Alberto Maggini – Le origini delle buone maniere a tavola

Informazioni Evento

Luogo
CASA VUOTA
via Maia 12, Roma, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
21/09/2023

ore 18,30

Artisti
Alberto Maggini

Mostra personale.

Comunicato stampa

“Non c’è niente nell’universo che non sia naturale. Le città e i loro paesaggi sono naturali, così come gli appartamenti, i deserti, le foreste, le pianure, i mari. (…) Creando le città, inventando il cemento, l’asfalto e il vetro, gli uomini hanno inventato una nuova giungla della quale essi non sono ancora gli abitanti”. Jean-Marie Le Clezio

 

 

Come tutte le parole veramente fondamentali, "natura" è una millefoglie di significati. Può riferirsi ad ogni cosa nell'universo, a ciò che è innato piuttosto che coltivato, a ciò che è selvaggio piuttosto che civilizzato, allo spontaneo piuttosto che all’artificio,  all’alimento crudo piuttosto che al cotto.

Ma c'è comunque un'accezione di "natura", almeno nella maggior parte delle principali lingue europee, che è antica, duratura e potente: la natura come essenza di una cosa.

Tale concetto determina come una certa cosa – animale, vegetale, minerale – appare e si comporta.

Gli antichi greci la immaginavano come un principio interiore, oggi ci si riferisce al DNA.

Più in generale, per "natura" si intendono i tratti innati o spontanei, in contrapposizione a quelli imposti dall'arte o dall'educazione.

Nelle varie culture ed epoche storiche l'ordine della “natura” è stato usato per sostenere un ideale di autenticità e per diffamare lo spettro altrettanto vivo dell'innaturale.

Tale ordine è stato sconvolto da “individui sbagliati”: mostri che trasgrediscono i confini delle specie.

Per questo motivo i teologi cristiani di tradizione aristotelica consideravano la bestialità un peccato peggiore dell'adulterio, tracciando di fatto in questo modo un solco, sempre più demarcato,  tra uomo e natura.

Tali aberrazioni di natura sono state meravigliosamente rappresentate nei bestiari medievali, in cui ad ogni “bestialità” veniva associato un traviamento della norma.

È curioso come ancora oggi, figli di quel pensiero, siamo portati a vedere ogni altra forma della natura come, al massimo, un simbolo di una certa qualità umana - il serpente, ad esempio nella cultura occidentale, è un'immagine della malvagità, l’ape dell’operosità  - ma nessuno di questi esseri può venir concepito come essere razionale in se stesso. Perciò nella nostra immaginazione popoliamo il Mondo solo con altre forme umane, con emanazioni di ciò che sarebbero le nostre virtù e vizzi.

Perché gli esseri umani, in molte culture ed epoche diverse, hanno guardato alla natura come fonte di norme per la condotta umana (condotte secondo o contro natura)? Perché la natura dovrebbe fungere da gigantesca camera di risonanza per gli ordini morali che l'uomo crea?

Intorno a queste domande si svolge la ricerca di Maggini, che riflette sul continuo gioco di mirroring (rispecchiamento) dell’uomo nella natura, sulla passione per la classificazione biologica che attribuisce “nomi e cognomi” a piante ed animali e alla separazione tra uomo e natura (cultura e natura) effettuata per secoli dal mondo occidentale per giustificare il dominio umano sulle altre forme di vita organica e inorganica.

Nella pratica di Maggini il corpo umano viene utilizzato per ridurre la frattura tra natura e cultura: se da una parte infatti, in quanto elemento biologico, esprime la sua naturalezza, dall’atra è un mezzo per esprimere la cultura di una società.

Il corpo dell’artista in questo contesto si smembra diventando cibo, elemento “naturale” per eccellenza. Si fa bello per sedurci, come alimento afrodisiaco, ci confonde tra le sue decorazioni e guarnizioni, mascheramenti e trattamenti di bellezza.

Maggini, attraverso lo smembramento indaga qui la transitorietà, il cambiamento, la mutevolezza della vita sociale, delle regole che reggono i comportamenti individuali e collettivi, smarcandosi con ironia dalla fissità imposta dall’ideologia capitalista patriarcale.

Lo “smembramento seduttivo”messo in scena dall’artista, asseconda con ironia le regole del capitale secondo le quali soltanto decorazioni e accessori sono oggetto di una perpetua e superficiale trasformazione.

Rievoca in maniera archetipica fertilità e resurrezione, prende in prestito i miti sullo smembramento disseminati tra le culture dei popoli della Terra (di Watakame in Messico, Ymir in Islanda, Urano in Grecia, Tiamat in Babilonia, del dio indiano Purusa dalle membra del quale nacquero le varie caste).

 

Nel ricreare l’interno di un appartamento borghese Maggini genera un linguaggio fatto di miti, modi di stare a tavola e ricette per cuocere i cibi. Tali usanze infatti dicono in realtà molto di più: per quanto appaiano casuali, sono il mezzo attraverso cui una società traduce inconsciamente la propria struttura mentale o addirittura rivela, sempre senza saperlo, le proprie contraddizioni.