A Silent Dialogue

Informazioni Evento

Luogo
SPAZIO MEME
Via Giordano Bruno 4, Carpi, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Da Lunedì alla Domenica 16-20, Sabato mattina 9.30-13, pomeriggio 16-20, chiuso al Giovedì

Vernissage
27/10/2012

ore 19

Artisti
Amalia Mora, Daniela Tieni
Curatori
Francesca Pergreffi, Filippo Bergonzini
Generi
doppia personale, disegno e grafica

A Silent Dialogue, progetto nato dalle menti di Amalia Mora e Daniela Tieni, uscirà dalla rete e prenderà fisicità nella mostra a cura di Francesca Pergreffi e Filippo Bergonzini.

Comunicato stampa

Il 27 Ottobre alle ore 19, allo Spazio Meme, A Silent Dialogue, progetto nato dalle menti di Amalia Mora e Daniela Tieni, uscirà dalla rete e prenderà fisicità nella mostra a cura di Francesca Pergreffi e Filippo Bergonzini.
Le due illustratrici, nel Maggio del 2012, hanno dato vita ad un dialogo muto: “Io e te: dire sì o no, rispondendo solo con un disegno. Non una parola, né una spiegazione”.
Per sei mesi Amalia Mora e Daniela Tieni si sono parlate tra loro in silenzio attraverso le immagini. Attraverso il loro botta e risposta, a cadenza mensile, hanno dato vita ad una sorta feullieton visivo contemporaneo appassionante e coinvolgente.
Ora le artiste hanno scelto di esporre la loro conversazione composta da diciotto tavole, e di dialogare faccia a faccia attraverso un live painting sulla parete dello Spazio Meme.
Per capire il “punto di partenza” delle artiste, i curatori hanno scelto di esporre anche una selezione di alcuni lavori a prescindere dal progetto A silent dialogue. Qui di seguito un’intervista alle illustratrici a cura di Francesca Pergreffi e un testo critico di Filippo Bergonzini.

Ho deciso d’intervistare Amalia Mora e Daniela Tieni per sentire le loro voci:

Tutto ha inizio il 4 Maggio. Come vi siete “scelte”?

D: Amalia è stata l’ideatrice del progetto. Mi ha contattata, mi ha chiesto se avevo voglia di intraprendere questa conversazione con lei: ho accettato subito. Seguivo da tempo il suo lavoro e mi sembrava un buon modo per far confluire le energie e per conoscerci meglio.

E l’idea com’è nata? Dalla volontà di una scambio di linguaggio per un confronto artistico?

A: L’idea è nata prima di tutto dalla possibilità di avere una partner con la quale dialogare attraverso quello che ci accomuna: il disegno. Indubbiamente il confronto artistico è inevitabile, ma resta una conseguenza.

Nella vostra prefazione si legge: “Io e te: dire sì o no, rispondendo solo con un disegno. Non una parola, né una spiegazione” vi siete date altre regole?

D: No, ma ci siamo responsabilizzate subito l’una verso l’altra. Ci siamo sentite in dovere di rispettare il lavoro che stavamo facendo, i nostri appuntamenti, libere di risponderci in qualunque modo.

Come affrontate la problematica della narrazione; ve la siete posta o vi lasciate andare all’impulso, alla casualità di quel che succede lì, per lì?

A: Abbiamo cercato di seguire gli indizi che ogni volta la tavola illustrata alla quale rispondevamo ci suggeriva. L’indizio trovato era il trampolino dal quale saltare per arrivare più in là, verso un altro spazio, un’altra prospettiva, un’altra inquadratura, un’altra atmosfera.

Son passati sei mesi dall’inizio del vostra conversazione avete visto e sentito, o subito, delle trasformazioni rispetto alla prima battuta?

D: Dal punto di vista figurativo almeno per quel che mi riguarda sì. Ad un certo punto del percorso la figura femminile che entra nella bocca della donna, nel primo disegno di Amalia, smette di essere al centro dell’attenzione e tutto si sposta su un gioco di forme geometriche e di trasformazione. D’altronde un dialogo è anche questo. Si può iniziare a parlare di una cosa e si può finire a parlare di tutt’altro. È stato un ottimo esercizio, uno stimolo a raccogliere i segni di una persona lasciati sul foglio e farli vivere su un altro, come fosse il suo secondo giorno.
La visione del vostro carteggio mi ha affascinato e divertito perché c’è stato un momento di puro godimento giocoso: la curiosità da romanzo giallo di scoprire cosa vi state dicendo. Poi ho deciso di lasciarmi catturare dall’atmosfera che avete creato, infine mi son concessa la libertà di “ignorarvi”e dare il mio significato senza cercare gli indizi. Di creare una mia storia.
Nella creazione del vostro carteggio che ha volutamente l’aspetto privato e pubblico vi siete mai sentite in dovere di decodificarlo agli altri?

