Matera 2019 inizia a dicembre
Matera 2019 ha lo sguardo proiettato in avanti. Certo, si celebra tutto quanto è stato fatto nei mesi scorsi, ma anche e soprattutto si guarda al futuro.
Si avvicina il giorno in cui Matera 2019 festeggerà, insieme a tutti i cittadini, la conclusione di un’esperienza emozionante come quella della Capitale Europea della Cultura. L’appuntamento è fissato per venerdì 20 dicembre alla Cava del Sole, con una grande festa che richiama specularmente quella che si tenne dodici mesi fa per inaugurare l’anno.
UNA FESTA DI IMMAGINI E SUONI
A rendere letteralmente visibili i risultati di Matera 2019 verranno a supporto, nel corso della festa, un’ora e mezzo di immagini tratte dalle oltre novanta ore filmate nel corso di cinquecento eventi che si sono svolti nella città dei Sassi: un numero abnorme, che però costituisce “soltanto” la metà degli appuntamenti realizzati nel corso dell’anno, esattamente dal 19 gennaio al 19 dicembre 2019.
Ma non ci saranno solo le immagini: a celebrare l’anno di Matera sono annunciati anche grandi nomi della musica, sui quali vige – nel momento in cui scriviamo – ancora il massimo riserbo. Tre musicisti italiani e due europei performeranno per circa 20 minuti ciascuno sulle immagini di fondo, fino al concerto conclusivo che vedrà i cinque talenti insieme sul palco.
Insomma, nessuno spoiler per non guastare la festa. Chiaro invece l’obiettivo, come spiegano dalla Fondazione Matera Basilicata 2019: “Raccontare come la musica, linguaggio universale con cui si sono aperte le celebrazioni di Matera 2019, abbia cambiato il suo modo di essere dal passaggio dall’analogico al digitale”.
TRA UTOPIA E FUTURO REMOTO
Tredici giorni prima, il 7 dicembre, sempre alla Cava del Sole, sarà il momento per ragionare in maniera meno frenetica proprio sul rapporto fra digitale e cultura, con una grande conferenza che metterà a confronto specialisti e protagonisti – e ancora una volta i cittadini – di questa lunga e coinvolgente avventura.
Ma perché proprio la musica è esemplare in questa transizione e interconnessione fra analogico e digitale in campo culturale? Fino all’avvento dei supporti di registrazione – dal seminale fonautografo di Édouard-Léon Scott de Martinville del 1857 al magnetofono, passando dai supporti più diversi come il vinile, l’audiocassetta e il CD –, la musica era pura immaterialità.
Lo sguardo è proiettato in avanti: certo, si celebra tutto quanto è stato fatto nei mesi scorsi, ma anche e soprattutto si guarda al futuro.
Quello che stiamo iniziando a comprendere è che il Novecento è stato soltanto una piccola parentesi in un percorso che è presto tornato a essere privo di fisicità: basti pensare alla smaterializzazione sempre più ampia della musica e della sua diffusione, da YouTube a Spotify.
Si tratta di una utopia o della sua versione da incubo, una distopia? Come al solito, si può osservare questa ennesima rivoluzione da punti di vista diametralmente opposti. Certo, c’è la distopia che riguarda ad esempio la difficoltà per gli artisti a vedersi riconosciuti i legittimi diritti di proprietà intellettuale; ma, d’altro canto, il live, il concerto dal vivo, l’esecuzione in presenza degli autori sono fenomeni che hanno riacquistato una centralità fondamentale.
UN ANNO LUNGO UN SECOLO
Se a fare da collante principale fra le iniziative del 7 e del 20 dicembre sarà dunque la musica, le due settimane conclusive di Matera 2019 saranno punteggiate da inesauste iniziative, tutte sotto il comune denominatore dell’Open Culture Festival. Nel corso del quale si potrà partecipare ai workshop organizzati da grandi player della comunicazione e tecnologia digitale, alla presentazione di alcune start-up nate durante il 2019 e al passaggio di testimone con Galway e Rijeka 2020, le prossime Capitali Europee della Cultura.
Lo sguardo, è evidente, è dunque proiettato in avanti: certo, si celebra tutto quanto è stato fatto nei mesi scorsi, ma anche e soprattutto si guarda al futuro. Tutto proiettato in avanti è allora Matera 3019, un progetto – come raccontano gli ideatori – “sull’ascolto delle parole e delle suggestioni dei giovani, provenienti dall’Italia e da diversi Paesi europei, lavorando sul divario sempre più forte che vivono gli adolescenti, fra il mondo virtuale del digitale e quello corporeo del reale”. Un ascolto che si tradurrà in testi, voci, immagini e che, come una miscela ben dosata, precipiterà in una pièce teatrale, un “gioco performativo” in cui “ai ragazzi verrà richiesto di lavorare alla creazione di azioni collettive che dialogano e sviluppano i temi portanti dello spettacolo, e ad azioni che ‘incontreranno’ la città anche nella dimensione del flashmob attraversi brevi incursioni teatrali”. A coordinare il progetto, il Teatro delle Forche e la Scuola Open Source, con la direzione artistica di Giancarlo Luce e la regia di Gianluigi Gherzi.
– Marco Enrico Giacomelli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati