Alex Bellan – Fondali
Rossana Ciocca è lieta di presentare la personale di Alex Bellan, artista veneto la cui ricerca si focalizza su oggetti, strutture e contesti ordinari, che vengono riprogrammati o declinati in nuove forme, sfruttandone le intrinseche qualità fisiche o meccaniche.
Comunicato stampa
Rossana Ciocca è lieta di presentare la personale di Alex Bellan, artista veneto la cui ricerca si focalizza su oggetti, strutture e contesti ordinari, che vengono riprogrammati o declinati in nuove forme, sfruttandone le intrinseche qualità fisiche o meccaniche. Attirato in particolare dai processi di condizionamento e dalle dinamiche che intercorrono tra interno ed esterno, le opere di Bellan derivano da riflessioni sulle trasformazioni in atto nella realtà che ci circonda o, più semplicemente, sono la formalizzazione di accadimenti innescati dall’artista o indotti da cause naturali o artificiali. Per queste ragioni i suoi lavori sono spesso costruzioni metaforiche o simboliche che rappresentano situazioni di stallo o di fragile equilibrio.
“Fondali” è un progetto che fin da subito tradisce una certa ambiguità: il termine infatti indica la profondità di uno specchio d’acqua marino o lacustre ma è usato comunemente anche per indicare la decorazione del fondo di una scena, cinematografica, teatrale o fotografica. Qui però non ha una precisa connotazione ma allude in modo generico a qualcosa che si colloca in secondo piano, differito rispetto a ciò che scorre in superficie o davanti agli occhi ma che in qualche modo ne costituisce struttura di sostegno. Tramite un percorso ideale di emersione dal buio la mostra si presenta come una riflessione sugli spazi interstiziali e di transito, sul concetto di attraversamento del territorio, sulle dinamiche (mimetiche e parassitarie) che ad esso sottendono in relazione alla presenza pervasiva dell’uomo.
Alex Bellan, (Adria, 1981) vive a Padova.
per informazioni: [email protected]
dal lunedì al venerdi dalle 14.30 alle 18.30
Testo Critico di Alfredo Sigolo
L’ambiente nel quale viviamo si presenta massivamente antropizzato e ciononostante in natura esistono forme viventi che riescono ad insinuarsi nel territorio “addomesticato” dall’uomo, esplorandolo e sfruttandolo in modo parassitario, traendo da esso le risorse di sopravvivenza attraverso l’organizzazione di una struttura parallela che ne consente la percorrenza e la colonizzazione.
La mostra indaga le dinamiche di questa strategia dell’attraversamento.
A terra è collocata una forma in cemento Portland di 230 x 200 x 26 cm.: sotto un profilo didascalico “Fondamenta” è una scultura tentacolare, non realizzata “per via di levare” ma ottenuta attraverso un intervento additivo, riempitivo, a ricavare il calco completo di una tana di talpa europea, assunto come esempio di architettura parassita e mimetica, in grado di sovvertire l’ordine del territorio senza indurre significative mutazioni al paesaggio.
Alex Bellan si è spesso occupato di esplorare condutture, flussi (attivi, stagnanti), cavità o alvei: dagli impianti di climatizzazione (50 Hz, 2009-2010) a quelli di irrigazione (Sovrappensiero, 2011), dalle vie fluviali (A seconda, 2013) ai sistemi di drenaggio (Ventre, 2013), in tutti i casi la struttura di condizionamento non è mai vista come vincolante ma semmai un’opportunità per sperimentarne le potenzialità, stimolando lo spettatore a riconsiderare un determinato oggetto, impianto o paesaggio, derivandone esperienze e riflessioni che, travalicato il mero aspetto funzionale, assumono un valore simbolico.
Forma del vuoto e dell’invisibile la tana è rappresentazione del confine tra superficie e sottosuolo, della zona di passaggio dal buio alla luce, tra il luogo proprio del tatto e quello proprio della vista.
Camminando per le campagna, capita di imbattersi casualmente in questa strana struttura sotterranea, rete di percorrenza scavata a poche decine di centimetri sotto i piedi, che rende il terreno instabile e il nostro passo incerto, a causa del precario equilibrio.
Bellan opera su di essa un doppio ribaltamento: estraendola e portandola in superficie ne esibisce la tortuosa conformazione fatta di curve, anfratti, vani e vie di fuga; inoltre, presentandola nella forma inversa del pieno anziché del vuoto ne inibisce il senso funzionale originario e la fissa in una forma cieca, che assolve all’unico scopo di rappresentare se stessa. Oggetto impossibile e alieno, la struttura coincide con il luogo da cui è stata ricavata, è essa stessa “luogo” e architettura dell’attraversamento.
Una possibile lettura di questo lavoro, la cui conformazione è risultato di istinto e memoria genetica della specie animale applicati alla morfologia del terreno, può ricondursi all’esplorazione del cosiddetto “terzo paesaggio”, concetto elaborato da Gilles Clément per descrivere i frammenti di territorio che si sottraggono alle attività umane e che preservano la diversità biologica. Ancora in un’ottica ecocompatibile la tana costituisce un esempio razionale di quell’“architettura di sopravvivenza” teorizzata da Yona Friedman, costruzione funzionale a produrre cibo e a garantire riparo senza modificare il paesaggio ma anzi interagendo e mediando con esso.
In un tempo in cui l’occupazione intensiva del suolo ha portato molti ad interrogarsi sulla possibilità di declinare l’architettura in forme di natura parassitaria e interstiziale, “Fondamenta” costituisce un caso esemplare di adattamento all’ambiente perfettamente efficiente e presente in natura.
A integrare l’analisi di questa struttura contribuisce anche la sequenza fotografica “Altrove”. In questo caso Bellan ha forato dei semplici rullini fotografici facendovi filtrare parzialmente la luce; applicando ad un materiale