A Place of One’s Own
Il group show offre una selezione internazionale di diciassette artisti emerging e mid-career, molti dei quali, con opere inedite, per la prima volta in mostra a Roma e in Italia.
Comunicato stampa
A Place of One’s Own
Michael Assiff, Anne Buckwalter, Greg Carideo, Michael Cline, Tom Harker, Ryan Nord Kitchen, Kwabena Lartey, Yoora Lee, Mevlana Lipp, JJ Manford, Galina Munroe, Dominic Musa, Boluwatife Oyediran, Foster Sakyiamah, Koichi Sato, Lumin Wakoa, Kiki Xuebing Wang.
Testo di Davide Silvioli
ANDREA FESTA FINE ART
Lungotevere degli Altoviti, 1 , Roma
Opening: domenica 06 febbraio dalle 12:00 alle 21:00
domenica 06 febbraio – martedì 15 marzo 2022
A Place of One’s Own è la prima mostra del 2022 della programmazione della galleria d’arte contemporanea Andrea Festa Fine Art, che apre la nuova stagione espositiva. Il group show offre una selezione internazionale di diciassette artisti emerging e mid-career, molti dei quali, con opere inedite, per la prima volta in mostra a Roma e in Italia.
Nella sua integrità, alla base dell’esposizione vi è la condivisione da parte degli artisti di un approccio intimista nella lettura del mondo esteriore, domestico e non, tradotto nell’opera attraverso la soggettività di ogni autore, presentando una panoramica sintetica ma fedele delle vie espressive intraprese dalla pittura contemporanea.
«Eleggendo la pittura a territorio di confronto estetico – scrive Davide Silvioli – A Place of One’s Own raccorda le ricerche di artisti differenti per lessico e attitudini, intorno a una sensibilità comune nel modo di interpretare il paesaggio e il contesto domestico, come un riflesso della propria interiorità. Un’estensione della propria individualità, dunque, espressa a volte in maniera manifesta e altre secondo termini impliciti, ora attraverso la sovversione dei canoni della figurazione e ora tramite la concentrazione su soggetti metaforici. Nondimeno, nella pluralità linguistica fornita dagli artisti, rimane costante la concezione del ritratto quale luogo di congiunzione fra la dimensione intima e il mondo esterno».
Gli artisti proposti, tramite il proprio linguaggio, reclamano la presenza significativa dell’io nei luoghi del vissuto. Si tratta dello stesso senso di rivendicazione, qui parafrasato con il richiamo all’idea di luogo che, mutatis mutandis, emerge dal celebre saggio di Virginia Woolf A room of one’s own (Una stanza tutta per sé), del 1929.
Diverso, ovviamente, è l’oggetto di tale rivendicazione ma, ciò nonostante, si ravvisa invariato il bisogno di affermare una presenza influente all’interno di un contesto altro. Laddove la Woolf ricercava il riconoscimento del contributo letterario femminile nella “stanza” della storia della scrittura, qui gli autori collocano tratti della rispettiva personalità dentro le connotazioni di un luogo proprio, seppur con intenti, fini e alfabeti eterogenei.