Acrofobia dissacranti vertigini
Mostra collettiva di arte contemporanea a cura di Alexander Larrarte e Giuliana Schiavone, allestita all’interno dell’ex Chiesa di San Francesco a Corato.
Comunicato stampa
Venerdì 29 giugno 2012, alle ore 20,30, si inaugura "Acrofobia_dissacranti vertigini", mostra collettiva di arte contemporanea a cura di Alexander Larrarte e Giuliana Schiavone, allestita all'interno dell'ex Chiesa di San Francesco a Corato.
L'evento è promosso dalla CoArt gallery di Corato, con il patrocinio del Comune di Corato e con la partnership de "La Gazzetta del Mezzogiorno". Il vernissage prevede un intervento musicale di Luca Vincenzo Lorusso, la cui performance si configura come sperimentazione sul versante sonoro della tematica della mostra.
Ad arricchire il programma dell'iniziativa contribuisce l'evento collaterale "Sin-estesia di un breve incontro", personale di Antonio Losito, a cura di Lara Carbonara e Lucrezia Naglieri, la cui inaugurazione è prevista sempre nello stesso giorno ma alle ore 18.30 presso la sede della CoArt gallery.
L'obiettivo dell'iniziativa è promuovere giovani artisti, creando un momento di confronto e aggregazione attraverso l'esposizione di opere opere edite o inedite, ispirate alla tematica del sacro, alla sua attuale valenza o ribaltamento semantico, al suo ruolo nell'ambito del momento storico e culturale attuale. Da qui il sottotitolo dissacranti vertigini, riferito all'effetto di straniamento che la dimensione iconografica e concettuale del sacro può ricreare all'interno di una società in continua trasformazione.
La giuria, composta dai due curatori della mostra e da Ruggero Maggi, artista e direttore del Milan Art Center e Gianpaolo Balsamo, giornalista de "La Gazzetta del Mezzogiorno" ha esaminato il materiale pervenuto, individuando, tra gli oltre sessanta iscritti alla selezione nell'arco di un mese, i seguenti finalisti:
Giuseppe Abate, Rosalba Ambrico, Stefania Carrieri, Lorenza Casamassima, Crisa, Angela D'Elia, Alessandro Di Gregorio, Roberto Ficarella, Roberto Eduardo Mazzarago, Miriam Maggi, Francesca Ramello, Fabrizio Riccardi, Delia Sforza, Fabrizio Strippoli.
Il progetto si configura come una riflessione attorno al "quid" che spiritualizza l'oggetto elevandolo al rango di parola visiva della trascendenza.
Quella del sacro è infatti una dimensione costante, che accompagna l'esistenza umana in ogni epoca e luogo, una componente che affida all'arte la sua espressione più autentica sin dall'età primitiva e che nella società occidentale ha coinciso per secoli con l'espressione di una fede esclusiva, legata al cosiddetto homo religiosus.
Ma cosa accade quando in seguito all'allentamento di questa secolare fusione legato alle trasformazioni del contesto culturale, è proprio quest'ultimo a orientare tutte le operarazioni di assegnazione semantica alle immagini e ai simboli della trascendenza, ai loro ruoli e alla loro interpretazione?
Nel percorso di ritracciamento dei campi concettuali del sacro, di quali valori aggiuntivi si carica l'originario Qadosh della tradizione ebraica, in cui la sacralità di qualcosa o qualcuno coincide con la sua funzione, quali ne perde? Cosa è sacro e cosa non lo è? Dov'è il crinale labile e mutevole tra sacro e dissacrante? Appunto, una risposta potrebbe celarsi nella funzione e nella reazione emotiva che il sacro ancora suscita.
Dal senso di sacro tradizionale, monito visivo di insegnamenti scritti, cristallizzato negli anfratti dei dogmi, degli scrigni architettonici della santità e delle interpretazioni dominanti, l’uomo contemporaneo prende le distanze attraverso il ripensamento della sua relazione primigenia, soggettiva con la divinità.
Nella poliforme e caledoscopica liturgia del postmoderno la sacralità assomiglia dunque a un concetto tangibile e trasgredibile, e per nulla statico o assoluto, non più espressione di un'ideologia monolitica ma che incrocia, accoglie il disorientamento dell'uomo moderno, guarda alle culture passate, al mondo orientale e irrompe nel campo della quotidianità, dialogando con i suoi oggetti e paradigmi concettuali.
Svincolata strictu sensi dall'espressione di una religione dominante, la sacralità si riappropria della sua componente umana, e nella sua traduzione artistica diviene suscettibile ad essere percepita come "dissacrante vertigine", in una dimensione più raccolta e psichica.
«Hanno mutato la gloria dell’incorruttibile Dio in immagini simili a quelle dell’uomo corruttibile, e d’uccelli e di quadrupedi e di rettili»
(Rm 1,23).