A personal view of Abstract painting and sculpture
La Galleria Fumagalli presenta la mostra Enrico Castellani, Robert Mangold, Robert Morris, Kenneth Noland. A personal view of Abstract painting and sculpture a cura di Hayden Dunbar, con la quale inaugura la nuova sede, nel cuore del capoluogo lombardo.
Comunicato stampa
La storica Galleria Fumagalli di Bergamo, sotto la guida della gallerista, curatrice e critica d’arte Annamaria Maggi, apre la sua sede a Milano e dà il via a una nuova stagione artistica, con l’obiettivo di inscriversi tra i punti di riferimento e di incontro nella città dedicati all’arte contemporanea. Un percorso avviato molti anni or sono a Bergamo e che oggi approda nei suggestivi spazi di una corte interna di un palazzo nel cuore del capoluogo lombardo, in zona Turati.
La Galleria Fumagalli nasce a Bergamo nel 1971. Dal 1991 la galleria è stata diretta da Stefano Fumagalli e Annamaria Maggi i quali hanno scelto di seguire un programma storico sull'arte informale, sull'arte povera e sull’astratto, senza trascurare uno sguardo anche all'arte più giovane e rappresentando alcuni grandi artisti del XX secolo. Dal 2007 in poi la direzione è affidata ad Annamaria Maggi.
La galleria inaugura con una mostra collettiva dal titolo: Enrico Castellani, Robert Mangold, Robert Morris, Kenneth Noland. A personal view of Abstract painting and sculpture, a cura di Hayden Dunbar. La mostra sarà aperta al pubblico da giovedì 26 maggio a sabato 10 settembre 2016.
L’esposizione nella nuova sede milanese fa parte di un calendario culturale che è la naturale prosecuzione delle attività della Galleria, la quale, a partire dal 1991, si è impegnata nel sostegno e nella promozione dei migliori talenti artistici italiani e internazionali. In 25 anni di attività la Galleria Fumagalli ha presentato 65 personali e 25 collettive, pubblicato oltre una cinquantina di volumi e collaborato con Musei e Istituzioni italiane e straniere. Oggi, l’apertura degli spazi milanesi di via Bonaventura pone le basi per una nuova stagione, rinsaldando il forte legame con gli artisti che hanno collaborato in passato con la Galleria Fumagalli, proseguendo l’indagine di altri contesti culturali, con particolare attenzione all’Astrattismo, alla Body Art, al Minimalismo e all’Arte Concettuale, sino a uno specifico lavoro di ricerca e sostegno mirato ai giovani talenti.
La programmazione della Galleria rispecchia la molteplicità degli studi in ambito storico-artistico della sua direttrice. Il calendario proporrà mostre personali e collettive di artisti “storici”: all’esposizione inaugurale dedicata a Castellani, Mangold, Morris e Noland seguirà una personale dell’artista Jannis Kounellis il prossimo ottobre, mentre per febbraio 2017 è prevista un’esposizione dedicata all’artista concettuale Maurizio Nannucci.
A questo filone si affiancherà quello dedicato all’indagine sui grandi protagonisti della storia dell’arte. Collezionisti, curatori o galleristi che con la loro visione e il loro impegno hanno saputo scrivere pagine importanti nella crescita e nello sviluppo dell’arte contemporanea. Quest’ambito di ricerca si aprirà a maggio 2017 con l’omaggio a una figura chiave nella storia dell’arte: quella di Seth Siegelaub. Curata da Marco Meneguzzo, la mostra fa luce sulla storia del gallerista, curatore e storico dell’arte, celebre per il suo contributo alla diffusione dell’arte concettuale nella New York degli anni ’60.
La Galleria Fumagalli attiverà poi il proprio impegno nei confronti dei giovani artisti e dei nuovi linguaggi: nel gennaio 2017 ospiterà una live performance - installazione dell’artista Maria Elisabetta Novello (Vicenza, 1974), ed è in via di definizione un progetto con l’artista Chiara Lecca (Modigliana – FC, 1977).
La Galleria proseguirà la propria attività culturale presentando nel settembre 2016 il volume Works and Video 1968 -1972 dell’artista statunitense Dennis Oppenheim, pubblicato da Skira Editore, e la video - performance Die Hamletmaschine, basata sul testo di Heiner Müller, con scene di Jannis Kounellis, regia di Theodoros Terzopoulos e suono di Panayiotis Velianitis, interpretata da Sophia Hill.