A: No, è tutto nascosto nel disegno e non c’è nient’altro da aggiungere. La nostra è una strana creatura ibrida e il fascino della sua natura sta proprio nell’essere un dialogo privato che diventa pubblico. In questo caso spiegare sarebbe quasi come un venir meno a quella che è l’unica regola del nostro dialogo: il silenzio.

A silent dialogue nasce in rete quindi la partecipazione attiva del pubblico è maggiormente voluta, che ruolo gli attribuite nel vostro progetto?

D: Esattamente per la curiosità che ha suscitato in te, e che hai descritto nella domanda precedente.
È interessante vedere cosa un’altra persona ha capito del nostro botta e risposta, se ha visto delle cose che a noi non sono saltate all’occhio. In realtà nasce in rete dopo un periodo già fitto di scambi. Mancava un terzo occhio. Volevamo vedere come sarebbe stato accolto.

Dopo alcuni mesi avete sentito il desiderio di portare il vostro progetto al di fuori della rete, è un punto o un punto a capo?

A: Per ora è un punto e virgola.

Il 27 Ottobre vi incontrate in un dialogo faccia faccia di fronte ad una parete; rimarrete legate alle regole che vi siete date? A silent dialogue cambierà sia la forma che l’essenza poiché per la prima volta lavorerete insieme una affianco all’altra?

D: Direi la forma, ma l’essenza no. Vivremo insieme la serata e insieme dipingeremo su un unico spazio comune, ognuna con la sua voce. Disegno per disegno ci siamo lanciate un filo da stringere per dirci e raccontarci delle cose, seppure surreali e impossibili. Ma è bello conservare degli spazi per essere liberi, e avevamo voglia di dare una conclusione al progetto, di farlo incontrandoci e non stando in due città diverse. Farlo senza uno schermo davanti.
Sarà il nostro abbraccio.

Francesca Pergreffi , Amalia Mora, Daniela Tieni

Meta-dialoghi:

In un' epoca di velocissimi scambi sincronici e di rumorose conversazioni simultanee Amalia Mora e Daniela Tieni hanno preso una strada diversa, inscenando un dialogo lento e silenzioso.
Un esperimento che ha avuto inizio il 4 maggio del 2012 con l'apertura di un blog dove le due artiste conversano solamente attraverso i loro disegni; nessun titolo, nessuna descrizione, nessun commento, ma solo una data a introdurre ogni segmento di questo dialogo visivo. Un botta e risposta afono e asincronico, dove tra la pubblicazione di un disegno e l'altro possono passare pochi giorni o intere settimane.
Piuttosto che di un'opera realizzata a quattro mani si potrebbe parlare di un progetto a due menti, uno scambio di stimoli mentali e visivi, un fluido incrocio di stili grafici.
E' un dialogo muto dagli spunti narrativi fiabeschi con più di un richiamo ad atmosfere alla Alice in Wonderland, un carteggio onirico in cui le due artiste condividono sogni e visioni, completandosi a vicenda.
Come in una conversazione in cui a lungo andare le voci si sovrappongono lo stesso vale per lo stile dei disegni; se all'inizio le voci grafiche delle due artiste sono ben distinte e riconoscibili - più preciso e descrittivo il tratto di Amalia Mora, più evocativo e astratto quello di Daniela Tieni - in seguito diventano più affini e indistinte, accomunate dalla scelta di immagini sempre più bizzarre e sognanti e l'iniziale linearità e chiarezza del dialogo diventa un flusso mentale unico e amalgamato, un processo di scrittura “automatica”- o per meglio dire, di disegno automatico - che procede su un binario doppio, ma parallelo verso un' infinito e indistinto punto di congiunzione.
Ci sono due livelli di lettura, o meglio di ascolto, in questo dialogo senza voci: il primo è quello di un esercizio di stile, in cui gli espedienti retorici sono i richiami al fumetto, all'illustrazione per l'infanzia ma anche alla pittura surrealista e metafisica; il secondo è quello di una conversazione tra due sensibilità creative decise a svelare allo spettatore/uditore le loro fantasie grafiche più intime e meno vincolate alle normali esigenze narrative che fanno parte del lavoro di un illustratore.

Filippo Bergonzini