58. Biennale – Padiglione albanese
Partecipazione alla 58esima Esposizione Internazionale d’Arte de La Biennale di Venezia, della Repubblica dell’Albania, con Maybe the cosmos is not so extraordinary, un progetto dell’artista Driant Zeneli, curato da Alicia Knock.
Comunicato stampa
Fin dove ci possiamo spingere per oltrepassare i nostri limiti senza diventare supereroi? La realtà effettiva
può equilibrarsi con quella dell’immaginario? Al centro della ricerca di Driant Zeneli si trova la ridefinizione
delle idee di fallimento, utopia e sogno. Tramite la narrazione filmica e la performance, l’artista indaga
l’ossessione dell’essere umano per il superamento dei propri limiti, dando risposte alternative alla fragilità
dell’uomo e del pianeta terra, e sfidando la distanza e i rapporti tra uomo e spazio, materia e sogno, gravità
e controllo.
Maybe the cosmos is not so extraordinary (2019), è un’installazione che combina video e scultura, risultante
da un progetto multidisciplinare intitolato Beneath a surface there is just another surface, iniziato nel 2015 al
Metalurgjik, un complesso industriale distopico, ad Elbasan, Albania. L’opera, e il titolo, derivano dal
racconto di fantascienza Sulla via per l’Epsilon Eridani (1983) dello scrittore e fisico albanese Arion
Hysenbegas.
L’installazione presenta un film a due canali ambientato nelle miniere di Bulqize, una città a Nord-Est del
paese, dove, dal 1918, viene estratto il minerale del cromo. Questo rappresenta una risorsa chiave per lo
sviluppo industriale dell’Albania ed è alla radice di conflitti economici e politici nel Sud del mondo. Il film
mette in scena la scoperta, da parte di un gruppo di adolescenti di Bulqize, di una capsula cosmica che
segue il percorso del cromo: dall’estrazione e lavorazione all’interno della fabbrica fino alla sua esportazione
e utilizzo a livello globale. Questo viaggio spaziale «geopolitico», tuttavia, trasforma questo luogo industriale
ambiguo e drammatico in uno spazio ambivalente di collasso e decollo. Un drone accompagna i
personaggi durante il viaggio spaziale, mentre l'eco incrociata delle voci di Bujar e Flora, i due protagonisti
del capitolo precedente della trilogia, risuonano dall'alto. Citando il racconto scientifico e letterario di
Hysenbegas, instillano un ritmo parallelo nella narrazione filmica.
Tramite un duplice racconto, una coreografia precisa d’immagine e suono, la fabbrica non solo appare
come un sito industriale o un centro geopolitico, ma anche come una forza visualmente performativa.
L’estrazione del cromo diventa un’immagine scultorea ipnotica e l’intero stabilimento si traduce così in una
luce intensa e un’installazione filmica sonora ‘‘parallela’’, inserita organicamente nelle pareti dell’Arsenale. In
questo ambiente produttivo e immersivo, Driant Zeneli intende creare una tensione tra una realtà oppressiva
nascosta e uno spazio utopico di possibilità e liberazione.
Maybe the cosmos is not so extraordinary prova a rivelare la possibilità dell’ordinario in maniera tangibile,
anche nei suoi aspetti più bui, per ampliare la nostra esistenza.
Driant Zeneli (1983, Scutari, Albania), vive e lavora tra Tirana e Milano. Nel 2008 ha vinto l’Onufri
International Contemporary Art Prize, Tirana; nel 2009 il Young European Artist Award Trieste
Contemporanea. Nel 2017 il MOROSO Prize, Italia. È stato il direttore artistico della Biennale di
Mediterranea 18, la Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo che ha avuto luogo nel 2017
tra Tirana e Durres. È co-fondatore di Harabel Contemporary Art Platform, Tirana. Ha esposto a: GAMeC,
Bergamo, (2019); Passerelle, Centre d’Art Contemporain, Brest, (2018); Mostyn Gallery, Wales, UK (2017);
MuCEM, Marsiglia, (2016); Academie de France, Villa Medici, Roma (2016); Centre Pompidou, Parigi (2016);
MSFAU Tophane-i Aime, Istanbul, (2016); Prometeogallery di Ida Pisani, Milano (2018; 2015; 2010); IV Bienal
del Fin del Mundo, Cile (2015); Viafarini, Milano (2014); GAM, Galleria d’Arte Moderna di Torino (2013);
White House Biennial, Atene (2013); KCCC, Klaipeda, Lituania (2013); ZKM, Karlsruhe (2012); MUSAC,
Castilla León, Spagna, (2012); TICA, Tirana (2012); Prague Biennale 5, Praga (2011); 98 weeks Project
Space, Beirut (2011); Trongate 103, Glasgow (2011); Galleria Nazionale del Kosovo, Pristina (2010); Museo
d’Arte Contemporanea Villa Croce, Genova (2009); Galleriea Nazionale di Tirana (2008).
Alicia Knock, curatrice al Centre Pompidou di Parigi nel dipartimento di arte contemporanea e prospettiva
creato e diretto da Christine Macel, si occupa dell’espansione delle collezioni e dell’apertura del
museo nei confronti di Africa ed Europa Centrale, tramite mostre ed acquisizioni. Esplora nuovi formati di
esposizione e di metodi di lavoro, indagando lo spazio museale tramite progetti multidisci- plinari (Harmony
Korine, 2017). Responsabile delle mostre recenti del premio Duchamp (Kader Attia, Yto Barrada, Ulla von
Brandenburg e Barthélémy Toguo, 2016; “The most foreign country”, artiste donne del premio Duchamp,
Fondazione Fernet Branca 2017; Maja Bajevic, Joana Hadjithomas e Khalil Joreige, Charlotte Moth, Vittorio
Santoro, 2017), partecipa attivamente allo sviluppo del nuovo project space del Pompidou, la Galerie 0, che
intende diventare un laboratorio per nuove pratiche (Museum On / Off, 2016).
Catalogo, Alicia Knock (ed.), Driant Zeneli. Maybe the cosmos is not so extraordinary, Mousse publishing,
2019, inglese/albanese. Autori: Leonardo Bigazzi, Claudia Buizza, Nicolas Chanon, Maja C ́ iric ́, Daphnée
Denis, Avni Dibra, Em’kal Eyongakpa, Marina Fokidis, Petrit Halilaj, Hiwa K, Binelde Hyrcan, Arion
Hysenbegas, Alicia Knock, Harmony Korine, Hayoun Kwon, Jimena Mendoza, Lala Meredith-Vula, Thabang
Monoa, Temitayo Ogunbiyi, Iheanyichukwu Onwuegbucha, Adrian Paci, Cesare Pietroiusti, Pratchaya
Phinthong, Wilfredo Prieto, Raqs Media Collective, Gabi Scardi, Emilija Škarnulyte ̇, Monika Szewczyk, Lekë
Tasi, Feodosiy Tetianych, The Alien, Thu Van Tran, Driant Zeneli, Martin Zet.