Lo stravagante spettacolo delle carni annoiate dell’illustratrice Lucrezia Viperina
La noia indotta da mesi e mesi di isolamenti per la pandemia è stata sinora alla base di infiniti atti artistici, in Italia e nel mondo. Ma molti di questi, diciamolo, sono risultati altrettanto noiosi. Questo no.
Lucrezia Viperina (Roma, 1996) è il nome – un po’ “d’arte” e un po’ no – di una giovane intraprendente produttrice d’immagini (“artista” è un termine che ormai ci sta venendo un po’ a noia, appunto) che si muove perlopiù tra Roma e Milano. Uscita da poco dallo IED, ha già inanellato collaborazioni creative in numerose direzioni, specialmente con utilizzi pubblicitari o variamente promozionali.
Si può andare a cercarla tra Laboutik a Londra, l’outlet Fidenza Village, l’EP Anime Music for Hentai Moments del rapper Mauro Bizzie, la collezione di moda Always Pose, e via così. Citiamo qualche esempio, perché davvero vale la pena di impegnarsi nella caccia al tesoro. Vale la pena, perché il design di Lucrezia Viperina è esplosivamente innovativo, che bellezza!, diverso da tutto. Infine qualcuno che crea davvero, che non si adagia sul facile, sul già visto, sul prevedibile. Qui c’è fantasia autonoma: tutta ciccia, che quasi non ci si spera più.
IL FUTURISMO ANTERIORE DI LUCREZIA VIPERINA
Si scopre, grazie a lei, una inedita coniugazione del post-cubismo, in resa non banalmente rettilinea ma anche molto curvilinea. Le sue forme si contorcono in ordinatissimo caos, copulando tra loro ma staccandosi decise le une dalle altre grazie a un senso acceso del colore. E, talvolta stese piatte e talvolta suggerite in proiezioni ortogonali, riescono a mescolare illusoriamente 2D e 3D con effetti stordenti. Se geometrie sono, e lo sono, si direbbero non euclidee.
È un design assolutamente contemporaneo, che in passato si sarebbe potuto dire futurista e che al presente si potrebbe definire futurista anteriore. Di sicuro, è una visione decisa, non molle né apatica. Che – è questo il bello – è cresciuta e si è definita nitidamente proprio durante (grazie a?) il lungo periodo molle e apatico del lockdown. Tutto tempo per maturare.
VIPERINA E LE CARNI ANNOIATE
Lo conferma un singolare prodotto di Lucrezia Viperina incoraggiato e dato alle stampe (signorilmente serigrafiche) dalla premiata bottega delle maceratesi Strane Dizioni. Bored Meats si presenta con l’inchino come una variopinta fisarmonica: 10 solide pagine continue in “leporello” stampato con sei passaggi di colore e in tiratura limitata. Oggettino preziosino. Dove le carni annoiate bored meats non sono bored fleshes, perché stanno lì immobili, poco vive, come su un bancone refrigerato di reparto macelleria, in stolida attesa che succeda qualcosa.
Nella sua infinita quarantena, la nostra Viperina ha vissuto tutto ciò sulla propria pelle, anzi nella propria carne: “Inizialmente a casa, un silenzio piuttosto pesante, spinoso. (…) Un altro giorno a casa: mi tolgo i vestiti, ho caldo. (…) Un altro giorno a casa: ho mangiato troppo. (…) Un altro giorno a casa: centro estetico fai da te. (…) Un altro giorno a casa: e comunque sono indietro. (…)”. È così che, con volontà risoluta di riscatto dal piattume, la ragazza si sveglia, si erge e si ridisegna muovendosi dalla monotonia alla salvifica pluritonia: con scelti colori acidi, buon peso di autoironia e senso mirabilmente oltraggioso della composizione. Per una volta, diciamolo: grazie, lockdown! (Scusate, non stiamo esagerando.)
– Ferruccio Giromini
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