Taranto? Una città d’arte contemporanea. Un libro di Pietro Marino la racconta 

Il giornalista sta attraversando la storia dell’arte pugliese, dei suoi artisti, dei curatori, degli spazi espositivi e iniziative, insieme all’Accademia di Belle Arti di Bari. Approdando a Taranto con un libro che è arte, politica e società

Un ritratto di Taranto, tra arte, cultura, questioni sociali, politica, attraversando soprattutto le molte vicende creative di una città che molto ha prodotto e continua ancora a produrre in termini di ricerca e sperimentazione. Dagli artisti Cristiano De Gaetano ad Alessandro Bulgini, dal CRAC di Taranto alla scrittura eccellente di Alessandro Leogrande, scomparso nel 2017 a soli 40 anni, le vicende di una città antica, contesa tra la sua storia magnogreca, il paesaggio urbano mozzafiato e talvolta decadente, e l’ombra incombente del siderurgico sono attraversate dal nuovo libro di Pietro Marino Taranto, il mare e la cenere. Arte e istituzioni 1970-2023, edito da Gangemi e realizzato dall’Accademia di Belle Arti di Bari. 

Il libro di Pietro Marino 

La pubblicazione, che sarà presentata martedì  22 ottobre 2024 alle ore 17.30, presso la Biblioteca metropolitana di Bari De Gemmis - Complesso di Santa Teresa dei Maschi, è parte di un percorso condotto dalla Accademia barese iniziato nel 2021 con un primo libro di Pietro Marino, Diari dell’arte Levante. Bari 1960-1980, dando inizio ad una ricognizione sull’effervescente territorio artistico pugliese per mano del suo cantore, narratore ed osservatore attento e critico per eccellenza. Nato a Bari nel 1931, Marino è studioso, curatore, storico dell’arte, per anni docente presso la stessa Accademia, per anni figura apicale della Gazzetta del Mezzogiorno, con la quale ancora collabora, giornalista militante che ha avuto il merito, tra gli altri, di costruire una cronaca e un dibattito preciso e accurato di ciò che avveniva nell’arte in Italia e all’estero a livello internazionale. Lo abbiamo intervistato. 

Intervista a Pietro Marino 

Taranto è una città vivacissima, eppure spesso viene ricordata solo per episodi di cronaca o per ciò che ha a che vedere con l’ex Ilva. Che ritratto emerge della città nel tuo libro? 
Un ritratto mobile, sfaccettato, problematico. Mutante, nel corso del mezzo secolo che ha occupato la mia ricerca. Cercando di tracciarlo attraverso le vicende dell’arte, non ho potuto fare a meno di notare che proprio le vicende dell’Acciaieria, dal successo alla crisi, ne hanno modificato profondamente i tratti. Di una bellezza antica, struggente persino, ma vitale perché innamorata del nuovo. Adesso, sfigurata come una amante tradita, deve rifarsi una vita senza cadere nell’illusione che basti specchiarsi nel passato o rifarsi il trucco. 

Qual è stato il contributo di Alessandro Leogrande nel delineare una immagine diversa della Puglia e della città? 
Posso riassumerlo citando il suo pensiero (da Fumo sulla città, 2013, Feltrinelli) col quale ho voluto chiudere il mio libro, perché secondo me riguarda anche l’arte contemporanea in Puglia. Parlando proprio delle conseguenze della crisi dell’Ilva, ammoniva: “Il bivio di fronte al quale Taranto è posta non riguarda la sola città. Se essa è stata a lungo lo specchio del Sud…oggi è lo specchio dell’intera Europa, di come cioè nel ventunesimo secolo si possano coniugare salute e lavoro, la salvaguardia del territorio e una vita degna di essere vissuta per tutti. Se ciò non sarà possibile, sarà una sconfitta per tutti”. 

