del testo, tradotto per noi dallo scrittore e artista Francesco D'Isa
L’avvento di strumenti che permettono l’uso di prompt testuali per la generazione di immagini ha dato inizio al dibattito sulla democratizzazione della creatività. Le discussioni sul potenziale impatto delle AI sulle industrie culturali non sono state prive di reazioni di pancia, polarizzazioni e dilemmi etici. All’interno della contesa emerge come caso di studio emblematico l’industria del fumetto, dove molti addetti ai lavori hanno espresso un profondo disagio riguardo ai fumetti AI e l’imminente impatto di queste tecnologie sulle tradizioni artigianali e sul delicato equilibrio dei mercati editoriali. Mettiamo subito da parte la soffocante definizione “fumetti AI”. Questo termine, usato senza le dovute sfumature, perpetua uno stereotipo secondo il quale gli algoritmi possono produrre fumetti coinvolgenti senza alcun intervento umano o quasi. Una descrizione che non riconosce il ruolo della creatività umana in un medium che ha una lunga storia di interazione uomo-macchina e dove gli strumenti (e ora le tecnologie computazionali) sono da sempre radicati nella politica, la società e l’economia. In Belgio preferiamo il termine “fumetti sintetici”, che riconosce come i fumetti siano figli della produzione e diffusione collettiva della conoscenza, a maggior ragione da quando si sono integrati nell’era digitale.
I dilemmi intorno al rapporto tra fumetto e AI
I fumetti sintetici sono opere la cui produzione si basa su processi tecnologici avanzati, che includono la sintesi delle immagini, la generazione del testo e la loro correlazione. La loro produzione è legata a operazioni discrete, decentrate e in qualche modo asincrone, ben descritte con ciò che il computer scientist Rudy Rucker ha definito “computazione”, ovvero qualsiasi “processo finito descrivibile da regole”. L’importanza della computazione nella loro creazione non può essere sopravvalutata, poiché è fondamentale nella definizione della loro estetica.
Va notato che, in un medium che storicamente è servito da laboratorio per le industrie dell’intrattenimento, la stragrande maggioranza dei fumettisti contemporanei non solo vede con sospetto gli strumenti computazionali, ma è anche fermamente contraria all’idea di utilizzarli. L’apprensione che circonda l’introduzione di strumenti di Machine Learning nei fumetti sembra contraddire i principi di quest’arte, guidata da un approccio democratico ed egualitario alla creatività, alimentata dallo spirito inventivo e dalla mentalità aperta degli artisti e del pubblico. Questa preoccupazione va contro la stessa storia dei fumetti, dato che produzione industriale, automazione e scalabilità sono da sempre elementi intrinseci ai processi produttivi del medium.
Fumetto e AI: quali possibili scenari?
Durante la seconda metà del XX secolo, le speculazioni sul crescente ruolo dell’automazione nella produzione artistica sono state un tema costante nei dibattiti sull’arte moderna e contemporanea. Parallelamente, i fumetti si sono affermati nell’economia dell’informazione, emergendo come risultato di processi industriali incentrati sulla standardizzazione per massimizzare l’efficienza. In questo contesto, concetti come utilità e computabilità hanno sempre avuto un’importanza fondamentale, sia concettuale che tecnica. La produzione del fumetto, caratterizzata da un’ampia scala industriale che va dalle fasi iniziali di ideazione fino alle ultime revisioni editoriali, si basa generalmente su una divisione del lavoro ben orchestrata tra uomo e macchina. L’integrazione dei processi computazionali è quindi coerente con i primi esperimenti dell’industria del fumetto con l’automazione, e può essere ricondotta alle origini di quest’arte e della sua espansione simbiotica allo sviluppo delle tecnologie di stampa, distribuzione e comunicazione. Inoltre – ed è la cosa più importante – i fumettisti hanno storicamente abbracciato, sperimentato e contribuito all’espansione di una vasta gamma di strumenti che vanno dalle primissime tecnologie di fotoincisione come il Ben Day, all’uso dei software per l’editing di immagini, il lettering, la colorazione e l’impaginazione. Hanno costantemente utilizzato le tecnologie del loro tempo non solo come mezzo per espandere i loro strumenti espressivi, ma anche come modo per esplorare processi artistici non convenzionali.
