Stato di Grazia: l’artista Laura Cionci racconta la malattia in un libro evolutivo
Nel 2015 l’artista Laura Cionci scopre di avere un cancro al pancreas, malattia che si ripresenta in altra forma nel 2018. L’esperienza del dolore diventa un viaggio karmico e confluisce nella pratica artistica e in un libro che si presenta il 9 settembre alla Triennale di Milano con Santa Nastro e Rossana Ciocca
Si presenta il 9 settembre alle 18 alla Triennale di Milano Stato di Grazia, un libro Laura Cionci edito da postmediabooks con Sartoria Editoriale. È il 2015 quando l’artista scopre di avere un cancro al pancreas e pur affidandosi alla medicina convenzionale comincia un percorso di ricerca mistico, sciamanico. Poi la guarigione, il lavoro che continua, fino al 2018 quando la malattia si ripresenta e l’artista, ormai quasi quarantenne, deve fermarsi una seconda volta. Qui il processo artistico, performativo e ancestrale cominciato tre anni prima prende forma in maniera sempre più forte, in un processo di progressivo alleggerimento che dal dolore porta allo Stato di Graziaevocato dal titolo. Pubblicato prima del Covid, viene presentato per la prima volta a Milano. Il 23 settembre sarà invece a Firenze alle Murate.
Stato di Grazia è un progetto nato in una situazione molto forte. Ce la racconti?Stato di Grazia è uno processo di trasformazione naturale e quasi inconscio all’inizio. È il titolo di questo libro e di tutto il progetto artistico ed è lo stato che ho iniziato a vivere scoprendo il mio secondo cancro. Quando si vive una realtà parallela come la malattia, mentre tutto intorno continua a scorrere, mentre il mondo si prende gli spazi della vita, ci si accorge di stare consumando quella stessa vita, unica, preziosissima, insostituibile, portando l’attenzione sugli accenti sbagliati, su dinamiche e relazioni poco importanti, dimenticando di colmare noi stessi attingendo ai nobili sentimenti invisibili che rendono poi forte anche la materia. Sul ciglio di quel burrone tra vita e morte, ho guardato il vuoto finalmente. Mi ha reso completamente pazza all’inizio, mischiando le carte dell’esistenza e dei percorsi. Mi sono trovata a scegliere grazie a quel vuoto, scegliere la “grazia” capendo che potevo costruire un’altra possibilità anche se questo ha poi implicato un forte allontanamento fisico e psichico dalla mia realtà e una presa di coscienza spirituale molto personale che ancora è in evoluzione.
A un certo punto ti rendi conto che parallelamente al processo di cura stai affrontando un processo evolutivo…
Penso che una volta attivato lo stato ed iniziandolo a comprendere mentre lo si vive, il processo evolutivo è in atto. Il mio è solo uno di tantissimi esempi. La malattia come la perdita di una persona amata o anche una nascita sono fattori umani scatenanti che spezzano la linea del quotidiano veloce e che ci rendono per alcuni istanti coscienti dell’esistenza. È impossibile essere sempre “presenti”, ma l’importante è cogliere quell’attimo in qui si è “fuori” per poter virare, salire un nuovo livello o cambiare strada vivendo differenti stati di grazia, sentendo una consapevolezza e riuscendo così a scegliere per noi stessi il meglio. Ma non dimentichiamo che il processo evolutivo non è un’allegra corsa nei campi illuminati dal sole, riguarda sempre la propria oscurità, il trauma, il caos. Il processo evolutivo è la continua lettura e il superamento dei nostri limiti.
Quali strategie hai dunque attivato?
La strategia è una menzogna della mente per cercare di gestire in maniera logica ciò che ci accade senza così lasciarsi andare, ascoltarsi. Lotto senza sosta tra “ragione e sentimento”. Se avessi seguito la logica, la parte funzionale dell’ingranaggio del corpo, la ragione, se non mi fossi abbandonata alla follia dei miei sogni, delle sensazioni anche solo per pochi sitanti, forse sarebbe andata diversamente. Il punto più difficile è distaccarsi dal contesto qualunque esso sia e lasciarsi andare a se stessi. Credo che il nostro attaccamento alla vita può farci superare quella logica, può farci fare scelte e vivere situazioni che sono totalmente imprevedibili e prive di qualsiasi ipotesi predicibile. Credo di poter affermare che non sono io ad aver usato una strategia ma è la strategia karmica, svincolata dal mio pensiero, che ha usato me.
