Sanpei, il pescatore più famoso dei manga. Ecco come è nato il personaggio di Takao Yaguchi
In televisione tutti hanno adorato la serie animata che ha letteralmente fatto esplodere la passione per la pesca. “Sanpei, il ragazzo pescatore” nasce nel 1973 come manga di Takao Yaguchi, opera attenta al rispetto per l’ambiente e per la terra natia
Non c’è niente di meglio che essere sognatori nella vita; Takao Yaguchi, il disegnatore di Sanpei, il ragazzo pescatore (Tsurikichi Sanpei) per tutta la vita è stato proprio questo. Cresciuto in mezzo alla campagna nella prefettura di Akita, ha sempre avuto un solo desiderio: diventare mangaka come l’adorato Osamu Tezuka.
Takao Yaguchi, l’autore di Sanpei
Nato nel 1939 da una famiglia contadina, nella prima parte della sua vita ha obbedito ai dettami di quella società rurale, anche un po’ feudale nei suoi recessi più profondi, senza mai intaccare i doveri di primogenito costruendosi un’esistenza ordinaria con impiego in banca (il massimo dello status sociale!) e mettendo su famiglia. Poi il “patatrac” passionale prende il sopravvento e a trent’anni, ciò che era stata una passione per i fumetti lo trascina via dalla provincia e lo conduce a Tokyo, dove decide di intraprendere la carriera di disegnatore. Nel 1969 una prima opera dal titolo Nagamochi Utako appare sulla rivista Garo (il non plus ultra in fatto di debuttanti e qualità nel fumetto d’autore), ma è solo nel 1970 che sfonda con Otoko Michi, manga sceneggiato da Ikki Kajiwara (Uomo Tigre), in cui il protagonista è già pronto a esibire quel particolare taglio degli occhi che diventerà celebre grazie a Sanpei. Un azzardo ripagato dal successo nonostante le assillanti preoccupazioni di Yaguchi di non poter proseguire.
La visione ecologista di “Sanpei ragazzo pescatore”
Dire che Sanpei ragazzo pescatore è il fumetto numero uno sulla pesca in Giappone, è un modo sbrigativo per celebrarne l’essenza. Anche se corretto, non racconta tutta la verità sul lavoro di Yaguchi. Nella storia di Sanpei Mihira, giovanotto di provincia con sandali ai piedi e cappello di paglia, travolto da una smisurata passione per la pesca (passione che lo porterà a confrontarsi con esemplari giganteschi, quasi mostruosi, in giro per il Paese o per il mondo) c’è in realtà la vita stessa del disegnatore. Da più parti leggerete che Sanpei è stato l’alter ego del disegnatore, non solo per ragioni geografiche, ma anche perché quel personaggio è il prodotto più riuscito e popolare di un’ideologia che Yaguchi ha approfondito e disegnato con tenacia in altri lavori. Un’ideologia basata sull’armonia tra uomo e natura, come spiegherà in Bachi Hebi (1973), Matagi (1975) o Oragamura (1973), ambientato in un villaggio come quello dov’era cresciuto.
I meravigliosi sfondi naturalistici in Sanpei, accompagnati da altrettanto evocative rappresentazioni dell’ambiente naturale dei pesci (fiumi, cascate, laghi), sono infatti un realistico modo di confrontare finzione e realtà, che è dura e crudele e non ammette svolazzi troppo poetici. Alle spalle del ragazzino si allineano questioni ambientali e sociali prodotte dalla crescita economica negli Anni Settanta e conseguente aumento dell’inquinamento. Temi che toccavano da vicino tutti i giapponesi.
Il successo di “Sanpei ragazzo pescatore”
Sanpei è apparso sulla rivista Shukan Shōnen Magazine dal 1973 al 1983; lo stile di disegno caratteristico di Yaguchi appariva diverso da come in seguito lo abbiamo conosciuto grazie alla fortunata serie animata di Nippon Animation del 1980. Diciotto anni dopo la parola fine, all’autore viene però chiesto di dare vita a nuove avventure del suo pescatore (avventure lette nell’edizione Star Comics pubblicata a partire da giugno 2004, incompleta, oggi rimpiazzata da una lodevole Tribute Edition con tavole a colori). Un vero sequel inizialmente rifiutato dal disegnatore, ma poi realizzato proprio per portare avanti discorsi sul sempre più fragile equilibrio naturale.
Con la morte dell’adorata figlia nel 2012 e la scoperta di un tumore al pancreas che lo porterà via otto anni più tardi, Yaguchi sceglie di ritirarsi dalla scena fumettistica (per i super-fan c’è però Baasasu Gyoshin-san di Katsumi Tatsuzawa, del 2018, incentrato sull’amico del protagonista, Gyoshin Ayukawa: da noi conosciuto come Pyoshin).
L’eredità di Takao Yaguchi
Da quel momento, sua grande preoccupazione è diventata l’eredità da conservare e lasciare ai posteri, non solo i fumetti pubblicati ma anche tavole originali, illustrazioni, bozzetti. L’ultimo grande sogno era poter vedere nascere un centro nazionale per le arti ed ecco perché quella premura l’ha poi estesa ad altri colleghi disegnatori, segnati dalla medesima ansietà. Dal 1995 nella sua città natale è attivo lo Yokote Masuda Manga Museum, riaperto nel 2019 dopo ristrutturazione e ampliamento per accogliere materiali di autori quali Takao Saito, Naoki Urasawa e altri (si contano circa quattrocentomila pezzi esposti e disponibili per la lettura). Come la natura, anche la memoria, diceva Yaguchi, è una parte inestimabile della vita umana.
Mario A. Rumor
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