Alberto De Rossi – Winter in Rimini

Informazioni Evento

Luogo
AUGEO ART SPACE
Corso d’Augusto, 217 , Rimini, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Dal martedì al sabato dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19. Domenica e festivi dalle 16 alle 19

Vernissage
06/04/2019
Artisti
Alberto De Rossi
Generi
arte contemporanea, personale

Mostra personale fotografica che racconta una Rimini romantica avvolta dalla coltre invernale.

Comunicato stampa

WINTER IN RIMINI L’ARTE DEL SILENZIO DI ALBERTO DE ROSSI
Vernice sabato 6 aprile della personale fotografica che racconta una Rimini romantica avvolta dalla coltre invernale

Rimini – In Riviera si respira aria di Primavera ma la stagione dell’arte è “Winter in Rimini”, una mostra che racconta il romanticismo stagionale di Rimini grazie agli scatti di Alberto De Rossi.

Augeo Art Space apre le porte sabato sei aprile (dalle 17) a un’interessante galleria d’immagini fotografiche che fanno parte della prima tappa del ciclo dedicato alle stagioni e al modo in cui si riverberano sugli spazi e sulla vita della città romagnola.
Un luogo che Alberto De Rossi ama più di ogni altro e che è intimamente legato alla sua passione per la fotografia. Emozionano i luoghi urbani e marini impressi nell’immaginario collettivo e resi protagonisti in scatti di grande phatos. Le sfumature del bianco e nero sono graffianti e di grande carattere e la successione delle immagini racconta una storia molto amata, quella di Rimini filtrata attraverso l’obiettivo sensibile dell’autore.

“Per De Rossi fotografare è fissare sulla pellicola un momento di rivelazione, qualcosa
che lo colpisce e che, come nell’inquadratura del film di Coppola, lascia per un istante ammutoliti. Proprio questo “senza fiato”, questa ricerca del silenzio e dello stupore, costituisce la costante del suo lavoro. Foto vissute e da vivere in solitudine, cosi come sono state scattate: un’inclinazione che lo porta a prediligere i paesaggi, naturali o urbani ma quasi sempre privi della figura umana, scanditi unicamente dalle forme e dalla luce (Hansel Adams è un importante riferimento). Non gli piace parlare di generi: ma è vero che i suoi lavori sono spesso raccolti in cicli coerenti, sfaccettature della
medesima indagine” sottolinea Luca Baroni

Vivaldi in riviera
Nel ciclo delle stagioni raccontato dalle fotografie b/n di Alberto De Rossi si nota un profondo senso d’ordine netto ( promuove l'ordine stesso, da virtù celata a qualità visibile) che pervade composizioni in cui la profondità è organizzata come articolazione del piano della rappresentazione, non di rado guardando-attraverso fessure, riflessi o trasparenze. Altre volte la prospettiva è vissuta in maniera più naturale, ma sempre e comunque emerge la capacità di trasformare in fotografia un dato originario fatto, sì, di osservazione – non di rado meravigliata, silenziosa o ironica – ma che ha rinunciato alla cronaca effimera per diventare forma, struttura ed evocazione. Portando la percezione a farsi simbolo, De Rossi consegue un’efficace evocazione delle mutevoli atmosfere psicologiche del ciclo stagionale. Anche per questo risulta assente la figura umana – che pure è il motore invisibile di un luogo denso come Rimini – preferendo mostrarne tracce e scenari, sia naturali che artificiali, scrive Augusto Pieroni.

