Boryana Ilieva. L’artista bulgara che dipinge le planimetrie artistiche dei film
Con il nome di Floor Plan Croissant, l'architetta e interior designer ricrea le case dei nostri personaggi preferiti in una serie di dettagliati acquerelli. Da Bella Baxter a Neo di Matrix. L'intervista
La casa di Bella Baxter, la baita di Anatomia di una caduta e l’appartamento di Lidia Tàr. E ancora la tana di Neo, in Matrix, il labirinto di Squid Game, e l’appartamento di Bob Fosse in All that jazz: missione e gioia dell’architetta e interior designer bulgara Boryana Ilieva è aprire al pubblico le dimore di personaggi epici della cinematografia. Con uno stile acquarellato di grandissima finezza e un occhio radiografico, le sue opere raggiungono il cuore dei protagonisti delle diverse pellicole attraverso le planimetrie artistiche delle loro abitazioni. E, come in una casa di bambola, si riempiono di dettagli: libri, tappeti, cani, bacheche e ancora ceramiche, ottomane, finestre da cui entra una meravigliosa luce di taglio. Che hanno un grande successo online: ne abbiamo parlato con l’artista, originaria di Sofia, nota sui social come Floor Plan Croissant.
L’intervista a Boryana Ilieva, Floor Plan Croissant
Da dove viene il tuo amore per i film?
Li ho sempre guardati e amati molto. A un certo punto, dopo tanti anni, i film dovevano “uscire da me” in qualche modo, ed essendo io architetta non potevano che uscire nella forma dell’architettura.
È fondamentale, nelle tue opere, l’occhio dell’architetta?
È tutto. Se non fossi stata architetta, e non avessi lavorato sul campo per dieci anni, non avrei nemmeno imparato a estrarre le planimetrie dai film e dalle foto. Ho sviluppato un sistema, semplice a dire la verità, per capire le dimensioni delle stanze: conto le piastrelle e ne ricavo le dimensioni utilizzando le proporzioni di altezza degli attori. A quel punto scopro le dimensioni di un angolo di casa: il resto è come un puzzle, si compone da solo.
Con che criterio scegli certi film invece di altri?
Quelli che scelgo sono in linea di massima i film che risuonano in me, e che ovviamente hanno dei forti “house character”, uno o più personaggi in forte connessione con un ambiente. Alcuni invece derivano da collaborazioni, come Anatomia di una caduta: è stata una commissione di Neon, richiestami dopo Cannes.
Quella che dipingi è la stretta realtà o c’è una parte di interpretazione?
È realtà e interpretazione insieme. Dato che non vediamo sempre tutti gli angoli di ogni stanza, a volte devo aggiungere qualcosa: è una delle mie cose preferite! Per esempio in All that jazz non vediamo mai bene i colori del tappeto, e io ho deciso di farlo blu per appaiarlo con tutti i rossi e i gialli della stanza. Con il risultato che l’opera è davvero molto blu, e anche se non credo fosse così nell’originale ne sono molto contenta.
Dall’architettura agli acquerelli delle case dei film
Avevi una qualche esperienza in campo artistico quando hai cominciato a dipingere?
Nessuno: all’inizio ero ancora architetta e si vede dalle mie opere, che erano molto basic. Ho imparato col tempo a renderle migliori: ho cominciato a costruire, ogni dipinto è una continuazione del precedente.
Quanto tempo ci metti a realizzare un acquerello?
Dipende, da un paio di mesi al doppio. Per Povere creature ho cominciato a estrarre le planimetrie a ottobre, dopo aver visto il film a un festival. Poi l’ho rivisto, perché cercavo di cogliere i dettagli della casa di Bella Baxter, e infine l’ho visto una terza volta per capire bene cosa stesse dove. Ho cominciato il vero dipinto a gennaio, ho lavorato tre mesi sull’acquerello, che per sua natura è molto dettagliato. I sognatori di Bertolucci mi ha chiesto ancora più tempo, una quantità enorme di tempo: sono serviti quattro mesi. Poi, la facilità dipende anche dal fatto di ricevere o meno aiuto: l’art director di Povere creature aveva paura di non poter rivelare nulla, quindi mi ha invitato a parlare con il production designer. Però non mi ha mai dato il suo contatto. Per altri lavori, invece, ho avuto moltissimo aiuto.
Come hai deciso di condividere le tue creazioni online?
Il mio primo dipinto era in realtà uno sketch a matita di Amour, diretto dal regista austriaco Michael Haneke. Quando ho visto il film ero sicura di poter ricreare facilmente ciò che avevo visto: ho scoperto così che in realtà è un processo molto difficile! Ci ho messo giorni e alla fine ero super orgogliosa. Anche se, rivedendolo, capisco che è molto brutto. Dopo il primo disegno, ho cominciato a cercare di renderlo 3D con matite, poi pastelli e infine acquerelli. Banalmente, perché è il modo più rapido: con un solo splash di colore hai coperto una grande parte del disegno. Dalla prima condivisione su Facebook, sono passata a Twitter su suggerimento di un amico: anche se l’idea non mi entusiasmava ho cominciato a pubblicare quello che realizzavo e a taggare i registi: insospettabilmente, il regista Alex Ross Perry di Queen of Earth mi ha scritto che ne voleva una copia. Non potevo credere di essere entrata in contatto con lui! Poi, un giorno, un amico mi ha fatto vedere che il mio lavoro era già su Instagram: quindi ho caricato tutto quello che avevo realizzato in un giorno solo. Quella notte ho raggiunto mille follower. Ora lo adoro, è il mio secondo social preferito dopo Patreon: qui, con chi mi supporta, posso essere completamente onesta su quello che faccio e pubblico tutto il processo, come in un diario. Si crea un rapporto più personale, anche perché mando a tutti gli iscritti delle cartoline per posta, mentre su Instagram mostro il risultato finale magari mesi dopo, quando è pronto.
Chi ti segue su Patreon?
Dopo la Bulgaria, il secondo Paese è proprio l’Italia! Sono stata scoperta durante il lockdown, e ho cominciato a vendere anche molti dipinti. Diversi originali sono a Roma, c’è stato tanto interesse per La grande bellezza. Il lato italiano di Patreon mi ha anche portato a fare delle scoperte incredibili: qui ho conosciuto la scrittrice Tiziana Lo Porto, che da grande esperta (e amica di Bertolucci) mi ha saputo indirizzare quando ho chiesto se qualcuno sapesse qual era la casa di Roma in cui era stato girato Il disprezzo di Godard, negli anni Sessanta. Mi ha dato subito l’indirizzo e ho scoperto che oggi è un super-attico.
Oggi riesci a mantenerti facendo unicamente l’artista?
Sì, sono una full time artist, anche se da poco. Sono felice, anche se non sono ricca, e so che posso permettermelo perché vivo a Sofia: se stessi in una città come Londra non potrei mai. Mi mantengo anche lavorando a presentazioni e lezioni: a luglio sarò ospite a un film festival in Romania, dove farò una mostra e un talk sui dipinti, spiegando il modo in cui nascono, poi ci saranno altre due mostre nel resto dell’anno.
Giulia Giaume
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