Le posizioni dei fumettisti
Ciononostante, l’accoglienza dei fumetti sintetici è controversa: professionisti ed esperti “disconoscono l’IA”pubblicamente e chiedono l’ostracismo per gli artisti che creano immagini “ingannevolmente” usando Midjourney. Chi si aspettava che l’industria che ha istituzionalizzato la copia di una vignetta o di una pagina da un altro fumetto – una pratica chiamata “swiping” – avesse addetti ai lavori che considerano la “mano umana” l’unica garanzia di creatività?
Alcuni professionisti arrivano persino a proporre un’etichetta “Made by Humans”, che ricorda i tempi oscuri della Comics Code Authority. Per chi non lo sapesse, la CCA era un organismo di autocensura creato nel 1954 dall’industria del fumetto americana per regolare il contenuto dei fumetti. Legittimato da oscuri intellettuali come Fredric Wertham, che si specializzò nella “patologizzazione” dei lettori, aveva il compito di far sì che i fumetti fossero conformi a un “codice di etica standard” contro il degrado sociale. I toni tribali e conservatori dei sentimenti anti-IA hanno una genealogia molto chiara – le distruzioni pubbliche di libri e i divieti sui fumetti sono i precursori delle loro varianti contemporanee, come ostracismo, deplatforming e doxxing.
La posizione di Ilan Manouach su fumetto e AI
Non è assurdo che gli stessi fumettisti che denunciano il furto da parte dell’IA, non solo siano attivi sui social media, ma li abbiano usati da sempre per promuovere il loro lavoro? Sono anni che concedono l’accesso non solo ai loro fumetti, illustrazioni, schizzi, video, ecc., ma alla loro intera vita, contribuendo alla formazione di modelli statistici e algoritmi di raccomandazione. Lo hanno fatto senza scrupoli etici riguardo all’accumulazione di ricchezza del capitalismo estrattivo. Non sembravano preoccuparsi della “assenza di compenso” e di rado si sono rifiutati di “cedere i propri dati” alle piattaforme. Non hanno tenuto conferenze ai propri follower contro questi mezzi e non si sono mai preoccupati di fare lunghi video in cui analizzano tutta la documentazione contrattuale di queste piattaforme. Queste nuove abitudini sono forse l’unico esito positivo di una mentalità che altrimenti definirei NAMBI (Not Against My Business or Industry).
Mi chiedo se i fumettisti che hanno sempre difeso la libertà di espressione e si sono schierati contro l’arte istituzionale siano diventati una preda collaterale della democratizzazione della creatività portata avanti dall’IA generativa. Dai meme e i rage comics fino al prompting, l’ethos creativo dei fumetti si estende e si aggiorna alle aspirazioni del ventunesimo secolo. I fumettisti sono diventati contro ogni previsione i guardiani di istituzioni conservatrici morenti, le stesse che storicamente li hanno esclusi e costretti a trovare rifugio in forme di intrattenimento commerciali di “basso livello”. Finalmente anche loro possono criticare gli artisti che non lavorano abbastanza sodo per emergere nel mondo dell’arte. Capire come i fumettisti possano sfruttare le AI rappresenta invece un’ottima opportunità per espandere la loro influenza. Imparando a navigare in grandi quantità di dati sarebbero in grado di identificare modelli ed eccezioni, sperimentare tecniche innovative di visualizzazione dei dati, applicare la propria esperienza narrativa all’estrazione di informazioni, o (perché no?) non affidarsi a soluzioni preconfezionate e costruire i propri modelli generativi. Queste nuove competenze potrebbero riscrivere e riconfigurare il ruolo di chi fa fumetto in un contesto tecnologico, così come l’idea di creatività, di autorialità, attribuzione e co-proprietà.
Dobbiamo ricordare che i fumettisti non hanno mai fatto soltanto immagini. Hanno creato sistemi e affrontato l’artigianato in termini sociali, evolutivi e dinamici. L’integrazione delle AI fa parte di un processo di world-making tecnologico che è profondamente inscritto nella storia del medium, tanto più nei Paesi dove i fumetti sono una parte essenziale del patrimonio culturale popolare, e dove le comunità artistiche vogliono partecipare alla costruzione del futuro.
Ilan Manouach
Traduzione di Francesco D’Isa
Leggi qui l’articolo completo in lingua originale
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