La Galleria Fumagalli sarà inoltre presente al Miart Art Fair dall’8 al 10 aprile 2016, dove presenterà una mostra di arte concettuale con lavori di Enrico Castellani - artista “storico” della Galleria -, Maurizio Nannucci, Giovanni Anselmo, Maurizio Mochetti, Joseph Kosuth e Carl Andre.
La mostra inaugurale: Enrico Castellani, Robert Mangold, Robert Morris, Kenneth Noland. A personal view of Abstract painting and sculpture.
A cura di Hayden Dunbar.
Dal 26 maggio al 10 settembre 2016.
La Galleria Fumagalli presenta la mostra Enrico Castellani, Robert Mangold, Robert Morris, Kenneth Noland. A personal view of Abstract painting and sculpture a cura di Hayden Dunbar, con la quale inaugura la nuova sede, nel cuore del capoluogo lombardo.
La mostra raccoglie il lavoro di quattro artisti fondamentali per l’arte del secondo dopoguerra: Enrico Castellani (1930, Castelmassa), Robert Mangold (1937, North Tonwanda, Stati Uniti), Robert Morris (1931, Kansas City, Stati Uniti) e Kenneth Noland (1924- 2010, Asheville, Stati Uniti). Quattro maestri il cui lavoro presenta linguaggi ed esiti differenti, ma accumunati da un percorso che prende il via dall’espressionismo astratto per arrivare a nuove forme radicali di astrazione, sviluppate da ognuno di loro in modo indipendente e personale.
Enrico Castellani, Robert Mangold, Robert Morris, Kenneth Noland. A personal view of Abstract painting and sculpture propone uno spaccato delle esperienze artistiche astratte degli anni ’60-’80.
Sebbene la loro ricerca presenti significative differenze, molti sono i punti di contatto nella poetica degli artisti di questa mostra. Un esempio è dato dall’utilizzo delle forme geometriche, proposte anche in versione irregolare. Castellani le utilizza con i Baldacchini degli anni ’60; con le estroflessioni a schema geometrico e più tardi, facendo ruotare sul proprio asse più opere in sequenza, Noland la sperimenta in particolare con gli Shaped Canvas o Irregular Shaped in cui è la stessa forma della telaio ad assumere una forma geometrica in accordo con la geometria interna, Robert Morris declina le forme geometriche irregolari nei Felt degli anni ‘70/’80, in cui larghe porzioni di materiale vengono composte o ritagliate dando alla forma un aspetto più libero, mentre Robert Mangold usa schemi geometrici decostruiti, asimettrici, innervati da linee di grafite e forme insolite.
Anche nell’utilizzo del colore si possono trovare corrispondenze: Castellani, Mangold, Morris e Noland ricorrono frequentemente a superfici monocrome e abbandonano i colori primari.
Castellani predilige il bianco; Noland usa tutti i colori fuorché i primari; Mangold adotta i colori secondari e terziari, in tonalità pastello; Morris predilige l’acciaio specchiante nelle sue sculture, il nero e il bianco e il grigio nei Feltri della prima produzione e in seguito i colori secondari.
Altre analogie si trovano nel modo in cui i quattro artisti ripensano radicalmente il rapporto dell’opera con l’ambiente circostante. Sia in Castellani sia in Mangold sia in Noland la pittura, asciugata fino alle sue componenti strutturali, porta l’attenzione dello spettatore verso l’esterno, oltre i limiti della tela: l’opera non è a se stante, ma parte di un tutto. Un concetto ancora più evidente nell’opera di Robert Morris, il quale nel 1965 posiziona dei cubi specchianti sul pavimento della Green Gallery di New York: riflettendo lo spazio e il pubblico sulla loro superficie, le sculture si fondono a livello percettivo con l’ambiente. Una ricerca che Robert Morris porterà avanti sino ad approdare alla Land Art.
Il percorso di tutti e quattro converge verso il minimalismo. I Topologemi di Castellani dei primi anni ‘70 sono tele prive di estroflessioni su cui rimangono visibili solo sottili linee di grafite poste a schema geometrico. Sempre negli anni ’70, Noland arriva a una tale sottrazione di elementi geometrici e colori da sfiorare il minimalismo pittorico. Mangold riduce la pittura alle sue componenti essenziali, attraverso il ricorso frequente a superfici monocrome e Robert Morris, con le sue sculture dalle forme primarie diventerà uno dei maggiori capisaldi del Minimalismo.
