Agli esordi della Pop Art. Il saggio di Hal Foster

Hal Foster analizza le prime opere di Richard Hamilton, Roy Lichtenstein, Andy Warhol, Gerhard Richter, Ed Ruscha per restituirci uno sguardo inedito sulla Pop Art. Con interessanti implicazioni anche nel design e nell’architettura.

Edito da postmedia books, è finalmente disponibile in italiano l’illuminante saggio di Hal Foster Pop Art, pittura e soggettività nelle prime opere di Hamilton, Lichtenstein, Warhol, Richter e Ruscha. Si tratta di un’approfondita ricerca del noto critico d’arte americano attorno alla produzione di nuove soggettività e alle trasformazioni dello statuto dell’immagine avvenute nell’arte occidentale nella seconda metà degli Anni Cinquanta, grazie agli innesti della trionfante cultura consumistica di massa nelle pratiche artistiche.
Con il consueto rigore, Foster guarda, giustamente, alle implicazioni teoriche nate in seno all’Indipendent Group di Londra dove giovani architetti, critici e artisti iniziano a produrre un rinnovamento dell’immaginario attraverso uno sguardo transdisciplinare, che attinge a piene mani dalla cultura popolare dalla quale ricavano le immagini per declinare seminali progetti un po’ trascurati dalla storiografia, soprattutto, italiana.
Uno dei meriti indiscutibili di questo saggio è di ri/mettere al centro della recente cultura artistica occidentale una mostra fondamentale come This is tomorrow del 1956 alla Whitechapel Gallery di Londra. È in questo esperimento espositivo che Foster vede “l’arte pop spingere la pittura al limite, spesso per misurare gli effetti della cultura del consumismo (brillanti annunci pubblicitari, immagini cinematografiche fortemente iconiche, schermi televisivi e così via)… Proprio questo interscambio tra alto e basso consente alla pop art di mantenersi in contatto con “la pittura della vita moderna” definita un secolo prima da Charles Baudelaire come un’arte che si sforza di “distillare l’eterno dal transitorio”.

Richard Hamilton, The State, 1993

Richard Hamilton, The State, 1993

RIDEFINIRE L’IMMAGINARIO

In questo processo di ridefinizione dell’immaginario visivo e culturale è centrale il saggio scritto dal critico di architettura Reyner Banham, Architettura della prima età della macchina (1960), nato in seno alle riflessioni elaborate dall’Indipendent Group. È un testo che mette in discussione le certezze moderniste dei vari Gropius, Le Corbusier, secondo cui la forma è una conseguenza della tecnica funzionale per aprire alla costruzione di un’aporia immaginativa che mette al centro la tecnologia e i nuovi media. Da qui nasce una delle domande a cui l’autore prova a rispondere nella corposa trattazione: abbiamo superato indenni la prima età pop o ne viviamo ancora i postumi? Una prima risposta la si ritrova nelle pagine dedicate a Richard Hamilton. Con i componenti dell’Indipendent Group Hamilton condivide una grande fascinazione verso le macchine, non per la loro praticità funzionale ma per la loro forza emozionale, immaginativa, appunto. Basti pensare alle produzioni di Archigram e Cedric Price per cogliere questo potenziale simbolico che possiamo ritrovare in una delle prime mostre di Hamilton, Man, Machine & Motion dove l’artista recupera il vecchio archetipo futurista del centauro uomo-macchina inserendo degli elementi ironici, cioè un’ambiguità di significato che è uno dei suoi tratti distintivi. È nell’appropriazione di codici espressivi tipici della cultura popolare come fumetti, vignette che l’artista trova questa dimensione ironica. Foster afferma che: “Hamilton pratica, verso la cultura popolare come verso l’arte alta, la cosiddetta ironia dell’affermazione, espressione presa in prestito da Marcel Duchamp e definita come un particolare miscuglio di rispetto reverenziale e cinismo”.

Hal Foster – Pop Art. Pittura e soggettività nelle prime opere di Hamilton, Lichtenstein, Warhol, Richter e Ruscha postmedia books, Milano 2016, cover

Hal Foster – Pop Art. Pittura e soggettività nelle prime opere di Hamilton, Lichtenstein, Warhol, Richter e Ruscha postmedia books, Milano 2016, cover

VERSO LA CULTURA POSTMODERNA

Una strategia artistica che è particolarmente evidente nell’impianto curatoriale e teorico di This is tomorrow dove dodici team transdisciplinari restituiscono la loro visione del futuro e Hamilton, con l’artista John McHale e l’architetto John Voelcker, parte dal presupposto che nuove tipologie di immaginario e percezione richiedano strategie di rappresentazione altrettanto nuove. Ne è un evidente testimonianza il noto piccolo collage usato come locandina promozionale della mostra, Just what is it makes today’s homes so different, so appealing? (Che cosa rende così diverse e attraenti le case d’oggi?). Una parodia pop della cultura di massa del dopoguerra realizzata con ritagli di immagini reinterpretati come una sceneggiatura ambientata in un interno domestico. Protagonisti sono un culturista con un’enorme leccalecca Tootsie Pop e una donna dal seno maggiorato con un paralume utilizzato come cappello che abitano un interno invaso da feticci, archetipi del consumo di massa quali la televisione, l’automobile e il cibo in scatola. Sesso, merce e tecnologia sono i motivi ricorrenti di quest’opera come di tutta la produzione artistica e teorica dell’Indipendent Group e della Pop Art in generale. Elementi che sono, come ci ricorda Hans-Ulrich Obrist in accordo con Foster, anche i temi della cultura postmoderna. Emerge così una parziale risposta alla domanda avanzata dall’autore in apertura, dove la riflessione si appunta sulla definizione di un rapporto privilegiato che l’arte, l’architettura e il design sviluppano con la città intesa come spazio, ambiente non solo dell’agire, ma soprattutto della sperimentazione, delle sensazioni, dell’immaginario.
Un orizzonte culturale e creativo in cui potenziare la vita minacciata dall’industria del consumo e dall’alienazione di massa. Una re/azione che troviamo come tratto distintivo delle pratiche degli artisti analizzati in questo imprescindibile strumento di studio e non solo.

Marco Petroni

Hal Foster – Pop Art. Pittura e soggettività nelle prime opere di Hamilton, Lichtenstein, Warhol, Richter e Ruscha
postmedia books, Milano 2016
Pagg. 256, € 26
ISBN 9788874901609
www.postmediabooks.it

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Marco Petroni

Marco Petroni

Marco Petroni, teorico e critico del design. Ha collaborato con La Repubblica Bari, ha diretto le riviste Design Plaza, Casamiadecor, ha curato la rubrica Sud su Abitare.it, è stato redattore di FlashArt. Collabora con l'edizione online di Domus. Curatore senior…

Scopri di più