Alessandro Filippini – L’inizio e la fine del silenzio

Informazioni Evento

Luogo
MLB MARIA LIVIA BRUNELLI GALLERY
corso ercole I d'este, 3 ferrara, Ferrara, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Mostra aperta il sabato e la domenica dalle 15 alle 19 e gli altri giorni su appuntamento.

Vernissage
09/03/2013

ore 18

Contatti
Email: mlb@mlbgallery.com
Patrocini

Si ringrazia come sponsor tecnico per le installazioni urbane la ditta Tecnometa srl.

Artisti
Alessandro Filippini
Curatori
Antonio Nardone
Generi
arte contemporanea, personale

L’artista romano che da anni vive a Bruxelles, in concomitanza con l’esposizione dedicata ad Antonioni a Palazzo dei Diamanti, ha ideato un percorso di parole scolpite nell’acciaio e sculture di varie dimensioni tratte dai film del grande cineasta ferrarese, un cinema che affida al significato delle parole un mondo spesso inesprimibile, fatto di sogni e realtà sognanti.

Comunicato stampa

Parole d’acciaio inossidabile, lettere che si immergono nello spazio mutandolo. Sabato 9 marzo 2013 dalle 18 alle 22, Alessandro Filippini, noto artista italo-belga, inaugura alla MLB home gallery la mostra L’inizio e la fine del silenzio. Omaggio ad Antonioni, a cura di Maria Livia Brunelli e Antonio Nardone, in collaborazione con l’Associazione Michelangelo Antonioni, allestita fino a domenica 29 giugno 2013.
L’artista romano che da anni vive a Bruxelles, in concomitanza con l’esposizione dedicata ad Antonioni a Palazzo dei Diamanti, ha ideato un percorso di parole scolpite nell’acciaio e sculture di varie dimensioni tratte dai film del grande cineasta ferrarese, un cinema che affida al significato delle parole un mondo spesso inesprimibile, fatto di sogni e realtà sognanti. Un viaggio di frasi espressive tra le mura della MLB home gallery e lo spazio urbano ferrarese che offre, alla mostra e ai suoi osservatori, una dimensione onirica in cui perdersi. Piccole sculture e miniature, specchi che riflettono la luce, lettere dorate su base di marmo sono le frecce direzionali di questo percorso narrante che parlano con le parole di Michelangelo Antonioni, come le quattro insegne di plexiglas e luce Chissà dove, chissà come, chissà quando, chissà perché. L’esposizione di Alessandro Filippini sarà arricchita da due installazioni urbane poste in due tra i luoghi più suggestivi della città di Ferrara. Al centro della fontana di Piazza della Repubblica, alte aste d’acciaio sostengono lettere fatte della stessa materia che compongono la frase Dove finisce il vento. Le aste fanno dondolare leggermente le lettere donando loro un movimento impercettibile, delicato come una danza. Altre lettere, illuminate da luci che cambiano colore, seguono sospese, quasi fluttuanti, la forma ellittica della Rotonda Foschini del Teatro Comunale di Ferrara componendo le parole dire, amare, guardare, aspettare. Le sculture di Filippini si stagliano contro il cielo o nello spazio interno, giocano con elementi architettonici, urbani e vegetali, evocando parole e frasi che riflettono sull’incapacità di espressione della parola stessa. Sono sculture d’acciaio che irrompono nello spazio vuoto e lo riempiono di parole, una sorta di scultura-scrittura per i passanti che le leggeranno, in quei posti noti della città che ora hanno cambiato atmosfera, vestendosi di forti suggestioni semantiche, visive e poetiche. E la scelta dell’acciaio come materiare da scolpire non è casuale: questo materiale, apparentemente freddo, diventa uno specchio deforme, onirico, per niente realistico che ci conduce dentro un sogno ad occhi aperti. L’acciaio riflette la luce del sole, il vento, il grigiore della pioggia e il paesaggio, senza aggiungere in essi alcun elemento artificiale, senza alterare la morfologia del luogo che lo ospita e delle atmosfere che gli ruotano attorno. È come se sospendesse il tempo e lo rendesse tangibile, addirittura afferrabile. E le parole sospese nel tempo e il tempo stesso sono elementi molto cari all’arte di Filippini che, anche tra le mura di casa, cerca, in un mondo che è solo suo, di fissare i ricordi e conservarli per sempre. Ogni mese, l’artista raccoglie in una piccola scatola tutti gli oggetti e i simboli che hanno segnato e caratterizzato la sua vita e quella della sua famiglia negli ultimi trenta giorni. Per ogni mese, una scatola nuova di memorie si aggiunge alle altre lungo la parete dei ricordi. Per non dimenticare, per continuare a raccontare. E, in un profondo relativismo gnoseologico, in quelle parole d’acciaio sospese nel tempo, ognuno è libero di leggere la storia che vuole, fino ad inventarne delle nuove, passando da lettore a scrittore dei significati e delle visioni, da contemplatore a narratore sognante. Perché Alessandro Filippini è questo: un attivatore di sogni.