Jean-Luc Nancy nei panni del curatore
Un saggio di filosofia e una carrellata ragionata di interpretazioni artistiche dell’autoritratto. Per farne una mostra e un libro che sono complementari. Così Jean-Luc Nancy al Mart di Rovereto, per una mostra che prosegue fino al 12 gennaio.
C’è una tradizione piuttosto consolidata in Francia di filosofi celebri che vengono chiamati a curare mostre. Fra i tanti esempi recenti, basti citarne uno a decade: Mémoires d’aveugle di Jacques Derrida al Louvre (1990/1991), Ce qui arrive di Paul Virilio alla Fondation Cartier (2002/2003) e Les aventures de la vérité di Bernard-Henri Lévy alla Fondation Maeght (2013); per non parlare della sfaccettata e controversa attività di Jean Baudrillard nel mondo dell’arte contemporanea.
A questo elenco si aggiunge ora Jean-Luc Nancy con L’altro ritratto (Mart, Rovereto, fino al 12 gennaio). Al tema il filosofo di Bordeaux aveva dedicato in particolare un breve ma denso testo nel 2000, Le Regard du portrait, ma nella mostra e nel catalogo (Electa, pagg. 112, € 35) in oggetto Nancy si concentra sulle peculiarità che sopravvengono con l’arte contemporanea, la quale “eredita soltanto l’enigma portato da questa parola – arte – che fu inventata nel momento in cui cominciarono a sottrarsi tutte la figure di una possibile ‘rappresentazione’. Essa è contemporanea della propria questione, della propria erranza”. E se l’esposizione resta godibile a prescindere dalle interrogazioni poste dal filosofo, è innegabile che la lettura delle quaranta pagine del suo saggio arricchiscono la visione e quest’ultima, di rimando, arricchisce la comprensione (anche critica) del testo.
Un meccanismo biunivoco che, almeno in teoria, vale per ogni mostra, ma che in questo caso va tenuto in maggior conto perché evidentemente Nancy è un filosofo prestato alla curatela, ragion per cui il supporto testuale è di importanza capitale.
Il rischio, semmai, in questo genere di operazioni, è che la mostra divenga una sorta di illustrazione più o meno riuscita del testo (gli esempi in questo senso sono quasi infiniti e pure qui citiamo giusto un esempio: la Biennale di Venezia curata da Robert Storr). Ebbene, ci sentiamo di poter dire che Nancy e il Mart hanno brillantemente evitato di incagliarsi in questa secca. E tra configurazioni e trasfigurazioni, dipinti e fotografie, testo e mostra, didascalie e riflessi, Elina Brotherus e Douglas Gordon, Fiona Tan e Thomas Ruff – e l’elenco potrebbe proseguire a lungo – circola un pensiero vivace e intelligente. Cos’altro si può volere da una mostra e dal suo catalogo?
Marco Enrico Giacomelli
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #16
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