Alexandra Lethbridge – The Archive of Gesture
Il progetto inedito di Alexandra Lethbridge – fresco di vittoria del prestigioso Belfast Photo Festival e presentato in anteprima assoluta alla Other Size Gallery – si sofferma sul tema del gesto e della sua fraintendibilità. In mostra un nucleo di circa dodici scatti, in un allestimento interattivo e teatrale pensato appositamente per gli spazi della galleria.
Comunicato stampa
Le mani, la gestualità, la comunicazione non verbale. In Italia, più che in altre parti del mondo, sappiamo che il corpo, e le mani in particolare, contribuiscono in modo determinante a rendere più efficace un messaggio.
Ma cosa accade quando il gesto viene negato? Da questo quesito prende le mosse – è il caso di dirlo – il progetto inedito della fotografa inglese Alexandra Lethbridge “The Archive of Gesture”.
La serie – dopo essere stata decretata vincitrice del Belfast Photo Festival da una giuria composta dai curatori del San Francisco Museum of Modern Art, del V&A e della Tate e dai photo editor di The New Yorker e TIME Magazine – è presentata in anteprima assoluta in Italia alla Other Size Gallery di Milano, in una personale a cura di Claudio Composti.
In mostra, dall’8 settembre al 15 ottobre 2021, sono esposti circa dodici scatti in bianco e nero di medie e grandi dimensioni, presentati in un allestimento interattivo e teatrale pensato appositamente per gli spazi della galleria in un’ottica site-specific.
A partire da immagini di sculture classiche, spesso giunte a noi con le braccia mutilate e quindi private della possibilità di veicolare il messaggio di cui erano portatrici, la fotografa compone un nucleo di opere che, nel sovrapporre immagini trovate, still life e interventi digitali, si interroga, non senza ironia, sul ruolo che la gestualità gioca nella costruzione del significato.
Sono i temi dell’inganno, del depistaggio, della disinformazione al centro della riflessione della Lethbridge che spiega: “Il gesto è diventato un po' un'ossessione, in particolare considerando come può essere letto o frainteso”.
Funzionale a questi temi è anche la dimensione installativa della mostra che gioca sul rapporto tra tridimensionalità delle sculture ritratte e bidimensionalità delle immagini fotografiche: stampate su teli trasparenti le fotografie possono essere contemplate a “tutto tondo”, esattamente come una scultura, pur rimanendo indubitabilmente bidimensionali.
A rimarcare poi la contrapposizione tra occultamento e disvelamento, un sistema di quinte scorrevoli consente di celare e svelare le opere in maniera tanto interattiva per il pubblico quanto teatrale.
Un continuo, giocoso inganno che dalle fotografie si sposta alla fruizione stessa della mostra.
“La giovane artista inglese – scrive il curatore Claudio Composti nel suo testo – crea una ingannevole galleria di immagini di sculture classiche rimontate a collage e amputate di mani e braccia, per sottolineare il ruolo fondamentale dei gesti nella comunicazione e quanto, in assenza di quelle, il messaggio e il significato siano interrotti o monchi, appunto”.
La mostra rientra nel programma espositivo di Photofestival, rassegna internazionale di fotografia che si tiene a Milano dal 16 settembre al 31 ottobre 2021.