10×10 Ballocco / Grignani / Veronesi. Dieci anni della galleria 10 A.M. ART
Nel gennaio del 2024, 10 A.M. ART festeggerà i propri primi dieci anni di attività.
Comunicato stampa
Dal 30 novembre 2023 al 23 febbraio 2024 la galleria 10 A.M. ART di Milano, nella sua sede di corso San Gottardo 5, organizza la mostra 10×10 Ballocco / Grignani / Veronesi. Dieci anni della galleria 10 A.M. ART.
Così scrive il curatore Paolo Bolpagni:
Nel gennaio del 2024, 10 A.M. ART festeggerà i propri primi dieci anni di attività. Nell'occasione, oltre all'elaborazione di un nuovo logo che accompagnerà d'ora in poi l'immagine della galleria, condensando graficamente l'idea della coerenza della ricerca, dell'immediatezza e della semplificazione formale, è stata concepita una mostra che pone a confronto tre artisti storicizzati e della stessa generazione, accomunati dall'aver gravitato su Milano e dall'esser stati sperimentatori, precursori nei rispettivi campi e fautori di un legame fra la pittura e il design:
Mario Ballocco (1913-2008), Franco Grignani (1908-1999) e Luigi Veronesi (1908-1998).
Peraltro si tratta di figure su cui si è concentrato precocemente il lavoro di promozione e valorizzazione storico-critica portato avanti dalla galleria 10 A.M. ART, definendone la linea, oggi ben riconoscibile.
Esponenti dell'aniconismo, ma ognuno in chiave innovativa, Ballocco, Grignani e Veronesi approdano in momenti differenti a questo linguaggio. Dobbiamo considerare che in Italia l'astrattismo, che pure aveva conosciuto le precoci sperimentazioni di Romolo Romani, Giacomo Balla e Alberto Magnelli, si era manifestato piuttosto in ritardo rispetto ad altri Paesi europei: durante gli anni Venti soltanto alcuni Futuristi (penso a Prampolini e a Fillia) avevano tentato - in parallelo, comunque, a soluzioni meno radicali - la via della non-figurazione. Nel decennio successivo, invece, si radunano in Lombardia due importanti nuclei di elaborazione di un idioma pittorico compiutamente astratto-concreto, allineato alle coeve esperienze straniere (soprattutto francesi): uno raccolto a Milano intorno alla Galleria Il Milione, gestita dai fratelli Peppino, Livio e Gino Ghiringhelli; l'altro sviluppatosi nella vicina Como (patria, si ricordi, di Antonio Sant'Elia) grazie all'opera di artisti quali Manlio Rho, Mario Radice, Aldo Galli e Carla Badiali (ma pure con il significativo contributo indiretto degli architetti Giuseppe Terragni, Cesare Cattaneo e Alberto Sartoris).
Dei tre, però, soltanto Veronesi è in contatto, e da "marginale", se così si può dire, con il gruppo del Milione; Ballocco, allievo di Aldo Carpi, è ancora attestato su posizioni diverse, figurative, mentre Grignani approda a un personale astrattismo di sapore costruttivista per via sperimentale, quasi da isolato.
Nel dopoguerra i rispettivi cammini si avvicineranno: da un lato l'aniconismo "originario" sviluppato dal 1948 - al rientro dall'Argentina - da Ballocco e l'accostamento di Veronesi al M.A.C. e poi a una sensibilità vagamente informalista; dall'altro, già a partire dal 1949, le indagini di Grignani intorno ad aspetti tissurali di subpercezione, distorsione e induzione. Lui e Ballocco, in questo, negli anni Cinquanta saranno i due grandi precursori italiani (e non soltanto) delle ricerche cinetiche e optical che sarebbero in seguito esplose, quasi come una moda, con la nascita dei vari gruppi e collettivi che aderiranno alla "Nuova Tendenza".
Veronesi, dal canto suo, tornerà al nitore delle proprie composizioni geometriche, ma senza tentare l'indagine dei fenomeni percettivi analizzati invece dai due colleghi. Ad accomunare tutti e tre, al di là di un eventuale fascino esercitato su di loro dall'esthétique du nombre e dalla possibilità di basare certi equilibri formali su determinate proporzioni, sta l'amore per il numero e per la razionalità strutturale, derivante dalla profonda consapevolezza del caos e del mistero del mondo "apparente", fenomenico, rispetto a un'altra realtà - quella astratta, cioè dell'arte - che la mente riesce a inventare, costruire e proporre secondo infinite armonie, e nella quale, davvero, è possibile trovare un ordine universale, quello stesso che i Greci avevano individuato nella sezione aurea, e i maestri del Quattrocento toscano nella "divina proporzione".
L'idea di una pittura basata sull'espressione numerica, che ha avuto il suo padre moderno in Seurat, e che nel Novecento è stata incarnata soprattutto da alcune declinazioni dell'astrattismo, in Ballocco, Grignani e Veronesi si configura dunque alla stregua di un "antidoto", di una certezza da opporre all'inconoscibilità del reale. Perciò l'armonia instabile e "cinetica" delle loro opere, se da una parte è il riflesso di una fiducia cartesiana nel raziocinio scientifico, dall'altra comunica un'immagine della vita in quanto enigma: se mi si passa la metafora, è come se nei lavori dei tre artisti le forme - proprio alla pari di noi esseri umani - vivessero nello spazio senza conoscere da dove vengono e in quale direzione vanno.
Un ulteriore fattore di collegamento tra Ballocco, Grignani e Veronesi è costituito, lo si anticipava, dal loro essere pittori e insieme designers e grafici, senza distinzioni gerarchiche tra i diversi rami d'attività. L'aspirazione a non lasciar spazio all'espressività soggettiva, alla spontaneità e all'intuizione arbitraria li accomuna: ogni opera è un oggetto, spesso dotato di facoltà analitiche, costruito sulla base di norme precise, di un sistema prestabilito, meditato e calibrato con esattezza e consequenzialità scientifica; e non significa nient'altro che se stesso. L'elemento più importante è che si attenga alla regola individuata, secondo un'originale applicazione del motto kepleriano «ubi materia ibi geometria», alludente all'intima misteriosa struttura che innerva la natura e il cosmo.