Da Facebook a Meta. Zuckerberg reinventa il suo gruppo aziendale e annuncia un futuro virtuale
Il Ceo di Facebook ribattezza la sua creatura: nasce Meta, nel nome di quel metaverso che descrive l’universo di domani. I social non prescinderanno dalla virtualità, che sarà la nostra nuova maniera di stare al mondo. Un nuovo logo racconta molto bene questo scenario
Ripensare un brand, riallineando forma e contenuto sulla base di una nuova progettualità e di una nuova narrazione identitaria. Sfida non facile. Per Mark Zuckerberg una tappa necessaria. Lo scorso 28 ottobre l’ex ragazzo prodigio di Harvard, inventore del più grande social network di sempre, ha presentato ufficialmente Meta, ovvero la versione aggiornata della storica holding Facebook Inc., fondata nel 2004, ascesa rapidamente in cima all’Olimpo dei social media, ampliatasi negli anni con l’acquisizione di nuovi servizi e piattaforme leader, e oggi ripensata nel quadro di un progetto di rilancio e riposizionamento sul mercato globale. La grande società per azioni, così ribattezzata, continuerà a controllare Facebook, Instagram e Whatsapp – che non subiranno modifiche, almeno per il momento – oltre a sviluppare i visori di realtà virtuale Oculus Rift.
DALLA LETTERATURA CYBERPUNK ALLA NUOVA INTERNET
Il nome scelto ha un suono breve e austero, che arriva dal greco antico, e che però sa di avanguardia, di scenari ipertecnologici, di paesaggi distopici: a ispirarlo è quel concetto di “metaverso” apparso per la prima volta nel 1992 tra le pagine di “Snow Crash”, romanzo di fantascienza dell’americano Neal Stephenson. Qui prende forma l’idea di una virtualità abitata da avatar e ologrammi, in cui il senso delle cose, degli eventi e delle relazioni sociali si rifonda grazie al potere di un’Internet evoluta: “Gli specchietti elettronici collocati dentro la macchina fanno schizzare il raggio avanti e indietro sulle lenti degli occhialoni di Hiro, proprio come un raggio elettronico all’interno di un televisore colora la superficie interna del Tubo eponimo. L’immagine che ne risulta resta sospesa nello spazio tra Hiro e la Realtà. Disegnando un’immagine leggermente diversa di fronte a ognuno degli occhi è possibile creare un effetto tridimensionale. (…) Quindi, Hiro non è affatto lì dove si trova, bensì in un universo generato dal computer che la macchina sta di segnando sui suoi occhialoni e pompando negli auricolari. Nel gergo del settore, questo luogo immaginario viene chiamato Metaverso. Hiro trascorre molto tempo nel Metaverso. Lo aiuta a dimenticare la vita di merda del container”.
RIPENSARE UN SIMBOLO, TRA FORMA E CONTENUTO
E se il lavoro di “naming” ha puntato su questa interessante convergenza tra la semplicità di un prefisso classico, che per gli antichi greci indicava ciò che sta “oltre”, “al di là”, la linea grafica appare coerente con la sostanza, grazie a uno studio semiotico puntuale. Il pittogramma scelto descrive il segno matematico dell’infinito, distorto da una prospettiva irregolare: probabilmente la rappresentazione metaforica di un mondo ridisegnato da un’idea di spazio-tempo differente, oltre le consuetudini e i limiti del reale. Un “metaverso”, per dirla con quel termine vecchio trent’anni, ma che ha ancora il sapore di un futuro prossimo avvincente. Efficace nella sintesi grafica e nel significato universale, quell’8 rovesciato assomiglia anche alla M di Meta soggetta a una forza di trazione e di mutamento: un processo di meta-morfosi, per l’appunto, se è vero che la tecnologia è il motore di una radicale ed esponenziale trasformazione delle nostre esistenze, ma anche il serbatoio da cui emergono nuove, potenti mitologie. Un bel gioco, dunque, tra lettering, riferimenti matematici ed evocazioni letterarie.
Quanto al colore, l’azzurro mantiene un nesso forte con il logo di Facebook, ma richiama anche il concetto di infinito, mentre dal punto di vista estetico si colloca nel range di quella palette tenue, non più accesa o fluo, su cui i designer stanno scommettendo oggi. E così è per le forme morbide, arrotondate, elastiche, altra tendenza della grafica attuale, esattamente come la vocazione minimalista che ultimamente va per la maggiore. Basti pensare al nuovo logo di Airbnb, di cui tanto si chiacchierò per le presunte similitudini con organi sessuali: quella A semplice, sinuosa, polisemantica (che in sé racchiudeva vari significati, da un cuore rovesciato al simbolo della geolocalizzazione), virata in un rosso mite, dal punto di vista della formalizzazione è facilmente assimilabile alla nuova creatura di Zuckerberg. Stessa direzione, ed è solo un altro esempio tra tanti, per la casa automobilistica Kia, che ha appena svecchiato il proprio logo, abbandonando l’originaria cornice e asciugando l’immagine: restano le tre lettere del marchio, piegate, distorte, ravvicinate e sottoposte a una forza motrice, che le trasforma in un oggetto fluido.
OLTRE GLI SCANDALI
E intanto Mark Zuckerberg, impegnato in queste operazioni di restyling, prova a far dimenticare le ennesime polemiche che hanno travolto la più anziana delle reti social, quel Facebook divenuto irrinunciabile strumento di condivisione personale e professionale, pian piano indebolito da una certa stanchezza, superato in corsa da altri canali più incisivi ed immediati, e penalizzato a più riprese da scandali pesanti, sui temi della cyber sicurezza, delle fake news, della tossicità sociale e dell’integrità morale: dallo spinoso caso di Cambridge Analytics nel 2018 alla recente inchiesta sui “Facebook Papers”, 10mila pagine di compromettenti documenti interni, trafugati da un’ex dipendente dell’azienda.
IL FUTURO È UN OLOGRAMMA
Nuovo nome, dunque, ma anche un nuovo progetto ambizioso, per recuperare energie e un’adeguata spinta propulsiva. Riduttivo continuare a chiamare col nome del caro, vecchio Facebook un grande gruppo che in sé racchiude più realtà imprenditoriali e che soprattutto ha già scelto quale futuro immaginare e quali strumenti utilizzare per renderlo possibile. Un futuro descritto come immersivo, un’internet incarnata che è proiezione di un mondo immateriale, volatile, eppure infinitamente possibile. In due parole, la realtà virtuale sarà, nel web di domani, ordinaria amministrazione e prolungamento naturale di sé: ci sarà un giorno – nell’arco di una decina d’anni, pronostica il capo del colosso statunitense – in cui sarà normale “teletrasportarti istantaneamente come ologramma per essere in ufficio senza fare il pendolare, ad un concerto con gli amici, o nel salotto dei tuoi genitori”.
Così, mentre un esercito di professionalità specifiche – i “creator” di domani – lavorerà per produrre app, giochi, oggetti e servizi a misura del Metaverso, una combinazione di hardware (i visori Oculus) e software rivoluzionerà il quotidiano. E il gruppo Facebook punta a essere, ancora una volta, a capo di questo cambiamento epocale.
– Helga Marsala
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