54. Biennale – Padiglione siriano
Alla sua terza presenza “veneziana” alla 54a Biennale, la Siria, fiera della sua eredità nazionale e spinta dal desiderio di dimostrare attraverso le arti figurative il Cuore perennemente proteso alla “lotta” del suo popolo, invita artisti in grado di individuare la stridente contraddizione che nasce tra soggettività (desideri) ed oggettività (quotidianità non facile da essere vissuta), alla base della crescente psicosi post-moderna.
Comunicato stampa
Siria, paese d’incanto e d’incanti… in continua Evoluzione…
Dopo la sua effettiva indipendenza nell’aprile del ’46 dalle truppe francesi ed inglesi, indipendenza che contribuì allo
sviluppo di una coscienza nazionale ed artistica, l’arte siriana si distinse negli anni a seguire per i suoi profondi legami
con la tradizione e per il prevalere delle tendenze realiste attraverso l’analisi dettagliata della vita “comune”, percepita dallo
sguardo dimesso della gente “comune”.
Padiglione della Repubblica Araba Siriana
alla 54. Esposizione Internazionale d'Arte - la Biennale di Venezia
La pittura contemporanea della Siria, positivamente contagiata dalle esperienze moderniste ed accademiche europee
(maestri arabi che avevano studiato sia in Italia che in Francia) ma capace di “armonizzare i principi estetici tradizionali
con un’esecuzione del tutto originale”, si inserisce mirabilmente in una corrente “del Vero” sempre incline al costante e
fremente cambiamento (Evoluzione, dunque) tipico di un paese e di una cultura al centro di pensieri e civiltà molto
diverse fra loro (asiatica, africana, europea).
Alla sua terza presenza “veneziana” alla 54a Biennale, la Siria, fiera della sua eredità nazionale e spinta dal desiderio di
dimostrare attraverso le arti figurative il Cuore perennemente proteso alla “lotta” del suo popolo, invita artisti in grado di
individuare la stridente contraddizione che nasce tra soggettività (desideri) ed oggettività (quotidianità non facile da essere
vissuta), alla base della crescente psicosi post-moderna.
Bambini “abbandonati” su ipotetiche “scacchiere” sognanti un’infanzia migliore e non “costrittiva” sono alla base della
pittura di Nemat Badawi; volti scomposti e senza pace per Sabhan Adam; fin troppo fieri e pensierosi per Rima
Salamoun; e ancora l’attaccamento al tradizionale stile decorativo rivisitato in chiave moderna quale metafora di un
perfetto e complicato labirinto mentale “chiuso in se stesso” e senza via d’uscita nelle opere di Talal al-Abdalla; semplici
ed intime immagini sacre od oggetti-simbolo per Nizar Sabour, dalle spiazzanti e seducenti cromie arabeggianti che
sospese nell’aria infondono un intimo calore a chi le osserva. Secondo il critico siriano Salah ad-Din Muhammad “il
realismo offre vasti orizzonti allo sviluppo della personalità dell’artista”, e sembra essere l’unica forma d’arte possibile
“in grado di riflettere lo spirito del nostro tempo”. E da questa Contemporaneità, ora con la maiuscola, nasce il trait
d’union tra il Reale siriano e quello italiano, in dicotmia evolutiva (Evoluzione, ancora una volta), qui con forza
rappresentato dalle figure artistiche internazionali invitate al Padiglione. Ampie e lungimiranti visioni del mondo nel
vivace astrattismo di Salvo Pastorello in “contrasto” con le passeggiate emozionali, acustiche e cromatiche che
s’incuneano in moti d’ansia di Piero Mottola, o i drammi dell’artista come entità oscillante tra sociale ed irreale,
egualmente inadatti, nelle installazioni e nelle tele di Beppe Bonetti. Di pari angoscia il site specific di metamorfosidenuncia
del reale dell’“evoluzionista concettuale” PG-SLIS o la presa di coscienza di una crescente massificazione
“cerebrale” dei tanti uomini non-pensanti, e servitori di idee altrui, nell’opera di Ivan Lardschneider; per naufragare, come
ancora di salvezza nello spiritualismo e nella sensorialità di Bernard Aubertin che, attraverso la sua tecnica di distruzione
della superficie, ne traduce plasticamente la dinamicità, con “l’ardente” fine di non separare mai il privato dal pubblico. E
se l’Arte, vittima del fuoco catartico, ritrova così le sue origini, sarà attraverso il linguaggio dell’acqua di Renato
Mambor e delle sue sagome di uomini statici, icone della cultura massmediale, l’inizio di una sua (E)voluta rinascita,
capace di dispiegare a chi l’ammira i consacrati misteri di Bellezza e Tormento.
Christian Maretti