Aldo Saracino – Bunker
Mostra personale d’arte contemporanea di Aldo Saracino “BUNKER: Lungo il confine della libertà- Indagine sul tema dell’alterità dal punto di vista introspettivo, seguendo la sottile linea di confine che fa scattare meccanismi di protezione”.
Comunicato stampa
Sabato 29 settembre e domenica 30 settembre 2012, dalle ore 19.30 alle ore 23.00, lo spazio Numa8, sito nel centro storico di Martina Franca, ospiterà la mostra personale d’arte contemporanea di Aldo Saracino “BUNKER: Lungo il confine della libertà- Indagine sul tema dell’alterità dal punto di vista introspettivo, seguendo la sottile linea di confine che fa scattare meccanismi di protezione”
Il percorso parte dal video “Muro” (menzione speciale a Cortovisione – Lecce). Tra gli stati considerati normali, che potrebbero non esserlo, nella scrittura per voci di un nuovo glossario sulla psicopatologia della vita quotidiana, un capitolo a parte potrebbe titolarsi “sindrome da muro”. Perdita del senso della prospettiva rinascimentale, perdita della linea dell’orizzonte e della possibilità di spaziare con lo sguardo verso altri mondi, irrisolta ambivalenza tra il senso di oppressione dell’essere assediati e chiusura in un alveo protetto. Tali condizioni interiorizzate sino ad essere appunto considerate normali, appaiono esasperate in una città come Taranto “accerchiata dal mare” che, per questo e per altri aspetti, continua a collocarsi su una linea di frontiera.
“Muro”, sette minuti di riprese video, attraverso la diffrazione dell’immagine, vuole far riaffiorare lo stato di ansia senza dargli alcuna connotazione univoca, aprendo “una breccia” ai molteplici riferimenti, nella storia con le autorecluse delle murate, nella geopolitica con Berlino e la costruzione del muro in Israele, nella letteratura con J. P. Sartre, nella musica e nel cinema con “The Wall” e i Pink Floyd.
Proseguendo nel percorso, si passa a “Prisoners of his own freedom” (prigionieri della propria libertà). Il “filo spinato” dentro immagini di denuncia ha attraversato generazioni, definendo in modo chiaro ruoli e polarità contrapposte, ma quando le regole divengono sottili e la gabbia diviene impercettibile, dove nasce il senso di oppressione, cosa fa sentire il corpo e la volontà imprigionati? In “Prisoners of his own freedom” a imbrigliare non è l’immagine classica del filo spinato, ma una rete di fili visibili/invisibili. La nudità femminile dentro le maglie di fili è nello sviluppo delle capacità di modificazione trasformazione, essa infatti, il suo elemento, la sua fisicità, è la più insofferente allo stato di coazione, e fa perdere le proprie tracce sotto le spinte di un forte inconscio capace esso stesso di dipanare fitte trame che irretiscono.
Arrivando a “Bunker”, il tema trova altri punti di osservazione, altre vie di possibili linee di collegamento, dalla “presa” del catenaccio nella struttura relazionale della coppia, al riferimento alla forma urbana dei centri storici medioevali. L’istinto alla clausura concatena molteplici e contraddittori percorsi che deviano dall’interno verso l’esterno e poi ritornano nel movimento inverso. E’ come muoversi lungo una linea di confine dove tutto è indefinito, non c’è un carceriere, un aguzzino, non c’è nessun oppressore identificabile come tale. Potrebbe esserci un nemico alle porte, ma “il nemico è dentro di noi”.
Le opere in mostra di Aldo Saracino, sia come espressione su supporto sia come video arte, ci svelano che , per quanto evoluti, sono sempre meccanismi elementari e primitivi a determinare comportamenti individuali e collettivi, ancestrali paure usano nuovi e sottili trucchi per mimetizzarsi, La paura è come un animale che costruisce la propria tana nell’oscurità, ad essa risponde il bisogno di protezione.
Il modo in cui un individuo risponde ad essa può avere similitudini col modo in cui un popolo risponde alla paura. La paura dell’Altro e il bisogno di identificare un nemico, è il più elementare di questi meccanismi, ed è noto come esso venga usato in modo ricorrente come strumento di potere.
Aldo Saracino ci svela che , come un’onda, la linea di confine passa dalla dimensione individuale a quella collettiva, determina comportamenti e investe la sfera delle identità. Muoversi lungo questa linea di confine, tra condizione e negazione della libertà, imparare a snidare le paure, saperle riconoscere, dargli un nome, potrebbe essere l’inizio di un lungo cammino che rimette in discussione sovrastrutture culturali, ed essere il punto di partenza per affrontare in modo nuovo le cosiddette battaglie per i diritti civili.
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Aldo Saracino, vive e lavora a Martina Franca. La sua ricerca attraversa i linguaggi, usando tecniche diverse, dalla scrittura al video, nel superamento della separazione tra dimensioni diverse, nel passaggio dalla parola all’immagine. La sintesi potrebbe essere “una pagina come un quadro, un quadro come un libro”. Ha elaborato a diversi progetti, dalle arti visive al teatro, partecipando a mostre e rassegne video.