Un font da manuale. L’omaggio di Parma a Bodoni
Alla Biblioteca Palatina di Parma, una mostra dedicata agli amanti delle lettere: quelle lettere che, dalla rivoluzionaria invenzione di Gutenberg fino agli strumenti più moderni, compongono le pagine di libri, riviste, siti web e tutto ciò che prevede una comunicazione scritta e stampata. Al centro, una star dell'arte tipografica italiana: Giambattista Bodoni.
Tipografi, grafici, designer, persino stilisti: tutti hanno avuto a che fare con “il Bodoni”, che troviamo spesso nella cartella dei font del nostro computer. Ma Bodoni non è certo un nome di fantasia: quelle lettere, quelle punteggiature, quei glifi sono stati così battezzati dal cognome del loro creatore, il Giambattista che nel 1768 giunse a Parma da Saluzzo, impiantando nella città emiliana una prestigiosissima stamperia al servizio della casa ducale, i Borbone. Ma Bodoni, appunto, non si limitò ad acquistare da più o meno noti fonditori di caratteri quei pezzettini di lega metallica recanti sulla sommità le lettere a rilievo indispensabili per la stampa: decise infatti di realizzare da sé gli alfabeti, e in breve tempo quella scrittura pulita, elegantissima, raffinata divenne modello di stile ricercato, e i suoi libri cominciarono a essere considerati vere e proprie opere d’arte. A Parma, sua città d’adozione, il Museo Bodoniano che ha sede nell’immenso Complesso Monumentale della Pilotta ha promosso una mostra che punta l’obiettivo su un’opera particolare e simbolica di tutto il lavoro di Bodoni, fondamentalmente il suo testamento creativo: il Manuale Tipografico a cui il tipografo lavorò per lungo tempo (“Io vivo sempre segregato dal gran mondo, e procuro ultimare il mio Manuale tipografico che da quarant’anni mi tiene occupatissimo”, scrive il 29 dicembre del 1800 ad Andrés Franco Castellano), non riuscendo tuttavia a portarlo a termine nella forma che oggi conosciamo. Fu la scaltra vedova Margherita Dall’Aglio, divenuta imprenditrice, a dare alle stampe l’edizione del 1818 in due volumi, che raccolgono una collezione di 665 alfabeti diversi (ci sono anche l’etrusco o il fenicio!) e circa 1.300 fregi decorativi.
CAMPIONARI PER TUTTI I GUSTI
Grazie a Silvana Amato – esponente dell’Alliance Graphique Internationale, l’associazione svizzera che riunisce i migliori grafici, designer e illustratori di 39 Paesi – i “libroni” sono diventati il pretesto per allestire Segni esemplari, un’esposizione che indaga “la scrittura alfabetica nella sua forma tipografica, scrittura che nel suo diffondersi tanto peso ha avuto nella cultura occidentale degli ultimi cinque secoli” (la curatrice). Nelle vetrine sono accostati campionari di altri grafici ante litteram – molti di quelli più antichi erano posseduti da Bodoni –, punzoni, strumenti e manoscritti dell’officina tipografica di Parma, fino ad arrivare ai cataloghi delle fonderie industriali nate all’inizio del Novecento, in un crescendo di innovazioni tecnologiche, su tutte la stampa offset. Fino a quando, negli Anni Sessanta e Settanta, “il campionario diventa uno strumento fondamentale per il lavoro di agenzia, indispensabile per stabilire tutte le specifiche tipografiche per la composizione”.
L’OMAGGIO A BODONI DEI GRANDI GRAFICI
Se oggi i caratteri mobili non vengono più usati – salvo pochi stampatori virtuosi e nostalgici – e tutto è digitale, compresi i nuovi font (un esempio recente su tutti: il Riforma), la mostra non trascura la contemporaneità: a un gruppo di grafici di fama internazionale è infatti stato chiesto di realizzare delle riflessioni estetiche partendo dal protagonista del progetto, il Manuale di Bodoni. Ne è risultata una serie di manifesti che nel contesto dell’esposizione operano “una ricognizione visiva di concetti intorno alle potenzialità della scrittura espressi da parte di progettisti, ai quali si riconosce una spiccata e consapevole attitudine tipografica”.
‒ Marta Santacatterina
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