Il 4 giugno 1976, durante il primo concerto dei Sex Pistols al Lesser Free Trade Hall di Manchester, Peter Hook, Bernard Sumner e Terry Mason decidono di formare una band. Qualche mese dopo, il 19 dicembre, durante un nuovo concerto dei Sex Pistols (questa volta all’Electric Circus di Manchester), Ian Curtis entra a far parte del gruppo come cantante. Dopo alcuni assestamenti all’interno della formazione, il gruppo decide di farsi chiamare Joy Division: un nome provocatorio, perché fa riferimento ai bordelli tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale (riferimenti diretti al periodo nazista saranno anche presenti nella cover dell’EP An Ideal for Living, registrato il 14 dicembre del 1977: l’immagine del disco viene disegnata da Sumner, e raffigura un ragazzo della gioventù hitleriana con la scritta Joy Division in caratteri gotici).
Il post-punk dei Joy Division
Al di là delle provocazioni politiche, da contestualizzare al periodo e da intendere più come un grido di allarme di fronte alle spinte autoritarie manifestate dalla società britannica di quel tempo, la band si afferma nel giro di soli tre anni, conquistando il pubblico per le sue sonorità cupe e martellanti. Figli autentici del punk inglese degli anni d’oro, segnato da gruppi come Sex Pistols, Clash, Buzzcocks e The Stranglers, i Joy Division hanno rappresentato meglio di chiunque altro il momento del passaggio musicale dal punk al post-punk alla new wave. Prova ne sono i due album registrati in studio nel brevissimo periodo di attività: Unknown Pleasures (1979) e Closer (1980). Eppure la consacrazione definitiva non sarebbe mai arrivata: Ian getta la spugna proprio sul più bello. Malato di epilessia, il cantante si suicida il 18 maggio 1980, impiccandosi nella sua casa di Macclesfield a 24 anni non ancora compiuti.
Il nuovo fumetto sui Joy Division
L’ascesa e la caduta della band, tra le più venerate di tutti i tempi, è ripercorsa all’interno di un nuovo fumetto. Si intitola È mia la colpa. La vita dei Joy Division, ed è stato realizzato a quattro mani da Lorenzo Coltellacci e Mattia Tassaro. Il primo sceneggiatore, l’altro disegnatore, i due autori raccontano all’interno del volume la formazione dell’iconico gruppo composto da Bernard Sumner, Peter Hook, Stephen Morris e Ian Curtis, a partire proprio dal concerto dei Sex Pistols da cui tutto nacque. Poeti maledetti che hanno raccontato tormento ed estasi di quella cosa chiamata gioventù, i quattro musicisti sono al centro del graphic novel edito da Feltrinelli Comics. Un libro interamente in bianco e nero (e come potrebbe essere diversamente visto lo spirito dark della band?), che si muove in parallelo sui binari della ricostruzione, attenta e dettagliata, e dell’evocazione, suggestiva e commovente. In vista dell’uscita del fumetto, prevista per il 21 maggio, abbiamo intervistato gli autori.
L’intervista a Lorenzo Coltellacci e Mattia Tassaro
Com’è nata l’idea del progetto?
Lorenzo Coltellacci: I Joy Division sono entrati a far parte della mia vita in modo indiretto, anni fa, attraverso il film Donnie Darko – che per la mia adolescenza è stato seminale –, in cui la loro Love will tear us apart risuonava chiara e potente. Mi rimase da subito impressa. Da lì in poi li ho incontrati e ricercati più volte. Finché, con la visione del film Control, ho realizzato che il modo migliore per rendere omaggio all’influenza che avevano avuto su di me – e sulla musica intera – fosse raccontare la loro storia, con fedeltà e rispetto. Trovare Mattia e poi affidare il progetto a Feltrinelli è stato quasi naturale. Era scritto che dovesse accadere.
Quanto è stato complicato trasferire le ambientazioni cupe e malinconiche della musica dei Joy Division all’interno di un fumetto?
Mattia Tassaro: Non è stato difficile lasciarsi trasportare dalla musica e dalla voce di Ian, che ha guidato l’intera realizzazione del libro, e che a più riprese mi suggeriva sempre nuovi spunti per restituire le atmosfere e raccontare al meglio la loro storia; il rischio di essere didascalici e retorici è sempre dietro l’angolo, sia dal punto di vista narrativo che grafico. Invece il libro è stato concepito come un vero e proprio album inedito, in cui i capitoli sono rinominati come una tracklist, scanditi da un ritmo frenetico e intermittente in cui la band ripercorre le sue origini attraverso un tratto a volte morbido altre duro, e con l’immancabile “mono” dei bianchi e neri netti, decisi e incessanti, come una drum machine.
È scontato che gli appassionati della prima ora dei Joy Division saranno incuriositi dal progetto. Chi sono i destinatari ideali di questo libro?
L.C.: Il libro è pensato tanto per i fan di sempre quanto per quelli di nuova data. I primi, oltre a una biografia ormai a loro nota ma raccontata in modo fresco e dinamico, troveranno aneddoti di nicchia, ricercati, e approfondimenti tanto psicologici quanto musicali. I secondi, in più, scopriranno una storia incredibile, a tratti surreale, nonché ideale “starting point” per approfondire la conoscenza di una colonna portante della musica punk, post-punk, synth, rock e darkwave.
Alex Urso
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