Underground e mainstream. Il saggio di Alberto Mario Banti
Edito da Laterza, il volume firmato da Alberto Mario Banti fa luce su una dialettica ben radicata nella società contemporanea, quella tra cultura underground e tendenze mainstream. Volgendo lo sguardo alle complesse dinamiche del secolo scorso.
Sebbene le interferenze tra cultura alta e cultura bassa possano contare su una letteratura ad ampio spettro disciplinare, sono ancora vasti gli spazi in cui inserire nuovi sguardi. Ne è una conferma, il poderoso volume Wonderland. La cultura di massa da Walt Disney ai Pink Floyd di Alberto Mario Banti, ordinario di storia contemporanea all’Università di Pisa.
Edito da Laterza, il libro mette insieme l’enciclopedico resoconto di un’epoca in cui radio, cinema, fumetti, musica, televisioni, pubblicità, arte, ossia un paradigma intertestuale complesso, esercita un dominio culturale di massa. Muovendo dalla contrapposizione tra ‘mainstream’ e controculture, antitesi in cui si scorgono evidenti echi adorniani, Banti individua, quale termine ante quem, il 1933. È la data della proiezione, in anteprima nelle sale americane, de I tre porcellini, prototipo cinematografico e culturale confezionato dalle major hollywoodiane per un intrattenimento risarcitorio. Il format, con tanto di lieto fine, è destinato a lenire per lungo tempo trepidazioni e disagi della società americana e, per estensione, di quella occidentale. Si tratta di un universo rassicurante, raffinatamente congeniato per generare una devota fidelizzazione del pubblico, tuttavia progressivamente aggredito dall’insorgere di altre storie. Provengono da segmenti di popolazione che vivono la marginalità, la segregazione razziale o cominciano a maturare una coscienza di classe e di genere, alla base delle rivolte giovanili tra gli Anni Sessanta e i Settanta.
DALL’HOLLYWOOD RENAISSANCE ALLE CORPORATION
Per Banti, la nascente controcultura conosce la sua più compiuta espressione nel rock (cui riserva un mastodontico compendio documentario), imparentato al ‘mood’ pop, abitato da mostri sacri come Beatles, Dylan, Hendrix, solo per fare qualche nome, e saldato a un registro di rivendicazioni sociali e di militanza politica. Connessioni che tenderanno a diradarsi alle soglie della globalizzazione, bollata dalla nuova stagione del capitalismo e soprattutto dal tramonto delle grandi narrazioni. Pertanto, la destrutturazione propria del postmoderno coincide, nell’argomentare tassonomico di Banti, con la chiusura dell’‘Hollywood Renaissance’ e con un lento scivolamento verso il gigantismo delle Corporation, divenute simultaneamente case di produzione cinematografica e discografiche, emittenti tv e sistema di comunicazione, potenti al punto di assecondare anche sensibilità underground. E se allora il ‘mainstream’ trova nuove e più potenti reincarnazioni (le serie tv, per esempio), la controcultura che fine fa? Continua a rilanciare ‘trend’, sebbene svilita da una frammentazione della scena musicale globale e delle comunità generazionali di riferimento, fino al momento in cui guadagna spazi di affermazione planetaria con il web e con una cultura generata direttamente dagli utenti. Tra i pregi del libro l’utilizzo di un semplificativo schematismo, se si vuole manicheo, che tuttavia non impedisce rimandi ad approcci più complessi ma che anzi aiuta a maneggiare l’ipertrofia dei materiali, un archivio di dati facilmente fruibile per ulteriori percorsi interpretativi.
‒ Marilena Di Tursi
Alberto Mario Banti ‒ Wonderland. La cultura di massa da Walt Disney ai Pink Floyd
Laterza, Bari 2017
Pagg. 608, € 29
ISBN 9788858129210
www.laterza.it
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