A Venezia Frida Vista da Matiz (con un tocco di Viscuso)
Esposte alla Galleria AR33 Studio di Venezia una serie di foto inedite di Leo Matiz a Frida Kahlo di cui alcune trattate da Emanuele Viscuso in un lavoro a quattro mani risalente agli anni dell’amicizia del fotografo colombiano e dello scultore italiano.
Comunicato stampa
Scultura e fotografia si compenetrano svelando così La Passione di Frida.
Di Chiara Fragalà
Una collaborazione capace di unire ambiti artistici, luoghi geografici e personalità diverse tra loro, in un unico lavoro. I sensi e la fisicità espressi da due autori si congiungono superando i limiti di spazio e tempo.
Emanuele Viscuso è uno scultore. Le sue opere sono astratte, eteree, sospese. Singoli segmenti, uniti tra loro, creano giochi elicoidali ed altre forme geometriche capaci di vivere lo spazio e lasciarci percepire la terza dimensione, suggerendo la sua complessità. Usa materiali presi in prestito dal mondo della grande produzione: acciaio, ferro, vetro, legno.
Leo Matiz è un fotografo colombiano, nato a Macondo, come Gabriel Garcia Marquez, suo amico e autore di “Cent’anni di solitudine”, il romanzo ambientato proprio nella loro citta’ natale e vincitore di un nobel. Ha girato il mondo, vissuto intensamente ed ha immortalato i volti di un’epoca. Frida Kahlo tra loro. Severa, decisa, granitica nelle espressioni, così Leo Matiz ritrae l’artista messicana, leggendone l’energia e le passioni interiori. Per farlo si serve di particolari: un gesto, la posizione di una mano, uno sguardo lontano, prospettive aberrate.
Un incontro casuale, a Milano negli anni ’80 tra Emanuele Viscuso e Leo Matiz, permette agli artisti di conoscere i rispettivi lavori e di raccontarsi - in un reciproco scambio - sensazioni ed esperienze. Entrambe, sebbene di nazionalità differenti, età lontane tra loro ed ambiti eterogenei, trovano consistenti punti di contatto e dopo il primo incontro non si perdono di vista, alimentano la loro conoscenza. Leo Matiz, uno dei dieci piu’ grandi fotografi viventi, rimasto colpito da Viscuso, propone all’artista una collaborazione. I due artisti concordano la modalità. Emanuele Viscuso interviene sulle immagini scattate in Messico dal fotografo, incentrando la propria attenzione su Frida Kahlo ed in particolare intendendo soffermarsi ed interpretare suoi particolari biografici. Nel 1998, dopo la morte del fotografo l’operazione sembra arenarsi. Viene successivamente ripresa grazie alle sollecitazioni di Alejandra, la figlia di Matiz che, riuscita a rintracciare Viscuso (ormai trasferitosi negli Stati Uniti), suggerisce di riprendere il lavoro, organizzare una mostra, presentare al pubblico l’elaborazione svolta. Così le fotografie di Leo Matiz riprendono vita grazie agli interventi di Emanuele Viscuso.
Varie immagini, vari ritratti di Frida Kahlo. E’ possibile rintracciare diverse modalità di intervento. Inizialmente l’artista intende provocarci intrufolandosi nel ritratto. Viscuso bambino ride vispo protetto dallo sguardo orgoglioso della pittrice messicana; una scultura in legno contiene Frida, proteggendola ed esaltandola. Gradualmente l’attenzione si sposta sulla sofferenza fisica di Frida. Un corpo di bambola, smontato e reso informe, è appoggiato sul ritratto in precedenza virato in tinte calde. E’ un intenso riferimento all’incidente che determina la successiva paralisi e le conseguenti sofferenze che accompagnano, inesorabili, la pittrice per un’intera vita. L’autore decide di rievocare l’incidente incidendo la carta ed inserendo sottili tralci di legno nelle intercapedini formate, per richiamare le schegge che trafiggono il corpo dilaniandolo. In un altro ritratto il fil di ferro attraversa tutto il lato destro del corpo sino ad arrivare al cuore, cucendo così ferite fisiche per aprirne altre più profonde ed intime. Avvertiamo, ancora una volta, il desiderio di cicatrizzare il dolore nell’inserimento di una cerniera che unisce diagonalmente due le due metà distinte del corpo della donna. Come se un evento si potesse individuare, estirpare, dimenticare con semplicità, come un pezzo di stoffa nel quale si inserisce una lampo tra un lembo ed un altro. Il ricordo degli eventi drammatici rimane indelebile. La sofferenza deve essere attraversata e affrontata. Il volto di Frida si cinge di una corona di spine, come il Cristo martirizzato sulla croce. Tante pillole di diversa forma e colore si sparpagliano sul fondo dell’immagine colorata, forse per alleviare o anestetizzare la sofferenza. L’immagine è ancora una volta virata, ma la zona intorno al volto rimane in bianco e nero, conservando la sua patina antica.
Viscuso non attua solo interventi materici sulle immagini scattate da Leo Matiz. Lo scultore, mai stanco di ampliare i suoi ambiti di ricerca, decide di servirsi del mezzo informatico per creare nuove interpretazioni del personaggio Frida Kahlo. Il computer diviene il mezzo per rendere tangibile l’interpretazione che Emanuele Viscuso compie dell’artista messicana. L’enfatizzazione di un particolare attraverso elaborazioni grafiche di diverso genere permette di scoprire l’immagine con uno sguardo sempre nuovo. I sottili tratti rossi che si sovrappongono al ritratto originale ricordano la geometricità delle sue sculture, ma vengono ancorati saldamente alle due dimensioni della fotografia. Viscuso non resiste molto alla tentazione di donare loro una terza dimensione ed ecco che nasce il ventaglio, stretto alla base da un lezioso nastro rosso, come se gli elementi dell’immagine precedente fossero riusciti a trovare nuova forma. Il corpo della pittrice, prima raffigurato tangibile dal forte uso della materia, è poi restituito lieve e immateriale. Spesso l’autore utilizza l’espediente di creare un effetto positivo/negativo in alcune zone. Notiamo meglio uno sguardo, la capigliatura, il modo in cui si stringono le mani poggiate sul ventre. Il capovolgersi del bianco e nero lascia vagare il nostro sguardo per creare nuove analogie mentali. Rettangoli di svariate dimensioni affollano l’immagine come pensieri, frasi, accadimenti nella vita dell’artista. Altre volte i rettangoli svuotano la figura e spostano il particolare in altri punti dell’immagine. Appena sembra di esserci abituati all’osservazione del ritratto ci accorgiamo di non aver notato prima un pendente, i fiori sul capo. La sagoma di Frida Kahlo è sottolineata, evidenziata da un’aura rossa, che separa la sua figura dalle altre sulla strada e ne evidenzia i gesti. Accenna un sorriso, mentre la sua mano cerca nella tasca le sigarette; è un gesto distratto e quotidiano, preso in prestito dal mondo maschile, ma che rivela la sua volitiva indipendenza. Gli espedienti grafici aiutano a ripetere come pattern il motivo floreale dell’abito della protagonista, finendo per coprire tutta la sua figura e lasciando libero solo il volto. Si capovolge il gioco: non siamo più noi ad osservare lei, ma i suoi grandi occhi neri ci scrutano dall’alto in basso. A volte Viscuso divide la figura, separa pezzi di corpo. Al centro, il vuoto lasciato da questa separazione crea una croce. Altre volte il corpo di Frida si dilata in alcune parti, dome se si moltiplicasse all’infinito una parte, oppure è invaso da segmenti neri di varia misura, come nuove cicatrici che le segnano il corpo.
Come Emanuele Viscuso abbia deciso di interpretare le immagini scattate da Leo Matiz è insolito, sorprende. I ritratti sembravano non aver bisogno di aggiunte, completi nella loro essenzialità. Gli interventi di Viscuso li hanno resi attuali, vivi.
Tutta la produzione dell’autore italiano è contraddistinta dalla contemporaneità dei tempi in cui vive. Dalle prime opere realizzate, l’autore ha saputo percepire il periodo che attraversava nella sua complessità per trasfigurarlo nelle forme eteree che creava e crea. Ricordiamo, tra le più recenti, la rielaborazione delle Torri Gemelle, sparite dopo l’attentato del 2001.
Come sia riuscito a discostarsi dalla sua abituale produzione è ancora più inconsueto. L’utilizzo di un mezzo diverso da quelli usati nel passato e l’interpretazione intima di un’artista donna, vista a sua volta dallo sguardo di un altro. Nella sua totale diversità dal passato, l’intervento sulle immagini di Leo Matiz si può assimilare alle opere precedenti nel desiderio di cogliere la sfida di un’operazione difficile da realizzare. Ancora una volta, Emanuele Viscuso ha vinto la sfida.