Entomologia di una mostra
Non se ne è parlato abbastanza di When attitudes become form. Bern 1969/Venice 2013, allestita fino al 3 novembre a Ca’ Corner della Regina, sede veneziana della Fondazione Prada: una ricostruzione filologicamente accurata della rassegna curata da Harald Szeemann e riproposta da Germano Celant.
A chi serve un’operazione come quella proposta dalla Fondazione Prada a Venezia? La risposta è semplicissima: a vedere in tre dimensioni la mostra che ha dato i natali al ruolo di curatore; a rendersi conto delle opere esposte, del display espositivo, finanche del titolo di quella stessa mostra. Bisognerebbe costringere studenti e artisti, frequentanti di master e critici in erba a percorrere quelle sale. Perché non capita spesso di avere un’occasione del genere, ovvero godere di un’esperienza immersiva in un argomento di studio.
Lo step successivo alla visita è la consultazione del libro/catalogo (pagg. 732, € 90). Che, come sempre accade con la Fondazione Prada, è un lavoro altrettanto monumentale. Le prime (!) 350 pagine sono dedicate a una dettagliatissima documentazione fotografica dell’esposizione del 1969: strumento di lavoro fondamentale per Celant e il suo staff nella ricostruzione del 2013, ma altresì materiale interessantissimo per chi intenda studiare la rassegna originaria. La resa fotografica dell’edizione 2013 è stata invece affidata a Thomas Demand, che ha documentato l’operazione curatoriale di Celant e il temporaneo intervento architettonico – sicuramente non semplice: portare i volumi dell’istituzione svizzera dentro uno storico palazzo veneziano non è da tutti – di Rem Koolhaas.
Va da sé che una simile operazione porti con sé riflessioni teoriche di peso specifico importante: così, lo scritto dello stesso Celant è seguito da interventi critici di Dieter Roelstraete, Claire Bishop, Pierre Bal-Blanc, Francesco Stocchi, Boris Groys, Mary Anne Staniszewski, Charles Esche, Christian Rattemeyer, Anne Rorimer, Jens Hoffmann, Benjamin H.D. Buchloh, Gwen L. Allen, Chus Martínez, Terry Smith, Jan Verwoert, Glenn Phillips. Se non è tutto il gotha del mondo curatorial-critico, poco ci manca. A dimostrazione ulteriore dell’immenso lavoro di ricerca condotto, va citato il Register compilato con scientifica accuratezza, grazie in particolare allo spoglio del materiale contenuto nell’Harld Szeemann Archive and Library conservato al Getty Research Institute di Los Angeles. Infine, una buona bibliografia tematica e, per chi non leggesse l’inglese, le traduzioni italiane di tutti i testi.
Marco Enrico Giacomelli
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #15
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