Adelaide Di Nunzio – Dei e Dee
La mostra dal titolo “Dei e Dee” è protagonista della rassegna Mitica – Percorsi sonori visivi e visionari contemporanei nel Parco Archeologico di Locri Epizefiri.
Comunicato stampa
La mostra dal titolo "Dei e Dee" è - dal 4 luglio al 24 agosto 2014 - protagonista della rassegna MITICA – Percorsi sonori visivi e visionari contemporanei nel Parco Archeologico di Locri Epizefiri- ideata e curata da Marò D'Agostino e prodotta da Ant'art con il patrocinio della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Calabria/ Museo Archeologico Nazionale di Locri che per la rassegna ha messo a disposizione il complesso museale Casino Macrì.
“Miti che rimandano, così come fanno i miti, alla rappresentazione della condizione umana; sempre alla ricerca del bene ovvero del benessere contingente che ad essa sfugge e che incarnano i desideri ora materiali ora ideali, o fin'anche virtuali degli uomini, trovano forma in altrettanti ritratti della fotografa napoletana, il corpo come luogo d'elezione e veicolo di tensioni e malesseri. La corporeità è manifesta nella espressività dei volti ma soprattutto nella accurata costruzione posturale che sembra far scaturire l'immagine di ciascun mito direttamente dal proprio quadro scenico; e in cui, di volta in volta, gli oggetti, il contesto, l'apparato scenografico, o la sua assenza, si pongono come tratti costitutivi del carattere. Ritratti dell"anima da immortalare"; non è secondario che l'artista, per rappresentare i suoi miti, abbia sovente coinvolto conoscenti o amici e addirittura se stessa. Quotidianità trasfigurate ovvero divinità rese quotidiane. Ritratti -specchio di umanità intense, spesso inquiete o precarie e sofferenti, comunque problematiche, ostaggi-complici di una propria dimensione edonistica da cui sembrano paradossalmente affermare la ragione vichiana: “ la mente umana, la quale è addefinita, essendo angustiata dalla robustezza dei sensi, non può celebrare la sua divina natura che con la fantasia”. [.. ] Queste icone sono costruite piuttosto cancellando figure e, spogliandole dall' eccessiva rappresentatività, con un fare che non le descrive ma ne propone frammenti performativi e dinamici come se queste fossero, sì legate al passato ma, cionondimeno, proiettate in un futuro incognito, in una partita tra presenza e assenza che lascia margini per ulteriori divinità e, quindi, per altre differenze. In tal modo sembra che il senso stesso della ricerca sia l'inclusione di alterazioni e differenze e l'immissione in nuove prospettive, di quelle che Emmanuel Levinas definirebbe relative ed universali [.. ] Qui l'umanità è affettiva e sparisce il grottesco ed ogni ridondanza formale dedicata allo stile. I contenuti linguistici e la formulazione estetica, il gusto di ritrarre senza dimostrare e l'abilità luministica evocano quelli espressi da alcuni fotografi o reporter latini e sudamericani ed in particolare Alvarez Bravo o anche certi lavori di Ferdinando Scianna o la ricerca della spagnola Cristina Romero. La componente espressiva della serie fotografica trova una congeniale amplificazione nel contesto spaziale per cui la mostra "Dei e Dee" è stata pensata. La presenza parallela dei preziosi reperti d'età romana che arricchiscono la visita al complesso museale del Casino Macrì e l'incidenza potente e drammatica della luce che riverbera, attraverso le finestre aperte sul Parco archeologico locrese, rendono agli sguardi una continua ri-narrazione, con differimenti del pensiero/eterotopie e prospettive archetipiche che (si) rigenerano. “
(dal testo di Marò D'Agostino – curatrice della rassegna "Mitica" e della mostra "Dei e Dee").