![La storia di Zerynthia, un esperimento artistico nomade](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2021/01/Dora-Stiefelmeier-Mario-Pieroni-e-Alberto-Moravia-in-occasione-dellinaugurazione-della-mostra-di-Gilbert-George-Galleria-Pieroni-Roma-1984.-Photo-Enrica-Scalfari-1024x765.jpg)
Quando nel 1992 Mario Pieroni e Dora Stiefelmeier chiudono la galleria di via Panisperna, nessuno aveva capito cosa pensavano di fare “invece e dopo”. Forse tanto bene non lo sapevano neanche loro, così come nessuno di noi sapeva che ci avrebbero costretti a seguirli tra borghi e cave, parchi e paesini, cantine e pinete, stalle e castelli.
Anche Zerynthia, il nome scelto per tanta impresa, non era chiaro cosa fosse. È infatti grazie a loro che abbiamo scoperto trattarsi di un lepidottero diurno dalle ali ricamate in nero e rosso su fondo giallo, presente ovunque in Italia tranne in Sardegna. Luogo che, a differenza della farfalla, l’intrepida coppia Dora&Mario (che impropriamente chiamiamo Pieroni per puro maschilismo) ha ovviamente raggiunto e conquistato nel 2018 in quel di Sassari, dove gli scaffali della ex biblioteca universitaria rimasta vuota furono riempiti da opere di artisti a cui era permesso usare ogni tecnica, ma richiesto di obbedire a due condizioni: le misure e un allestimento ordinato secondo un rigoroso ordine alfabetico.
I PROGETTI NOMADI DI ZERYNTHIA
È un tipico esempio di un’operazione alla Zerynthia, un caso di nomadismo eclettico che mette in relazione artisti con poeti, architetti con scienziati, e soprattutto accademici, rettori, sindaci, assessori di cittadine e borghi fino allora impenetrabili ai linguaggi contemporanei.
Come facessero a convincerli resta un mistero. Come coinvolsero, ad esempio, nel 2001 i pubblici laziali amministratori di Carpineto, Colleferro, Paliano, Piglio e Valmontone ad aprire le porte di castelli e palazzi a Luigi Ontani, Bruna Esposito, Karel Appel in un percorso a bordo della politica e policroma Auto panoramica di Elisabetta Benassi?
Come sono riusciti nell’estate del 1996 ad avere i permessi necessari di apertura al pubblico delle cave di Rapolano, con le pareti scoscese tagliate nel travertino e il laghetto spuntato dalle viscere della terra? Cave, che nel “Solstizio d’estate” orchestrato da Zerynthia, diventano stupefacente palcoscenico di eventi e performance. E che indimenticabili performance! Franz West, Alfredo Pirri, Jan Fabre, Annie Ratti, musiche di Carlo Crivelli, canti dell’Ensemble Georgika, versi di Daniele Bollea: una maratona.
Questa pazzia è fantastica!, si chiamava l’intervento di Jan Fabre: come dargli torto?
È la stessa fantastica pazzia che ha permesso a Vettor Pisani di costruire il Museo della Catastrofe nella sghemba, puntuta casetta in bilico sul candido e allucinato dirupo della cava. Un luogo che Böcklin avrebbe amato almeno quanto lo ha amato Vettor. E poi in disordine sparso arrivano ricordi di Paliano: il simposio curato da Caroline e Hans Ulrich nel Parco degli Uccelli con Fabrice Hybert, Rosemarie Trockel, Jimmie Durham accanto a ornitologi, etologi, scrittori e le schede dei pennuti firmate Chris Marker. E sempre in questo bellissimo angolo di Lazio, le tante mostre, chiacchiere, pranzi sul prato e grigliate ospitati nel casale delle scuderie Colonna con le sue sette sale affrescate da Sol LeWitt, dove tra quei muri nasce tra l’altro anche il Progetto Oreste di Cesare Pietroiusti.
![Dora Stiefelmeier, Mario Pieroni e Alberto Moravia in occasione dell'inaugurazione della mostra di Gilbert & George, Galleria Pieroni, Roma 1984. Photo Enrica Scalfari](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2021/01/Dora-Stiefelmeier-Mario-Pieroni-e-Alberto-Moravia-in-occasione-dellinaugurazione-della-mostra-di-Gilbert-George-Galleria-Pieroni-Roma-1984.-Photo-Enrica-Scalfari.jpg)
Dora Stiefelmeier, Mario Pieroni e Alberto Moravia in occasione dell’inaugurazione della mostra di Gilbert & George, Galleria Pieroni, Roma 1984. Photo Enrica Scalfari
LA STORIA DI ZERYNTHIA IN UN LIBRO
Zerinthya era un luogo senza sede fissa, con la porta sempre aperta a musicisti, artisti, critici, giornalisti. Un calendario di eventi memorabili come l’ultimo capodanno del secolo a casa di Christine Ferry per celebrare, insieme al nuovo millennio, il compleanno di Mario Merz e il poetico commiato esposto nella foresteria di Piazza Vittorio. L’ultimo disegno del 1999, una mostra collettiva, un intenso e poetico saluto a quei cento anni di rivoluzioni, avanguardie, movimenti, che avevano cambiato l’essenza stessa dell’arte.
E adesso ecco, nel pieno di un tempestoso nuovo secolo, arriva Il libro di Zerynthia: uno zibaldone, un archivio, un album di famiglia soprattutto in 520 pagine di immagini, articoli, inviti, foto e ricordi. Non una documentazione ma “una narrazione capace di evocare l’atmosfera nella quale queste mostre sono nate“, è scritto nell’incipit.
Bella atmosfera, caotica e generosa, lontana da quella molto più paludata che viviamo oggi tra vip card, fiere e feste con dress code. O meglio: vivevamo fino a ieri. Ma forse domani, dopo questa lunga, esasperante parentesi da Covid che ci ha privato del rapporto con l’arte e con gli artisti, verrà di nuovo voglia di sperimentare “una pazzia fantastica “nel segno dei Pieroni/Stiefelmeier e sull’esempio di questo volumone di ricordi e di Storia, dove tra un Franz West che beve una birra, Ettore Spalletti che fuma una sigaretta e Gerhard Richter che riceve la medaglia capitolina, tra migliaia di persone, centinaia di foto, decine di eventi che queste pagine raccontano, magari, guardando bene, vi riconoscerete anche voi.
‒ Alessandra Mammì
Dora Stiefelmeier (a cura di) – Il libro di Zerynthia
Di Paolo Edizioni, Spoltore 2020
Pagg. 516, € 70
ISBN 9788897676195
www.dipaoloedizioni.it
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