Quattro stili inconfondibili per una rilettura di uno dei momenti più stimolanti della storia dell’arte del secondo dopoguerra.
Note Biografiche
Enrico Castellani nasce nel 1930 a Castelmassa, in provincia di Rovigo. Vive e lavora a Celleno (Viterbo). Dopo gli studi presso l’Académie des Beaux Arts di Bruxelles, si laurea in Architettura all’Ecole Nationale Supérieure nel 1956. Nel 1957 si stabilisce a Milano e diviene esponente attivo della nuova scena artistica. Dopo prime esperienze di carattere informale, nel 1959 fonda assieme a Piero Manzoni la rivista Azimuth. Nello stesso anno, Castellani realizza la sua prima estroflessione, sondando le potenzialità della superficie della tela in massima tensione: Superficie nera. Al nero succede poi il bianco con i suoi giochi di ombre e luci e la ripetizione seriale di ritmi compositivi: “Il bianco per me non è un colore, ma la sua assenza. Nei miei lavori tendo a essere il più oggettivo possibile. Le opere esistono per se stesse, non sono destinate a trasmettere alcun messaggio”. Numerose le mostre di rilevanza internazionale, fra le quali la Biennale di Venezia nel 1964, 1966, 1984 e 2003, Documenta di Kassel nel 1968, The responsive eye al MoMa di New York nel 1965, Identité Italienne. L’art en Italie depuis 1959 al Pompidou di Parigi e la Biennale di San Paolo del Brasile (1965). Fra le personali si segnalano quelle di Palazzo Fabroni a Pistoia nel 1996, Galleria Civica di Trento nel 1999, Fondazione Prada di Milano nel 2001 e Museo Puskin di Mosca nel 2004. Nel 2010 Castellani ha ricevuto dal Principe Hitachi, Patrono Onorario della Japan Art Association, il più alto riconoscimento nel campo delle arti: il Praemium Imperiale per la pittura. Nel 2012 ha esposto con Günther Uecker a Cà Pesaro di Venezia.
Kenneth Noland nasce nel 1924 ad Asheville, in North Carolina, e muore nel 2010 a Port Clyde, Maine negli Stati Uniti. Studia con Josef Albers e Ilya Bolotowsky al Black Mountain College e nel 1948 è a Parigi nello studio di Ossip Zadkine. Le sue prime opere risentono dell'influenza di Paul Klee, mentre nei primi anni '50 risulta evidente quella di Pollock. Nel 1958 Noland inizia a dipingere anelli di colore prestando molta attenzione alla loro interazione, allontanandosi così dall'Espressionismo astratto e scoprendo una pittura fredda, chiara e pulita, dall’impaginazione piatta e definita. Sulle tele l’artista riporta campiture di colori capaci di creare vibrazioni che sprigionando una sorta di energia espansiva, producendo uno sconfinamento e una dilatazione dell’opera oltre il limite del perimetro. Nel 1963 Noland sostituisce il motivo ad anelli con quello a zig-zag, passando alle serie delle Chevrons e delle Stripes con una pittura radicale incline al Minimalismo. Tra le sue più importanti esposizioni ricordiamo quelle del 1962 alla Galleria dell’Ariete, di Beatrice Monti, al Museo d’Arte Contemporanea della Duke University Durham, Carolina del Nord e al Museo d’Arte Moderna di Città del Messico, entrambe nel 1983. La sua prima retrospettiva, organizzata dal Museo Solomon R. Guggenheim Museum di New York nel 1977, viene esposta anche all'Hirshhorn Museum and Sculpture Garden e alla Corcoran Gallery of Art, Washington, D.C., e al Toledo Museum of Art, Toledo, Ohio. Nel 1995 gli è stato assegnato il North Carolina Award in Fine Arts.
