Alberto De Rossi – Winter in Rimini
Mostra personale fotografica che racconta una Rimini romantica avvolta dalla coltre invernale.
Comunicato stampa
WINTER IN RIMINI L’ARTE DEL SILENZIO DI ALBERTO DE ROSSI
Vernice sabato 6 aprile della personale fotografica che racconta una Rimini romantica avvolta dalla coltre invernale
Rimini – In Riviera si respira aria di Primavera ma la stagione dell’arte è “Winter in Rimini”, una mostra che racconta il romanticismo stagionale di Rimini grazie agli scatti di Alberto De Rossi.
Augeo Art Space apre le porte sabato sei aprile (dalle 17) a un’interessante galleria d’immagini fotografiche che fanno parte della prima tappa del ciclo dedicato alle stagioni e al modo in cui si riverberano sugli spazi e sulla vita della città romagnola.
Un luogo che Alberto De Rossi ama più di ogni altro e che è intimamente legato alla sua passione per la fotografia. Emozionano i luoghi urbani e marini impressi nell’immaginario collettivo e resi protagonisti in scatti di grande phatos. Le sfumature del bianco e nero sono graffianti e di grande carattere e la successione delle immagini racconta una storia molto amata, quella di Rimini filtrata attraverso l’obiettivo sensibile dell’autore.
“Per De Rossi fotografare è fissare sulla pellicola un momento di rivelazione, qualcosa
che lo colpisce e che, come nell’inquadratura del film di Coppola, lascia per un istante ammutoliti. Proprio questo “senza fiato”, questa ricerca del silenzio e dello stupore, costituisce la costante del suo lavoro. Foto vissute e da vivere in solitudine, cosi come sono state scattate: un’inclinazione che lo porta a prediligere i paesaggi, naturali o urbani ma quasi sempre privi della figura umana, scanditi unicamente dalle forme e dalla luce (Hansel Adams è un importante riferimento). Non gli piace parlare di generi: ma è vero che i suoi lavori sono spesso raccolti in cicli coerenti, sfaccettature della
medesima indagine” sottolinea Luca Baroni
Vivaldi in riviera
Nel ciclo delle stagioni raccontato dalle fotografie b/n di Alberto De Rossi si nota un profondo senso d’ordine netto ( promuove l'ordine stesso, da virtù celata a qualità visibile) che pervade composizioni in cui la profondità è organizzata come articolazione del piano della rappresentazione, non di rado guardando-attraverso fessure, riflessi o trasparenze. Altre volte la prospettiva è vissuta in maniera più naturale, ma sempre e comunque emerge la capacità di trasformare in fotografia un dato originario fatto, sì, di osservazione – non di rado meravigliata, silenziosa o ironica – ma che ha rinunciato alla cronaca effimera per diventare forma, struttura ed evocazione. Portando la percezione a farsi simbolo, De Rossi consegue un’efficace evocazione delle mutevoli atmosfere psicologiche del ciclo stagionale. Anche per questo risulta assente la figura umana – che pure è il motore invisibile di un luogo denso come Rimini – preferendo mostrarne tracce e scenari, sia naturali che artificiali, scrive Augusto Pieroni.
Alberto De Rossi - Winter in Rimini, 2019 di Luca Baroni (Storico e critico dell’arte contemporanea, curatore e saggista)
La barca scivola lenta risalendo il fiume, fino a quando, dopo l’ultima ansa, appare una visione apocalittica: una vasta scalinata di pietra, gremita di indigeni silenziosi e illuminata da una sinistra luce rossastra. Spezza il silenzio l’urlo di un fotoreporter, fascia rossa in testa, occhiali da sole e cinque macchine fotografiche appese al collo: “It’s all right, it’s all right! You’re all being approved”.
La scena è quella, celeberrima, dell’arrivo al campo di Kurtz nell’Apocalypse Now di Francis Ford Coppola: siamo nel 1979, ed è proprio vedendo il film al cinema che Alberto De Rossi s’innamora e compra d’impulso la sua prima Nikon, identica a quella ‘indossata’ dal grande
Denis Hopper. Negli anni successivi vengono molte altre macchine fotografiche, ma l'atteggiamento resta lo stesso: per De Rossi fotografare è fissare sulla pellicola un momento di rivelazione, qualcosa che lo colpisce e che, come nell’inquadratura del film di Coppola, lascia per un istante ammutoliti. Proprio questo “senza fiato”, questa ricerca del silenzio e dello stupore, costituisce la costante del suo lavoro. Foto vissute e da vivere in solitudine, cosi come sono state scattate: un’inclinazione che lo porta a prediligere i paesaggi, naturali o urbani ma quasi sempre privi della figura umana, scanditi unicamente dalle forme e dalla luce (Hansel Adams è un importante riferimento). Non gli piace parlare di generi: ma è vero che i suoi lavori sono spesso raccolti in cicli coerenti, sfaccettature della medesima indagine. Altra caratteristica è quella della progettualità, dell’ossessione per l’esecuzione perfetta, anche nel mondo della fotografia digitale, Alberto usa la macchina in modo analogico, scattando con parsimonia e solo dopo aver attentamente vagliato luce, inquadrature toni di grigio.”Ora che i mezzi tecnici sono perfetti, e che nessuno ti spara addosso (Robert Capa), la foto può, e deve, essere perfetta. Che poi esca male è un altro discorso: ma l’ambizione è quella”.
Winter in Rimini, scelta di 99 foto tra quelle eseguite negli ultimi cinque anni, costituisce la prima tappa di un ciclo dedicato alle stagioni e al modo in cui si riverberano sugli spazi e sulla vita della città romagnola. Un luogo che De Rossi ama più di ogni altro e che è intimamente legato alla sua passione per la fotografia. Figlio di militare , ha trascorso un’infanzia “con la valigia”, senza mettere radici in nessun posto: Rimini è il primo in cui di ferma e decide di restare, stringere
amicizie, innamorarsi. Ecco allora che fotografare diventa un modo per conoscere, far proprio un paese in cui si è cresciuti ma non si è nati, costruire emozioni e ricordi che diventano altrettanti legami alla terra e alla persone eccezionali che la abitavano. Un viaggio intimo durato quarant’anni, affrontato con dedizione e quella voglia di “fare da solo” a cui si deve anche la scelta del monocromo - non solo perché, come diceva Gianni Berengo Gardin, <
Un paesaggio si confonde e frammenta nel suo riflesso; biciclette, ombrelloni, pattini, bitte e fontana sono rese inservibili dal ghiaccio, diventando caricatura o ricordo di stagioni più miti. C’è tutta Rimini, nella sua più intima essenza, in questo gioco, questo galleggiare leggero attorno alla realtà che non è solo un modo di fotografare, ma di vivere. Più che una vita, un racconto; e più che un racconto un poema; anzi come scrivere un altro grande cantore della Romagna, Giovanni Pascoli, “Un lungo interminabile poema. / E lunghi, e interminati, erano quelli / ch’io meditai, mirabili a sognare / stormir di fondi, cinguettio d’uccelli, / risa di donne, strepito di mare”.
Luca Baroni