Pietro Marino (foto alessandro piva)
Pietro Marino (foto alessandro piva)

Il periodo storico che attraversi è dagli Anni ’70 ad oggi. Sono tutte esperienze di prima mano quelle che vengono raccontate? 
Se s’intende di prima mano mia, no. Certo, con l’età che mi ritrovo, a molte delle vicende di Taranto ho partecipato sin dagli anni’60 o ne sono stato testimone. Ma la ricostruzione della intera storia – col suo particolare taglio “sociale” – ha richiesto ricerche complesse di documenti, molte letture, molte interrogazioni. Del tutto inedita è la trattazione degli anni 2000. 

Ci sono delle esperienze che sono state secondo te particolarmente significative nella vita culturale ed artistica di Taranto?  
Nella mia narrazione olistica (così potrei definirla) ho cercato di mettere in luce proprio le esperienze più significative per ogni decennio, nei rapporti tra l’arte e le istituzioni – in primis la politica e l’industria – e l’arte e la società. Attribuisco molta importanza – pari dignità, anzi – anche alle iniziative intraprese nel territorio, specialmente a Martina Franca, oltre che a Massafra e Grottaglie. Offrirne una selezione mi pare impossibile. Dico solo le tematiche principali. L’impegno di operatori e di gruppi per dare anche a Taranto “una casa”, strutture e spazi di servizio pubblico per l’arte contemporanea (progetti tutti gloriosamente falliti sinora). Le iniziative e i problemi relativi all’assetto urbano (le piazze storiche, la città vecchia) e all’ambiente. Gli storici contrasti tra innovazione e conservazione nella dinamica dei movimenti culturali. Le diverse risposte degli artisti – anche nei cambi generazionali – nella crisi di transizione dalla “età dell’acciaio” al vagheggiamento mitopoietico del Mediterraneo. Il titolo del libro questo vuole annunciare. Drammaticamente, forse.  

Chi sono state o sono tutt’oggi le figure di riferimento? 
Anche qui, è difficile (direi rischioso) rispondere adeguatamente. Del resto, la mia non è una “storia dell’arte” nel senso formale, né un saggio critico. I personaggi sono tanti, anche migranti o pendolari. Segnalo soltanto che tra i ’70 e i ’90 protagonisti anche a livello problematico sono stati il critico d’arte Franco Sossi e l’artista Nicola Carrino. Una sorta di controcanto è stata espressa dall’artista Vittorio Del Piano, polemico promotore di iniziative. Dai ’90 ad oggi ha assunto spicco l’impegno molteplice – come artista, docente, operatore socioculturale – di Giulio De Mitri, mentre gli esponenti di nuove generazioni si sono dispersi in più rivoli. Metterei nel conto anche l’attivismo silenzioso ma incisivo della collezionista Lidia Carrieri e della sua Fondazione a Martina Franca. 

In che modo la tua esperienza di giornalista ti ha aiutato nella scrittura di questi testi? 
Piu che aiutato, persino guidato. Lo stile narrativo mi è parso necessario anche per dare rilievo, animare il fitto archivio “da guida telefonica” – mi ha detto qualcuno – di nomi (con un indice sterminato) e date, di eventi e mostre. Chiaramente giornalistici sono i titoli dei capitoli e i numerosi titoletti dei paragrafi che li scandiscono.  

Cosa può fare oggi l’arte contemporanea per Taranto secondo te? 
Secondo me non tocca al critico precettare la libertà creativa degli artisti. Operatori del sistema dell’arte, amministratori e politici possono/devono piuttosto impegnarsi a cercare insieme risposte progettuali corrette e coerenti rispetto ai tempi in cui viviamo, al bisogno di strutture e iniziative stabili, capaci di sostenere e promuovere in autonomia e con competenza la cultura dell’immaginario, connettendo passato e futuro in tutte le sue forme visive. Strategia fondamentale per ricostruire l’identità di Taranto nel nostro tempo e nello spazio suo proprio. Ma questo è un mio mantra che a Bari non ha avuto ascolto. Per Taranto e per la Puglia mi auguro di cuore che vada meglio. 

Santa Nastro 

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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