Agostino Bergamaschi / Barbara De Vivi – La scintilla latente
La mostra, promossa da TRA Treviso Ricerca Arte, ragiona sul rapporto tra iconografia antica e contemporanea e sulla creazione artistica intesa come un’epifania visiva che permette l’emersione di tutte una serie di immagini, suggestioni e istanze latenti che provengono tanto dalla storia quanto della memoria personale.
Comunicato stampa
Sabato 9 marzo alle 18.00 inaugura a Ca' dei Ricchi a Treviso l'esposizione La scintilla latente che presenta il lavoro degli autori Agostino Bergamaschi e Barbara De Vivi, con la curatela di Carlo Sala.
La mostra, promossa da TRA Treviso Ricerca Arte, ragiona sul rapporto tra iconografia antica e contemporanea e sulla creazione artistica intesa come un'epifania visiva che permette l'emersione di tutte una serie di immagini, suggestioni e istanze latenti che provengono tanto dalla storia quanto della memoria personale; tale attitudine che accomuna la pratica artistica dei due autori ha permesso di progettare un dialogo serrato nello spazio espositivo tra le sculture dell'artista milanese e i dipinti della pittrice veneziana.
I lavori di Agostino Bergamaschi (Milano, 1990) sembrano dare sintesi nelle loro forme ad accadimenti dilatati nel tempo e nello spazio per creare dei nuovi immaginari. L'opera Raskol'nikov (2018) deve il suo titolo al protagonista del celebre romanzo Delitto e Castigo (1866) di Fëdor Dostoevskij, un giovane che commette un omicidio mosso dal bisogno di compiere un gesto che al lettore può apparire insensato, ma che per lo scultore si configura come un atto assoluto (affascinante e terribile), quasi una metafora del gesto creativo che produce nuove forme e immagini; la brutalità dell'azione assume nella scultura di
Bergamaschi delle fattezze organiche dove compaiono alcuni tratti anatomici che alludono ad animali fantastici dal carattere demoniaco. Quest'opera è strettamente legata al lavoro Overground from abnormality (2018), un video in 3d giocato su un piano sequenza che svela un paesaggio desolato dove appare un animale che sembra uscito da un bestiario per terminare su una colonna contenente degli elementi medievali. Le altre sculture esposte hanno anch'esse un legame con l'iconografia passata vista come una forza generatrice per novellare le narrazioni: il lavoro Contemporaneamente del 2017 è stato ispirato da un personaggio dipinto da Giotto negli affreschi della Cappella degli Scrovegni che nell'immaginazione di Bergamaschi è diventato un creatore di stelle. La scultura che ne risulta cristallizza passato e presente attraverso una materia in tensione che metaforicamente distilla al suo interno tutti gli eventi contenuti nel Giudizio Universale del ciclo padovano. Infine Intervalli visibili (2017) crea una personale cosmogonia dell'artista concretando lo spazio ideale di vuoto che intercorre tra due galassie.
I dipinti di Barbara De Vivi (Venezia, 1992) intrecciano motivi iconografici della storia dell'arte e vissuto personale in un rapporto dialettico tra presente e passato; all'interno della tela si fondono (e confondono) immagini contemporanee con storie ancestrali, richiami alla grande pittura rinascimentale e barocca con oggetti comuni, utilizzando il mito come uno strumento di comprensione dell'oggi e delle proprie istanze di vita. Questo è particolarmente evidente nel lavoro inedito Demone meridiano (2019) dove convivono i temi della melanconia con i baccanali, creando una sintesi tra sentimenti di pathos di segno opposto. Tale aspetto è presente anche nel dipinto Il sogno di Teresa (2018) dove il sacro è visto come una apparizione espressa mediante la coincidenza tra eros ed estasi. I temi del sacro sono presenti anche in Untitled (Santa Margherita) del 2018 dove l'autrice narra la vicenda della santa omonima rendendola sfrontata e creando così un cortocircuito visivo e di senso. Infine, un nucleo di opere riflettono sull'intimità violata dallo sguardo: da Svelamento (2018), dove appare un animale feroce in un momento di potenziale debolezza con i suoi cuccioli, a Rifugio (2018) dove la figura di una ragazza dei nostri giorni rimanda all'immaginario della ninfa spiata con malizia e voyeurismo; in entrambi i quadri la narrazione non è però lineare perché la pittrice rende labili le gerarchie rendendo così impossibile distinguere chi è l'osservatore e chi l'osservato.
La mostra sarà visitabile fino al 5 maggio 2019; per l'occasione è stato realizzato un catalogo edito da TRA Treviso Ricerca Arte, progetto grafico Multiplo, con il testo critico di Carlo Sala e un'intervista agli autori di Alessandra Maccari.
Agostino Bergamaschi (Milano, 1990), si diploma nel 2013 all'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano; la sua ricerca prende in considerazione il principio stesso dell’atto creativo inteso come gesto generatore di immagini e forme e mira a individuare il momento di collisione tra l’esperienza estetica e l’origine di tale gesto. Bergamaschi ricerca un sottile ed ordinato squilibrio tra forma e immagine dando vita a una trama di sensazioni e percezioni che sfociano in una vera e propria esperienza in cui l’immagine è continuamente resa presente a se stessa allo scopo di scaturire in un nuovo immaginario.
Tra le mostre personali e collettive in Italia e all’estero, si ricordano: Screen tearing (Dimora Artica) Milano, Rehearsal+Current (Rehearsal Project) Milano, Superpassato (Museo Ettore Fico) Torino, At a later time (Markthalle) Basilea, Darsena residency #2 (Galleria Massimodeluca) Mestre, Out of frames (Museo d’arte contemporanea di Lissone) Lissone. Nel 2016 viene selezionato per la residenza d’artista Darsena Residency presso la galleria Massimodeluca nel 2014 finisce tra i finalisti del Premio Lissone presso il MAC. Vive e lavora a Milano.
Barbara De Vivi (Venezia 1992), si diploma nel 2018 all’Accademia di Belle Arti di Venezia; il fulcro della sua ricerca è il mutare e il riproporsi di temi iconografici, l’intreccio di tradizioni e varianti che connette l’antico al contemporaneo. L’artista trova i suoi riferimenti in dipinti e racconti relativi alla mitologia, a leggende antiche e in fotografie legate al proprio vissuto. Attraverso il disegno si appropria di queste immagini compilando un archivio personale da cui emergono analogie tra temi distanti che De Vivi rende visibili attraverso la pittura. Sulla tela, così come nella sua memoria, alcuni racconti si sovrappongono, altri si annebbiano, di altri ancora resta solo un dettaglio. L ’immagine opera un lieve scarto dal progetto iniziale trovando per sé un racconto nuovo, familiare e, al tempo stesso, indecifrabile.
Nel 2017 vince uno studio d’artista presso la Fondazione Bevilacqua La Masa e il Premio Combat, sezione pittura. Partecipa a diverse fiere e vince il Premio Euromobil Under 30 2018. Tra le esposizioni a cui prende parte: Il disegno politico (curata da Aurora Fonda, Galleria AplusA, Venezia), Selvatico 13 (curata da Massimiliano Fabbri; Palazzo Pezzi, Cotignola), Brain Tooling (curata da Gianluca D'Incà Levis,Petra Cason e Riccardo Caldura; Forte di Monte Ricco, Pieve di Cadore), 10 little indians (curata da Silvi a Giambrone e Fabrizio Pizzuto; MLAC, Roma), Mottenwelt (curata da Roberto Farneti, galleria Marcolini, Forlì). Vive e lavora a Venezia.