Obscene Interiors. L’arte di Brandt Botes
Succede che un illustratore sudafricano sbianchetti uomini e donne dalle riviste hard dei Seventies. E quel che emerge sono gli arredi. Quando il porno serve a studiare la storia del design…
Vogliamo ridere? Il sudafricano Brandt Botes è un graphic designer e illustratore che, con la moglie Katherine, nel 2011 ha aperto a Cape Town lo Studio Botes. È un eclettico allegrone, che lascia trasparire senza pudori il suo entusiasmo nel lavoro, tanto che ha voluto per motto aziendale “Love what you do – Do what you love”. E a proposito di love – firmandosi però in questo caso, un po’ per celia e un po’ no, Von Brandis – ha realizzato una serie di immagini “porno” francamente esilaranti.
Recuperata una serie di fotografie da riviste molto birichine dei ruggenti Anni Settanta, ha sbianchettato le figure degli amatori colti in estatico flagrante, eliminando così la visione diretta dell’atto sessuale. La si potrebbe intendere anche, esagerando nell’equivocare, una operazione di censura. Di fatto però l’azione cancellata rimane perfettamente leggibile in silhouette, per quanto fantasiose possano essere le contorsioni acrobatiche della coppia ritratta-ed-estratta. Ma, soprattutto, l’eliminazione degli attori dal piccolo palcoscenico permette al pubblico plaudente di soffermare al meglio l’attenzione sulle scenografie che accolgono i successivi exploit.
INTERNI OSCENI
E allora si ride. Quegli arredi, oggi, sembrano finti. Sono trascorsi solo, si fa per dire, una quarantina d’anni ma sembra un altro pianeta. I copriletto fantasia, le tende fantasia, le tappezzerie fantasia, i tappeti, le moquette, gli arazzi, le poltrone, i divani, i cuscini ci catapultano in un’atmosfera in cui il gusto era tutt’altro da quello contemporaneo. E gli apparecchi radio e televisivi ci aggiungono del loro, buon peso. Obscene Interiors, appunto. L’operazione di spiazzamento spazio-temporale riesce appieno. Più che un’opera sexy, un’operetta sexy. La risata provocata, e lasciata libera di esprimersi, sarà anche una reazione nervosa, frutto di un rispecchiamento distorto in un vintage che non ci appartiene più, però non si può negare che – almeno in questo caso – il sesso sia in grado di mettere di buonumore.
Ferruccio Giromini
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #34
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