Alex Bellan – Detriti
Detriti, il progetto presentato nella project room di FaMa Gallery, nasce da alcune riflessioni sull’identità di uno specifico concetto di “spazio”.
Comunicato stampa
Nuova tappa per BASEMENT, che venerdì 12 aprile 2013 inaugura DETRITI, il progetto del giovane artista padovano Alex Bellan a cura di Elena Forin.
DETRITI, presentato nella project room di FaMa Gallery, nasce da alcune riflessioni sull’identità di uno specifico concetto di “spazio”. Maturate dall'osservazione di alcune e particolari dinamiche riscontrate dall'artista nel proprio territorio d’appartenenza, l’area Euganea, DETRITI offre una sintesi di questi ragionamenti attraverso un insieme di opere appositamente concepite per il Basement. Filo conduttore dell’intero progetto è l’analisi di determinate frazioni di spazio, a partire dalle quali l’artista intende proporre una riflessione estesa sui concetti di contesto e di paesaggio. Punto nodale dell’analisi di Bellan è un racconto che rivela le qualità e le profonde radici di un ambiente modificato, in cui le ragioni della natura si trovano indissolubilmente legate alle dinamiche di invasione dello spazio naturale da parte dell’uomo.
Tra le opere esposte, il video A seconda - realizzato grazie alla collaborazione con il Museo della Navigazione Fluviale di Battaglia Terme (PD) e girato con una telecamera galleggiante - racconta visivamente agli spettatori la fitta rete di canali che, partendo dalla campagna, collega la città di Battaglia al mare. Nel percorrere queste vie d'acqua, la telecamera incontra vari ostacoli e continui impedimenti generati dai tanti detriti naturali o abbandonati dall’uomo che spesso ne invertono la rotta e ne frammentano il tragitto.
Il video, girato seguendo le modalità tradizionali dell’andamento "a seconda" per cui la navigazione è affidata unicamente al ritmo e ai tempi delle maree, non solo crea una connessione e un richiamo diretto alle pratiche che hanno creato la cifra paesaggistica, visiva ed economica di questi luoghi, ma è anche caratterizzato da una lunghissima durata, che mette volutamente a dura prova la capacità di attenzione dello spettatore.
In quest’opera, in cui l’artista restituisce un’immagine complessiva dell’ambiente estremamente articolata, trovano quindi posto sia una fotografia metaforica del paesaggio e delle sue più intrinseche motivazioni, sia un affondo concreto ed estremamente reale sulla natura, sui ritmi, sugli sforzi e le contraddizioni che hanno segnato la crescita e lo sviluppo di quest’area.
“Scegliere questi luoghi però, non significa per l'artista condurre un ragionamento focalizzato su delle aree specifiche, quanto piuttosto accendere l’attenzione su frazioni di paesaggio normalmente ignorate. L’idea – prosegue Elena Forin nel suo testo per DETRITI- non è quella di stare all’interno di una geografia precisa, ma di dar voce a una volontà di comprensione più estesa, che tocca idealmente ogni territorio”.
Per questo Bellan, in un'altra delle opere esposte, Ventre #2, interviene su un altro tipo di struttura, “questa volta un edificio, un ex macello, di cui con una metodologia differente per tecnica ma simile per presupposti, mostra al pubblico la più segreta struttura interna. Scelto per le proprie qualità di spazio che tendenzialmente non viene assorbito dal tessuto urbano, il macello – prosegue Forin - viene presentato quasi come fosse un organismo del quale vengono esplorate vene e arterie. L’artista infatti, attraverso delle sonde, realizza delle indagini endoscopiche nelle tubature rivelando una struttura inaspettatamente paradossale a causa delle continue interruzioni delle condutture”.
Come in A seconda, anche in Ventre #2, lo spettatore si trova quindi di fronte a una narrazione contraddittoria, in cui la presenza di elementi di disturbo unita alla particolare qualità visiva delle immagini, crea un senso generale di asfissia.
“Tramite queste esperienze - dice Bellan - voglio cercare una "forma di assorbimento" per questi luoghi, al fine di integrarli nello spazio, mostrando la loro identità. Scavare nelle vie fluviali e negli edifici significa per me cercare una via di uscita o un punto di contatto inafferrabile".
Anche Basamento, l’installazione scultorea composta da una leggera base sostenuta da quattro esili gambe di ferro, si colloca all’interno di una simile prospettiva: i detriti collocati sulla base e tenuti insieme da cinghie elastiche, rappresentano infatti simbolicamente la volontà di ricostruire i frammenti di una cava. "La trachite impiegata nel lavoro non è squadrata: viene dalle cave dei Colli Euganei. Questo tipo di pietra è stata usata in aggregazione con cementi per sostenere i tetti delle case. Questa forma non ha la sembianza di un materiale puro, e mi interessa proprio per questo, perché raccoglie la memoria dei gesti, dell'attrito accumulato su di essa dalle braccia degli operai che l’hanno usata, delle urgenze e degli scopi diversi per cui è stata utilizzata. Mi interessa tutto il percorso della lava trachitica, che emergendo ha smosso la linea dell'orizzonte con la formazione dei Colli Euganei: la sua asportazione con l'infiltrazione del gesto umano, l'estrusione, il trasporto lungo la rotta… il sostenere, l'emergere, il franare, e, infine, la sua riconversione attraverso quest’opera che riassembla la pietra con un gesto teso e vulnerabile (dato dalla cinghia)".
Questa tensione tra spazio umano e naturale si ritrova, infine, anche nell’ultimo lavoro esposto in DETRITI: A s-ciafà, la foto del varo di una barca negli anni ’30. Il natante, calato in acqua di lato secondo una pratica definita per l’appunto "a-sciafà", viene completamente nascosto dall’acqua mossa dall’impatto. "I lembi della carta fotografica – racconta ancora Bellan - sono piegati quasi come se la modalità di realizzazione dell’immagine avesse “assorbito” il metodo raffigurato nella stampa: anche in questo caso cerco un punto di contatto, che si manifesta come una invasione dello spazio naturale da parte dell’uomo".
La mostra resterà aperta fino a luglio 2013.