A Bartleby
Esposizione collettiva.
Comunicato stampa
A Bartleby
Esposizione collettiva
25 settembre – 6 novembre
Marie Denis (FR, 1972)
Igor Eškinja (HR, 1975)
Léonard Martin (FR, 1991)
Davide Sgambaro (IT, 1989)
Lucia Veronesi (IT, 1976)
Galleria Alberta Pane
Dorsoduro 2403H, Calle dei Guardiani
30123, Venezia
041 5648481
Martedì – sabato
10.30-18.30
Bartleby, il mite, pallido ed emaciato scrivano di Melville, è quell’uomo senza referenze, beni e particolarità, che oppone una silenziosa, passiva e impavida resistenza alle richieste dell’uomo di legge per cui lavora. È una figura “pallidamente linda, penosamente decorosa, irrimediabilmente squallida”, ma dalla voce “flautata”, che attraverso la Formula I would prefer not to (preferirei di no), pronunciata assiduamente, innesca nella novella un meccanismo di enigmatica sospensione tra l’essere e il non essere, tra la parola e l’azione, tra il sensibile e l’intelligibile, portando il linguaggio e i personaggi a oscillare in un vuoto vorticoso e silente: una sospensione, intesa come condizione di pura potenza, sul limes del divenire di tutte le possibilità, che ricorda quella dei filosofi scettici.
Le opere dei cinque artisti scelti per A Bartleby, esposizione collettiva in mostra dal 25 settembre alla Galleria Alberta Pane di Venezia, incarnano queste suggestioni, in quanto essenzialmente liminali per tecniche, concetti e forme.
Installazione o fotografia? Tela o performance? Scultura oppure opera a parete? Il visitatore è continuamente sfidato e stimolato a indagare la natura contingente di quello che osserva, che trova altresì proprio in questa apparente indiscernibilità i suoi presupposti.
Le opere vegetali di Marie Denis fissano la condizione transitoria dell’elemento naturale: tra passato e futuro, racchiuso da vetri o scatole, un universo sensibile e poetico è reso imperituro e al tempo stesso pare esserci per il solo qui e ora. Poste a terra e appese al muro, le sue opere (sculture, installazioni, éstampes su carta e opere su vetro) intessono un continuo e sempre rinnovato dialogo con lo spazio e il fruitore.
Il ruolo del fruitore è essenziale anche nelle opere di Igor Eškinja, artista croato che costruisce la sua visione artistica nel sottile punto d’incontro tra la materialità e l’immaterialità, tra la bidimensionalità e la terza dimensione, nella tensione tra la pluralità e il vuoto, in una sfida di limiti e possibilità della percezione.
Installazioni fatte di materiali transitori si accostano alla loro rappresentazione sotto forma fotografica, in un gioco straniante di realtà, in cui spesso il vuoto è elemento sostanziale.
Silenzio e quiete caratterizzano gli ambienti dipinti su tela da Léonard Martin: gli elementi scenografici rappresentati, in apparenza inerti e statici, incarnano invero le possibilità di una storia passata e, nel contempo, quelle di un’esperienza non ancora avvenuta. Sculture mobili giganti, che come marionnettes contemporanee traghettano nel presente storia e arte del passato, accompagnano spesso, quali installazioni o video, le opere dell’artista. Tra scultura e performance, tra staticità e movimento, tra video e installazione, le opere di Léonard Martin svelano quindi una narrazione senza tempo, che scorre osmoticamente tra medium ed epoche.
Oltre che per una duplice natura di atto performativo e pittorico, le opere in mostra di Davide Sgambaro riecheggiano visualmente le parole dello scritto di Melville nell’ironica, eppure desolata, constatazione della condizione di precarietà dell’uomo contemporaneo. Nei suoi lavori l’artista affronta, attraverso diversi media, timori, inadeguatezze, credenze della società.
Proprio l’ambiente sociale e quello dell’intimità, l’esterno e l’interno, l’assenza, che è in realtà forte presenza sono i binari su cui si muove la pratica artistica di Lucia Veronesi, in un perpetuo divenire in cui l’accumulo di tecniche e materiali cela, modifica e disvela, come nel caso della serie Cuore solitario in mostra.
Se Bartebly, nella sua condizione esistenziale di assurda im-mobilità, cessa persino di svolgere la sua attività di copista, venendo meno alla trascrizione pedissequa della parola e innescando un circolo infinito di sospensione, gli artisti in mostra fanno di questo terreno fertile e indeterminato la fonte di tutte le determinazioni, che spetta al visitatore scoprire, percepire, definire come forma e pensiero.