Questo libro è allo stesso tempo un progetto d’arte e un racconto che può toccare il cuore di chiunque. Inoltre è scritto come un flusso di pensieri. Come ti senti a rileggerlo solo un anno dopo?
Mi sento di dover precisare che questo libro non è stato scritto per raccontare la mia storia, il mio processo evolutivo, non è la narrazione di una trasformazione e non è stato scritto dopo gli avvenimenti. Durante la malattia non riuscivo a lavorare. Né fisicamente né mentalmente potevo sostenere una qualsiasi concentrazione sul mio lavoro, non avevo la cognizione del futuro e tutto quello che non riguardasse vita o morte era assolutamente futile. Le mie uniche forze erano utilizzate sulla ricerca personale di soluzioni di sopravvivenza e sentivo un flusso di pensieri così poderoso che dovevo scriverlo. Quello che c’è nel libro è un contenuto disconnesso della mia testa in quei momenti di follia.
Ovvero?
Non è una lettura fluida, non è un racconto, i pensieri sono ossessivi, si ripetono, molto spesso non hanno senso oppure sono ridicoli. Quando scrivevo, mai avrei immaginato che tutto quel testo sarebbe finito su un libro, ma quello di cui sono ancora oggi felice di aver fatto è stato non aver cambiato nulla del suo contenuto prima della stampa. Ci sono molte cose dentro, ancora adesso, che cerco di capire perché sento di essere in un processo di apprendimento: la mia passata me mi sta insegnando molto.
Come si è intersecato il racconto nel tuo libro, con la tua vita e la tua pratica artistica?
Anche questi sono processi naturali. Non potrei mai scindere la mia pratica artistica dalle mie esperienze personali. Ho utilizzato i testi e le immagini del libro in differenti occasioni sempre trasformandoli in nuovi stimoli e nuovi messaggi, ricercando un linguaggio che possa arrivare a tutti e che possa inserirsi nel contesto dell’arte. È come un seme da dove partono rami e radici che sviluppano visioni ed esperienze sempre nuove.
Nel frattempo hai trascorso anche diversi mesi in Australia…
Sono partita a gennaio per presentare “State of Grace” il progetto, per la prima volta in Australia. Sono rimasta bloccata lì a causa del Covid fino a giugno ed è stata un’esperienza intensa e meravigliosa come lo è la gente e la terra che mi ha ospitato.
Stato di Grazia è uscito a febbraio, ma la prima presentazione si farà il 9 settembre alla Triennale di Milano…
Sono felice di poter parlare apertamente di un’intimità che accomuna molte persone e che sempre rimane in ambiti ristretti alla medicina o in spazi dedicati alla cura, in questo caso del cancro. Intanto siamo in un contesto culturale ed i contenuti hanno un respiro di ricerca artistica. È stato bello sentire anche l’entusiasmo di Stefano Boerie di Lorenza Baroncelli, che ringrazio, alla proposta della presentazione di Stato di Grazia. Nei giardini della Triennale si troverà finalmente il primo momento di confronto e scambio, vorrei che non fosse l’esposizione di una sola esperienza, ma un coro di storie in dialogo. Amo, come sempre la parte relazionale delle azioni.
Cosa significa secondo te, alla luce di quanto accaduto nel mondo, parlare di questi temi oggi?
La malattia oggi ha trasformato la coscienza collettiva e se prima si viveva questa condizione nell’ombra di una società di superuomini, ora chi ha vissuto già una dimensione di sofferenza può senza dubbio aiutare a sensibilizzare costruendo dei percorsi comuni di consapevolezza. È importante dichiarare la propria fragilità per cominciare ad aggiornare la scala dei valori.
Questo sarà il primo di una serie di incontri che continueranno poi in altre città italiane come ad esempio Firenze il 23 settembre, in questo caso l’attenzione al tema è stata dell’assessore alla cultura di Firenze Tommaso Sacchi e in seguito Valentina Gensini direttrice artistica de Le Murate, accogliendo il momento di scambio con il pubblico suStato di Grazia.
–Santa Nastro
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