
Il mondo del fumetto italiano piange la scomparsa di un maestro dalla cui matita sono scaturiti personaggi indimenticabili: Pierluigi Sangalli. Nato a Monza nel 1938, pare che la sua carriera sia iniziata già tra i banchi di scuola, dove spiccava per le caricature dei compagni. In fondo, quanti appassionati di fumetti hanno compiuto i primi passi proprio disegnando in classe? Tra quei compagni c’era anche Alberico Motta (Monza, 1937-Villasanta, 2019), anch’egli amante del disegno: i due diventarono amici inseparabili, scambiandosi illustrazioni e affinando insieme la tecnica.
Sangalli era stato inizialmente avviato alla professione di ragioniere, ma il fuoco sacro del fumetto – come ben sa chi è sfiorato dalla “musa” della nona arte – è difficile da spegnere. Per sua fortuna, crebbe in un periodo e in un contesto (quello brianzolo e milanese) particolarmente favorevole.

Lo stile cartoonesco di Pierluigi Sangalli
Erano gli anni del boom economico, un’epoca in cui la creatività italiana fioriva e riusciva a far incontrare menti geniali con figure più pragmatiche, innescando una prodigiosa alchimia. Fu proprio grazie a questa congiuntura che, nel 1958, per intercessione dell’amico Alberico, Pierluigi incontrò l’editore Renato Bianconi. Da allora, la carriera di Sangalli si trasformò in un’esplosione di forme e personaggi inconfondibilmente buffi, dalle linee tondeggianti e plasmate da un uso del pennello talmente vivido da rendere le figure quasi tridimensionali. Un dono che si può affinare, ma non imparare davvero senza quel talento innato che contraddistingue i fuoriclasse.
È impossibile non cercare un parallelo, almeno per il formato degli albi (quelli di Bianconi e di Edizioni Metro), con la produzione comico-umoristica della grandiosa scuola italiana di autori Disney. Il formato ad albo – una peculiarità tutta italiana – garantiva infatti una flessibilità narrativa straordinaria, unita a costi più contenuti rispetto al grande “cartonato” tipico della Bande Dessinée franco-belga, necessariamente più oneroso in fase di impaginazione.

I fumetti per l’edizione italiana di Braccio di Ferro
Fu così che, già dal 1963, Sangalli iniziò a disegnare le avventure di Braccio di Ferro, adottando uno stile molto lontano da quello originario di Elzie Crisler Segar dei primi del Novecento. Questa rilettura “Made in Italy” non è poi così diversa da ciò che accadeva con i personaggi Disney, reinventati dal genio di Romano Scarpa, Giuseppe Perego, Luciano Bottaro o Luciano Gatto. Ma Sangalli seppe essere persino più eclettico di questi mostri sacri, disegnando quasi tutte le copertine di Braccio di Ferro sino alla chiusura della testata nel 1998.
Un capitolo a parte merita forse il personaggio più originale da lui creato sia dal punto di vista grafico sia narrativo: il Mago Merlotto, un mago pasticcione nato nei primi Anni Sessanta come parodia del Mago Merlino del film La Spada nella Roccia (1963). Qui, lo stile di Sangalli ricorda l’eleganza e la morbida dolcezza dei pennelli di Gatto, frutto di un’autentica “arte di bottega” che all’epoca permetteva di trasformare semplici linee in figure tridimensionali, con passaggi sapienti dal cerchio alla sfera.
I personaggi nati dalla matita di Sangalli
Nel 1970, insieme all’inseparabile Alberico Motta, Sangalli diede forma alle storie di Provolino, pupazzo antropomorfo che dal 1968 spopolava nei programmi TV. Bianconi ne aveva acquisito i diritti e, tra il 1970 e il 1974, vennero pubblicate ben 124 storie, non prive di una vena di critica sociale, destinate poi a entrare di diritto fra i cult del collezionismo fumettistico italiano.
Nel 1993, Sangalli tornò a trasporre per il fumetto un altro pupazzo amatissimo: Topo Gigio, una delle icone pop più celebri nate dalla fantasia italiana nel Novecento. Grazie alla sua inesauribile creatività, l’artista regalò a Topo Gigio nuova linfa negli Anni Novanta. Ancora oggi, è quasi impossibile non imbattersi in un albo del personaggio tra le bancarelle dei mercatini delle pulci domenicali di molte città italiane.

L’eredità di un maestro del fumetto italiano
Racchiudere la straordinaria varietà di personaggi cui Sangalli ha dato vita è un’impresa quasi impossibile: altrettanto difficile è non essersi mai imbattuti in almeno uno dei suoi fumetti. Ci piace immaginare il variopinto comitato di benvenuto che lo ha accolto ora nell’aldilà, con Nonna Abelarda, Felix il Gatto, Geppo (di cui fu anche sceneggiatore, modificandone la grafica), Trottolino, Poldo e Trinchetto.
Ma, più di tutti, desideriamo pensare che ad abbracciarlo per primo sia stato Alberico Motta, scomparso sei anni fa. Il caloroso saluto fra questi due giganti del fumetto popolare italiano spinge noi appassionati lettori a riflettere su quale sia quel misterioso “mondo delle idee” platonico da cui sembrano provenire quelle storie che riempiono di meraviglia le nostre giornate.
Thomas Villa
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