Aldo Schmid – Astrazioni cromatiche
Con la mostra dedicata al pittore Aldo Schmid, il Museo Alto Garda prosegue il suo progetto pluriennale dal titolo In Pinacoteca. Finestre sul contemporaneo, iniziato nel 2013 con la personale di Claudio Olivieri Il colore disvelato, nell’ambito del quale il MAG intende offrire un ciclo di approfondimenti e aggiornamenti sul linguaggio contemporaneo, a partire dagli anni Settanta del Novecento.
Comunicato stampa
Con la mostra dedicata al pittore Aldo Schmid, il Museo Alto Garda prosegue il suo progetto pluriennale dal titolo In Pinacoteca. Finestre sul contemporaneo, iniziato nel 2013 con la personale di Claudio Olivieri Il colore disvelato, nell'ambito del quale il MAG intende offrire un ciclo di approfondimenti e aggiornamenti sul linguaggio contemporaneo, a partire dagli anni Settanta del Novecento. Da luogo di conservazione di carattere storico-artistico, la Pinacoteca del Museo di Riva del Garda apre dunque le sue finestre su una selezione di progetti espositivi che permettano di documentare il più recente linguaggio figurativo.
La ricerca pittorica dell’artista trentino Aldo Schmid (Trento, 1935 - Monzumo, Bologna, 1978) rappresenta una delle esperienze più compiute e coerenti, all’interno del panorama culturale territoriale, dedicata squisitamente all’indagine sulle potenzialità espressive del colore.
Schmid aveva iniziato a occuparsi del problema del colore come elemento fondante della sua poetica nel 1964, affidando la sua instancabile ricerca teorica - che lo avvicina alle esperienze dello svizzero Itten - a una serie di manoscritti, pubblicazioni nonché ad alcuni fondamentali cicli pittorici.
Nell’evolversi della sua ricerca, Schmid approfondisce la complessa fenomenologia delle opposizioni e delle simultaneità cromatiche tramite comparazioni percettive, seguendo pratiche metodologiche rigorosamente verificabili e studiate sul piano teorico. Nel 1977, insieme ad altri artisti trentini, dà vita al Movimento di Astrazione Oggettiva. Non ci è dato sapere quali esiti avrebbe raggiunto la sua pittura poiché, come è noto, Schmid muore il 15 aprile 1978, vittima di un incidente ferroviario avvenuto sulla linea Bologna-Firenze, a Monzumo.
Questa mostra vuole essere un omaggio alla sua arte condotta con rigore e dedizione nell’alveo della pittura pura.
«Per Schmid il colore è necessario quanto il respiro. […]
Dopo una fase iniziale di carattere figurativo, nella quale si riconoscono i debiti stilistici dovuti allo studio diretto dell’espressionismo tedesco, dell’astrattismo di Mondrian e alla frequentazione dei corsi di Kokoschka alla Schule des Sehens di Salisburgo, Schmid inizia a concentrare la propria attenzione sul problema del colore e della luce. L’incontro con Virgilio Guidi è fondamentale e altrettanto importanti saranno i contatti che stringerà negli anni sessanta con il milieu veneziano, in particolare con Deluigi, Vedova e Tancredi e, negli anni settanta, con la temperie culturale milanese. […]
Ciò che Schmid aveva conquistato fin dai primi anni settanta era una sintesi perfetta di padronanza tecnica e di ispirazione, quello “stato di grazia”, raro ed eccezionale, che illumina l’atto creativo e conduce l’artista, consapevolmente o no, a non dipingere più il colore ma a dipingere la Pittura. Questo esito straordinario si avverte nelle serie dedicate a Eraclito e a Hegel, o nelle opere dove una lama di luce, ombra o colore, taglia la campitura, che non è mai riempimento uniforme, saturo e piatto, ma è sempre, invece, conquista di una profondità cromatica, risultato di velature e sovrapposizioni impercettibili.
La via da seguire era già in nuce, in un suo pensiero del 1958 che recita: “Traduco immagini in visioni di forme / e di colori, con una chiarezza facile e precisa. / Ogni momento mi rassicura la verità / della mia decisione, del mio indirizzo”.
La teoria è talmente introiettata che diventa azione naturale: automatismo cosciente.
Questa forma di automatismo conduce a una vera e propria introspezione del colore che si trasforma in visione nella mente dell’artista, resa visibile sulla tela. Prendono così corpo le dissolvenze che appaiono come tuffi nel colore, percepito nella sua purezza di pigmento, nella sua essenza, come entità, dove il colore appare come epifania nel vano di una cornice inesistente perché ormai inutile».
(Dal testo critico della curatrice Daniela Ferrari, pubblicato nel catalogo dedicato alla mostra Aldo Schmid. Astrazioni cromatiche nella collana del MAG In Pinacoteca. Finestre sul contemporaneo)