Alberto De Rossi - Winter in Rimini, 2019 di Luca Baroni (Storico e critico dell’arte contemporanea, curatore e saggista)

La barca scivola lenta risalendo il fiume, fino a quando, dopo l’ultima ansa, appare una visione apocalittica: una vasta scalinata di pietra, gremita di indigeni silenziosi e illuminata da una sinistra luce rossastra. Spezza il silenzio l’urlo di un fotoreporter, fascia rossa in testa, occhiali da sole e cinque macchine fotografiche appese al collo: “It’s all right, it’s all right! You’re all being approved”.
La scena è quella, celeberrima, dell’arrivo al campo di Kurtz nell’Apocalypse Now di Francis Ford Coppola: siamo nel 1979, ed è proprio vedendo il film al cinema che Alberto De Rossi s’innamora e compra d’impulso la sua prima Nikon, identica a quella ‘indossata’ dal grande
Denis Hopper. Negli anni successivi vengono molte altre macchine fotografiche, ma l'atteggiamento resta lo stesso: per De Rossi fotografare è fissare sulla pellicola un momento di rivelazione, qualcosa che lo colpisce e che, come nell’inquadratura del film di Coppola, lascia per un istante ammutoliti. Proprio questo “senza fiato”, questa ricerca del silenzio e dello stupore, costituisce la costante del suo lavoro. Foto vissute e da vivere in solitudine, cosi come sono state scattate: un’inclinazione che lo porta a prediligere i paesaggi, naturali o urbani ma quasi sempre privi della figura umana, scanditi unicamente dalle forme e dalla luce (Hansel Adams è un importante riferimento). Non gli piace parlare di generi: ma è vero che i suoi lavori sono spesso raccolti in cicli coerenti, sfaccettature della medesima indagine. Altra caratteristica è quella della progettualità, dell’ossessione per l’esecuzione perfetta, anche nel mondo della fotografia digitale, Alberto usa la macchina in modo analogico, scattando con parsimonia e solo dopo aver attentamente vagliato luce, inquadrature toni di grigio.”Ora che i mezzi tecnici sono perfetti, e che nessuno ti spara addosso (Robert Capa), la foto può, e deve, essere perfetta. Che poi esca male è un altro discorso: ma l’ambizione è quella”.

Winter in Rimini, scelta di 99 foto tra quelle eseguite negli ultimi cinque anni, costituisce la prima tappa di un ciclo dedicato alle stagioni e al modo in cui si riverberano sugli spazi e sulla vita della città romagnola. Un luogo che De Rossi ama più di ogni altro e che è intimamente legato alla sua passione per la fotografia. Figlio di militare , ha trascorso un’infanzia “con la valigia”, senza mettere radici in nessun posto: Rimini è il primo in cui di ferma e decide di restare, stringere
amicizie, innamorarsi. Ecco allora che fotografare diventa un modo per conoscere, far proprio un paese in cui si è cresciuti ma non si è nati, costruire emozioni e ricordi che diventano altrettanti legami alla terra e alla persone eccezionali che la abitavano. Un viaggio intimo durato quarant’anni, affrontato con dedizione e quella voglia di “fare da solo” a cui si deve anche la scelta del monocromo - non solo perché, come diceva Gianni Berengo Gardin, <>, ma perché negli anni Ottanta il bianco e nero era l’unico che si poteva stampare a casa, senza rivolgersi a un laboratorio. Guardare queste immagini equivale, per chi lo conosce, a sentir parlare Alberto: ognuna è un racconto della persona, oltre che della città, del suo humour e di un certo modo di vedere le cose. Lo scatto si regge su un elemento centrale, un focus narrativo attorno al quale si annoda il senso dell’immagine; e, quasi sempre, la traccia è animata da una sottile ironia. Gli oggetti sono riconoscibili, ma celati dalla neve; le rare persone fissano sempre qualcosa che è altrove.
Un paesaggio si confonde e frammenta nel suo riflesso; biciclette, ombrelloni, pattini, bitte e fontana sono rese inservibili dal ghiaccio, diventando caricatura o ricordo di stagioni più miti. C’è tutta Rimini, nella sua più intima essenza, in questo gioco, questo galleggiare leggero attorno alla realtà che non è solo un modo di fotografare, ma di vivere. Più che una vita, un racconto; e più che un racconto un poema; anzi come scrivere un altro grande cantore della Romagna, Giovanni Pascoli, “Un lungo interminabile poema. / E lunghi, e interminati, erano quelli / ch’io meditai, mirabili a sognare / stormir di fondi, cinguettio d’uccelli, / risa di donne, strepito di mare”.
Luca Baroni