Nana. I 25 anni di un manga che ha cambiato l’immaginario del fumetto moderno
Non è invecchiato affatto il capolavoro generazionale di Ai Yazawa, che attraverso le vicende delle due ragazze con lo stesso nome ha raccontato un Giappone che cambia, e i rapporti umani che restano sempre gli stessi. Ne parliamo qui (ma occhio agli spoiler)

“Nana…ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrate? Dato che io sono un tipo che crede fermamente nel destino, penso sia stato proprio il fato”. Due ragazze della stessa età, un treno verso la grande città che le avvicina ai propri sogni: così inizia uno dei manga, e degli anime, più amati di sempre, Nana. La creatura di Ai Yazawa, data alle stampe nel 2000 (2002 in Italia) e trasmessa sulla tv giapponese dal 2006, è la storia di due giovani donne di provincia, che condividono un medesimo, difficile nome – nana, “sette” in giapponese, è un numero sfortunato – e, per sei mesi della loro vita (quasi tutto l’arco temporale della storia), la stessa casa a Tokyo, l’appartamento 707.
Nana, una storia rimasta nel cuore di tantissime lettrici
Le due, appena ventenni, non potrebbero essere più diverse: Nana Osaki è una cantante punk destinata al successo, è super cool, noncurante e dallo stile graffiante (anche la moda è una protagonista della serie); esce con un gruppo di ragazzi dai passati tormentati con cui si identifica e non accetta compromessi. Nana Komatsu, invece, è dolce e zuccherosa, ama essere viziata e vive alla giornata: il suo sogno è quello di sposarsi e invecchiare in una bella casa con la sua famiglia. Durante i mesi che passa a vivere con l’altra Nana, il suo unico pensiero è quello di seguire e incoraggiare la band dell’amica, i Black Stones (anche noti come Blast, versione breve del nome pronunciato alla giapponese), la cui musica è una componente chiave dell’anime. È la stessa Nana a raccontare di questa ossessione, visto che la serie è scandita prima dai suoi pensieri per Nana e poi, circa a metà, da quelli della sua controparte per lei, in un esercizio di ribaltamento che, come tutto nella storia di Ai Yazawa, colpisce nella sua acutezza nel cogliere le sfumature dei sentimenti e il funzionamento delle dinamiche sociali. È dopotutto la complessità di questi rapporti, e l’autenticità dei personaggi, a sorreggere l’intero arco narrativo.

Il destino delle due Nana (occhio agli spoiler)
Al centro di tutto c’è il progressivo avvicinamento (e poi allontanamento) di Nana K. e Nana O: è una storia d’amore platonico, che mescola l’ammirazione alla dedizione, fino a picchi di ossessione propri delle più profonde amicizie femminili. ” Se Nana fosse stata un uomo avremmo potuto vivere la storia d’amore della nostra vita…A quel tempo mi succedeva spesso di pensarlo”, confessa ai lettori Nana K., presto soprannominata “Hachi”, un nome che in giapponese indica sia il numero otto (una battuta, visto che lei si chiama “sette”) sia il famoso cane-eroe Hachiko, in riferimento all’attitudine di “cagnolino” fedele di Nana O. Un cagnolino che rimane invischiato in cose più grandi di lei, da cui finirà per essere trascinata via: dopo aver lasciato il traditore Shoji, esce con il misterioso e rude Takumi, mente della più celebre band Trapnest, la cui storia è intrecciata con quella dei Black Stones. Il chitarrista, Ren, è l’amore di Nana O., la cantante Reira è la sua nemesi, nonché ex di Yasu (padre spirituale e pratico dei Blast, nonché stretto confidante di Nana O.) e amante di Shin (bassista dei Blast). La breve e cruda relazione tra Hachi e Takumi, che lei tronca per stare con il chitarrista dei Blast, il tenero Nobu, è costretta a riprendere di colpo quando lei si ritrova incinta. Realizzando, troppo presto e forse con l’uomo sbagliato, il suo unico sogno.

Il futuro di “Nana”
Il finale è brusco, il gruppo si disperde (senza rancori) fatta eccezione per dei periodici incontri “rituali”. L’ultimo di questi incontri, in cui conosciamo la bambina di Hachi, è la scena finale dell’ultimo episodio del manga, l’80esimo: ma di Nana O. non c’è traccia. Il futuro della loro amicizia è in forse, e le speculazioni sui blog degli appassionati si sprecano. Ma come ha potuto Ai Yazawa mollare così i lettori, nel lontano 2009? Sono stati dei gravissimi motivi di salute a impedirle di tornare sul suo popolarissimo shojo, quella categoria di fumetti giapponesi rivolta a un pubblico di donne adolescenti e giovani adulte, che lei stessa ha definito “il lavoro della mia vita”. Una storia che capta un Giappone sull’orlo del cambiamento, nel quale l’allargarsi della capitale e le influenze occidentali – da Vivenne Westwood ai Sex Pistols – spingono una rivoluzione culturale dal forte impatto, che concretizza nella figura di Nana O. un nuovo modello di donna nella società giapponese.
Nonostante sia così contingente al periodo, però, venticinque anni più tardi possiamo dire che la storia (l’anime è su Netflix) è invecchiata benissimo: la vividezza delle emozioni – che dalla tenerezza di due bicchieri con le fragole passa alla violenza dei silenzi e alle differenze di potere e libertà tra i generi – è ancora convincente e coinvolgente come al tempo della sua sconvolgente pubblicazione.
Giulia Giaume
Fumetti e dvd consigliati:
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati