Alberto Garutti / Smuovere l’angolo apocalittico verso la speranza
Una doppia mostra: un omaggio ad Alberto Garutti, intitolato Che Cosa Succede alle Stanze Quando Vanno via gli Uomini?, assieme ad una mostra collettiva intitolata Smuovere l’angolo apocalittico verso la speranza, a cura di Stefano Cagol, che vede come protagonisti lo stesso Cagol (IT), Mary Mattingly (US)e il collettivo PSJM (ES).
Comunicato stampa
Glenda Cinquegrana Art Consulting è lieta di presentare un omaggio ad Alberto Garutti (1948-2023) una delle figure di riferimento più importanti per l’arte italiana ed internazionale, recentemente scomparso. Docente e ricercatore, ha indagato il rapporto committenza ed opera, fra arte pubblica, cittadino e istituzione. Ubicata nella sala principale della galleria, la project room presenta un nucleo significativo di opere in prestito da prestigiose collezioni private allo scopo di fornire un omaggio all’artista assieme ad una prospettiva a volo d’uccello sull’ampiezza e la profondità della sua ricerca. Il titolo del progetto, Che Cosa Succede alle Stanze Quando Vanno via gli Uomini? tratto da una serie di lavori allude, in una prospettiva a posteriori, a quello che resta dell’opera di un artista nel tempo. La galleria presenta alcuni Orizzonti, lavori esposti alla Biennale di Venezia del 1990, focalizzati sul filo sottile che lega artista e collezionista committente; tre opere dalla serie Che cosa succede alle stanze quando vanno via gli uomini? che, concepite originariamente per una mostra al PAC di Milano, sono state esposte all’Istituto di Cultura Italiana di Madrid; infine, Tutti i passi che ho fatto nella mia vita mi hanno condotto qui ed ora, realizzata per l’aeroporto di Malpensa a Milano. Attraverso un nucleo di opere significative, la project room intende omaggiare l’artista e offrire spunti di riflessione sul percorso che Garutti ha costruito in un quarantennio di ricerca sul rapporto sempre mutevole e impegnativo che l’opera ingaggia con il pubblico.
Glenda Cinquegrana Art Consulting è lieta di presentare la mostra collettiva curata da Stefano Cagol Smuovere l’angolo apocalittico verso la speranza.
Il titolo, preso da una conversazione tra Björk e il filosofo Timothy Morton, rimanda al ruolo dell’arte d’influenzare la società allontanandola dall’immobilità paralizzante. Un coerente senso d’impegno distingue, infatti, la pratica degli artisti esposti, Mary Mattingly (Rockville, 1978), il collettivo spagnolo PSJM (Cynthia Viera, Las Palmas, Gran Canaria, 1973, e Pablo San José, Mieres, 1969) e l’italiano Stefano Cagol (Trento, 1969).
Mattingly, la cui ricerca è stata definita dal New York Times “ottimista”, con una sua opera ha spinto la città di New York a istituire il primo parco edibile di questa metropoli. Il lavoro dell’artista affronta le future crisi climatiche tentando di rendere l’ambiente urbano un posto migliore in cui vivere in questo momento, prosegue il New York Times. In mostra, viene esposta l’opera fotografica della serie House and Universe (2013), tra le sue più famose, pubblicata sulla copertina del libro Art in the Anthropocene. Encounters Among Aesthetics, Politics, Environments and Epistemologies. Le altre opere fotografiche appartengono alla serie Ebb of a Spring Tide Salt Moons, realizzata consentendo alla componente salina dell'oceano di accumularsi su grandi dischi di acciaio, che sono stati immortalati mentre le formazioni saline cambiavano con le maree, mettendo in evidenza la forza della natura.
Il collettivo PSJM basato alle Isole Canarie, incluso tra i cento artisti più rappresentativi dell’arte socially-engaged internazionale in Art & Agenda: Political Art and Activism (Gestalten, Berlino, 2011), nel 2018 a Las Palmas ha fondato la Sala de Arte Social e il progetto Biotopias di arte ed ecologia negli spazi pubblici. A Milano presentano opere pittoriche su lino e tempere su carta della serie Clean Future. Sono composizioni minimaliste basate su dati statistici, definite geometrie sociali, opere di grande semplicità e immediatezza ma profonda densità di significato. Questa nuova serie, realizzata espressamente con vernici ecologiche prodotte localmente, assume un tono ottimista, descrivendo proiezioni future incoraggianti, come l’aumento dei veicoli sostenibili o il trattamento dei residui in Unione Europea dagli anni Settanta al 2050, simboleggiando così la speranza per un futuro pulito.
Di Cagol, che ha partecipato alla 59esima, 55esima, 54esima Biennale di Venezia, in mostra troviamo opere scultoree, video e fotografiche. Attraverso una ricerca fortemente basata sul processo e sulla capacità di uscire dagli spazi dell’arte, Cagol ha sviluppato un metodo multi-sito, multidisciplinare e generativo, che ha dato vita a We Are the Flood / Noi siamo il diluvio, una piattaforma all’interno del MUSE Museo delle Scienze di Trento, “il progetto di un museo scientifico per affrontare la crisi ambientale attraverso l’arte contemporanea”, in cui ha coinvolto in questi due anni oltre cinquanta tra artisti di diverse generazioni, filosofi, poeti, e ha dato vita alla Collezione Antropocene MUSE, prima del suo genere in Italia, insignita del PAC – Piano Arte Contemporanea 2023. Ora, come vincitore per la seconda volta dell’Italian Council, ha evoluto questo stesso progetto in spedizioni nel deserto dell’Egitto, nella jungla tropicale della Malesia, nei ghiacci della Groenlandia e nelle steppe del Kirghizistan, tra solitudine sciamanica e interazione con lo specifico ambiente culturale.
Stefano Cagol spesso si riferisce a Timothy Morton: le loro ricerche e teorie si avvicinano in modo sincronico dalla pubblicazione di Hyperobjects del 2013 allo spettacolare incontro al MUSE di Trento di ottobre 2023, incentrato sul prossimo libro Hell di Morton.
L’apocalittico Cagol crede, fino in fondo, nell’artista con un ruolo sociale e spirituale.