AAM! Voracità della parola
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Il progetto espositivo indaga il profondo legame tra la parola, il pensiero e la realtà, esplorando tre diversi modi di intendere e interpretare il messaggio, le sue funzioni, le sue radici visive.
Comunicato stampa
La galleria Gilda Lavia di Roma ha il piacere di ospitare AAM! Voracità della parola mostra collettiva degli artisti: Giulio Alvigini, Matteo Attruia e Lucia Marcucci, curata da Elena Forin, che inaugurerà giovedì 13 febbraio alle ore 18.
Il progetto espositivo indaga il profondo legame tra la parola, il pensiero e la realtà, esplorando tre diversi modi di intendere e interpretare il messaggio, le sue funzioni, le sue radici visive. La scelta di far dialogare tre figure come quelle di Lucia Marcucci, Matteo Attruia e Giulio Alvigini corrisponde alla volontà di avvicinare tre voci e tre linguaggi, misurando quanto ciascuna di loro abbia fatto emergere alcuni caratteri cruciali del (loro) presente e alcune delle sue criticità. La profonda diversità di età, contesto e ricerca è voluta e, ben lungi dal voler creare una traiettoria generazionale, connota una scelta precisa: restituire tre temperature, tre letture, tre modalità di intervento e tre universi accomunati però da impegno e ironia con l’obiettivo di stimolare nello spettatore la capacità, il piacere e il divertimento nell’interpretazione della parola.
La mostra si apre con un'inedita serie di opere di Lucia Marcucci, realizzate sulle pagine de "Il Vernacoliere", mensile umoristico in vernacolo livornese. Utilizzando il dialetto e la satira, l'artista offre una critica pungente ai media, amplificando l'impatto delle notizie e dei commenti. Le sue opere giocano con la parola, mescolando il linguaggio giornalistico, gli slogan pubblicitari e il linguaggio dei fumetti, creando una sintesi esasperata ma anche fortemente spontanea e teatralizzata. A questo nucleo è affiancato uno snodo importantissimo nella ricerca dell’artista, quello che affronta il valore e il significato della poesia, trattato attraverso l’accostamento sagace e provocatorio della parola all’immagine pubblicitaria.
Matteo Attruia ci porta invece al centro di un termine di uso comune "Welcome", analizzandone il significato oltre i confini linguistici. Illuminando solo le lettere "WE" e "ME", l'artista sottolinea
l'importanza dell'interazione tra l'individuo e il collettivo nell'atto dell'accoglienza. Attraverso la sottrazione, svela invece nuovi significati, come nell'opera ispirata allo scrittore Céline, dove l'isolamento della prima e dell’ultima frase del romanzo invita alla riflessione sulla memoria, l’immaginazione e il tempo. Gli spazi tra la prospettiva del singolo e quella della collettività, tra storia e patrimonio, e desiderio e speranza, sono indagati attraverso altre due opere: in Un popolo l’erosione del tempo che ha privato il Palazzo della Civiltà Italiana dell’EUR del significato per cui è stato creato, corrisponde alla scarnificazione della scritta della facciata (“un popolo di poeti di artisti di eroi di santi di pensatori di scienziati di navigatori di trasmigratori”), mentre in There is a light, realizzata appositamente per la mostra, Attruia restituisce la responsabilità e il senso del desiderio attraverso il meccanismo della partecipazione e il valore simbolico della luce.
In questa occasione espositiva, Giulio Alvigini si allontana dal suo stile consueto, creando un ambiente meditativo pensato per affiancare e mettere in discussione alcuni aspetti del mondo della fede e dell'arte. Stimolato dal confronto con la città, allestisce la "Cappella Alvigini", un luogo separato dove raccogliersi per compiere una analisi sacrale del linguaggio, dell’immagine, delle icone e della loro contaminazione con il mercato.
Alvigini, con la sua caratteristica ironia, esplora le connessioni tra concetti apparentemente distanti, come l'amore e la sofferenza o la beatificazione e il sacrificio, sottolineando l'importanza del testo come strumento di unione e di riflessione: realizzati appositamente per la mostra, tutti i lavori accendono l’attenzione sul valore devozionale dell’arte contemporanea e dei suoi personaggi, e sulla ritualità che ne lega gli oggetti, le parole, le opere e le omissioni.