Robert Morris nasce nel 1931 a Kansas City, Missouri. Vive tra New York City e Gardiner, New York. Arruolato durante la guerra di Corea e congedato nel 1953, si trasferisce a San Francisco dove organizza - con la moglie Simone Forti, ballerina e coreografa - laboratori di danza sui movimenti comuni e non coreutici, sui rapporti del corpo con lo spazio, il tempo, il suono e la luce. Nel 1960 Morris si trasferisce a New York, dove frequenta lo Hunter College diplomandosi in Storia dell’arte con una tesi su Constantin Brâncusi. Robert Morris ha sempre manifestato un vivo interesse per il corpo umano e per il suo movimento, nonché per il rapporto percettivo che intrattiene con lo spazio e gli oggetti. Le sue realizzazioni artistiche sono accompagnate da un vasto corpus di saggi e scritti i quali, negli anni Sessanta e Settanta, hanno segnato importanti momenti per la scultura minimalista, la Process Art (Anti Form) e la Land Art (Earthworks). Anche se alcuni dei suoi lavori richiamano nozioni e concetti vicini al Minimalismo e alla Conceptual Art, sarebbe riduttivo inserire e circoscrivere la sua arte all’interno dell’una o dell’altra corrente. Numerosi sono i musei che hanno esposto il suo lavoro, come il Whitney Museum of American Art di New York (1970), l’Art Institute of Chicago (1980), il Chicago Museum of Contemporary Art (1986) e Washington, D.C.’s Corcoran Gallery of Art (1990). Nel 1994 il Guggenheim Museum di New York ha organizzato la maggiore retrospettiva presentata poi al Centre Pompidou di Parigi e al Deichtorhallen di Amburgo. Invitato più volte a Documenta e alla Biennale di Venezia, Morris è noto anche per le installazioni di lavori site specific in numerosi spazi pubblici sparsi nel mondo.
Robert Mangold nasce nel 1937 a Buffalo, New York. Vive e lavora a Washingtonville, New York. Nel 1957 visita il Carnegie International di Pittsburgh, dove scopre le opere di numerosi pittori dell'Espressionismo astratto e un'importante mostra di dipinti di Clyfford Still all'Albright-Knox Art Gallery di Buffalo. Inizia a lavorare a dipinti astratti di grandi dimensioni abbandonando il suo primo interesse per il naturalismo. Nel 1962 si trasferisce a New York, dove lavora prima come addetto alla guardiania e poi alla biblioteca del Museum of Modern Art, incontrandovi artisti quali Robert Ryman e Sol LeWitt. Nel 1964 dà corso ai suoi dipinti minimalisti per i quali diventa noto. Nel 1966 viene inserito nella prima grande mostra di pittura minimalista, "Primary Structures” al Jewish Museum di New York. Nel 1968 sostituisce i colori a olio con gli acrilici, che stende con un rullo su basi di masonite o compensato, per poi passare, nello stesso anno, da basi di tipo industriale alla tela. Nel 1970 inizia a dipingere tele sagomate e a usare i pennelli per stendere il colore. Nelle opere più recenti Mangold impiega le sue note economie espressive di gesto e colore in forme ed elementi come anelli e colonne. Numerose le personali a lui dedicate, per esempio, dal Museo Solomon R. Guggenheim di New York (1971), Museum of Contemporary Art di San Diego (1974), Stedelijk Museum di Amsterdam (1982) e Musée d’Orsay di Parigi (2006).
Annamaria Maggi nasce nel 1966 a Modigliana, in provincia di Forlì-Cesena. Nei primi anni ’90, in conteporanea con gli studi in Storia dell’arte a Bologna - dove si laurea con una tesi su Enrico Castellani e gli anni ’60 nell’arte italiana - comincia a dedicarsi all’amministrazione della Galleria Fumagalli di Bergamo, di cui è titolare. Per la Galleria cura oltre settanta mostre personali e diciassette collettive, lavorando con artisti come Enrico Castellani, Giorgio Griffa, Carla Accardi, Giuseppe Uncini, Kennth Noland, Agostino Bonalumi, Claude Viallat, Lawrence Carroll, Maurizio Nannucci, Maria Elisabetta Novello e Peter Welz. Ha inoltre curato gli archivi di Enrico Castellani, Agostino Bonalumi, Giuseppe Uncini, Giorgio Griffa e Gianfranco Pardi e i cataloghi ragionati: Carla Accardi, testo a cura di Germano Celant, Edizioni Charta 1999 e Giuseppe Uncini, testo a cura di Bruno Corà, Silvana Editoriale 2008.
Ha curato le oltre 60 pubblicazioni realizzate dalla Galleria Fumagalli dal 1991 di cui 10 per musei italiani e internazionali. È inoltre critica, scrittrice, giornalista e curatrice esterna e ha collaborato con alcune riviste d’arte: Segno, Qui Bergamo, Titolo, Juliet e Flash Art.