Amerigo Tot – Le strade verso il Mediterraneo
La mostra propone un’attenta selezione di opere realizzate da Tot sia tra il 1950 e il 1952, quando a Vietri sul Mare lavorò presso la Ceramica Pinto, sia tra il 1970 e il 1976 quando fu chiamato, per “chiara fama”, in qualità di docente di Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Bari.
Comunicato stampa
Sabato 27 luglio alle ore 18. 30 presso la Sala polifunzionale “Mario Benincasa” sarà inaugurata la mostra AMERIGO TOT. LE STRADE VERSO IL MEDITERRANEO, realizzata dal Comune di Cetara con il patrocinio dell’Ambasciata d’Ungheria in Italia.
«A distanza di un anno circa della sua inaugurazione – scrive Secondo Squizzato sindaco di Cetara nella premessa al volume che accompagna la mostra pubblicato dalle edizioni Gutenberg – la Torre di Cetara-Museo Civico ospita un’incredibile mostra di ceramiche e di sculture realizzate dall’artista ungherese, italiano di adozione, Amerigo Tot. La mostra curata dal professor Massimo Bignardi, dell’Università di Siena, propone un’attenta selezione di opere realizzate da Tot sia tra il 1950 e il 1952, quando a Vietri sul Mare lavorò presso la Ceramica Pinto, sia tra il 1970 e il 1976 quando fu chiamato, per “chiara fama”, in qualità di docente di Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Bari. Infine le opere eseguite nel suo breve soggiorno a Vietri sul Mare, nel 1973, chiamato dall’amico Matteo Rispoli a realizzare alcune opere, sostanzialmente piatti, per il progetto MuseoVivo ideato da Ugo Marano.
Nel suo nucleo centrale essa propone otto, degli undici grandi pannelli in maiolica, eseguiti dall’artista per conto di Giuseppe Ragazzini, presso la Ceramica Pinto a Vietri sul Mare nel 1952: dopo la mostra romana del 2010 è la prima volta che queste opere sono esposte e completamente documentate nel prezioso volume che è stato realizzato per l’occasione, per la cui pubblicazione esprimiamo viva gratitudine al presidente della Banca di Credito cooperativo di Scafati e Cetara, il dottor Massimo Cavallaro, nostro prezioso partner in questa ed altre avventure».
Nella decisione di Tot di accogliere il suggerimento di Giuseppe Ragazzini ed accettare la proposta della I.C.A.M. (Industria Ceramica Artistica Meridionale la vecchia fabbrica messa su da don Vincenzo a metà del XIX secolo) di assumere il ruolo “direttore artistico” delle nuove produzioni, indubbiamente hanno pesato più fattori. Tra questi, rileva Bignardi nel saggio introduttivo, «le possibilità offerte da una pratica creativa millenaria qual è la ceramica, sobillata dalla vitalità di una dimensione archetipica ancora nella sua piena attività magmatica; la particolare positiva congiuntura che in quegli anni di avvio del boom economico, facevano registrare le piastrelle maiolicate prodotte nelle aziende vietresi. Infine ad attrarlo è stata la straordinaria stagione vissuta a Vietri sul Mare agli albori del decennio Cinquanta, ove si assiste ad un rinnovamento della ceramica, così come è per Albissola Marina, con il lavoro di Fontana e di Wifredo Lam presso l’antica Fornace Alba Docilia, o di Jorn, di Pinot Gallizio, di Corneille, di Matta, di D’Angelo o di Agenore Fabbri, tra gli altri, nella fabbrica di Giuseppe Mazzotti (padre di quel Tullio d’Albissola della stagione futurista), a metà del decennio».
In esposizione ceramiche degli anni Cinquanta e Settanta, sculture, disegni e grafiche, sostanzialmente opere realizzate tra il 1951 e il 1975 a Vietri e a Bari, tra queste otto grandi pennelli decorati con motivi figurativi ed astratti, realizzati nella fabbrica Pinto di Vietri nel 1952; il bellissimo Vaso giallo e manganese, del 1951, il piatto Il bagno di Venere, del 1973 realizzato per il MuseoVivo, lavori entrambi provenienti dalla collezione Nunzio Vitale di Salerno, nonché il bozzetto in bronzo del pannello per l’Università di Budapest, del 1956, il bassorilievo Donna, del 1973 della collezione Pantaleo Avellis di Bitonto. Infine tre inedite piastre in terracotta, realizzate da Tot specificamente per l’amico Ugo Marano nel 1975 e cotte nello suo studio di Capriglia.
«Una mostra importante, significativa – conclude Secondo Squizzato – che va ad iscriversi nel programma di promozione di Cetara all’interno del turismo culturale, pronto, così come immagino Tot nella sua Topolino cabriolet, a farsi guidare dal calore della nostra terra».
AMERIGO TOT nasce il 27 settembre 1909, nella piccola cittadina ungherese di Fehérvárcsurgón. Dal 1926 fino al 1928, frequenta la Scuola Superiore delle Arti Applicate di Budapest, dove consegue la specializzazione in grafica studiando con Ferenc Helbing e György Leszkovszky.
Nel 1930 partecipa al concorso indetto dal Bauhaus per borse di studio a studenti stranieri: nella scuola di Dessau ha come insegnanti László Moholy-Nagy e Paul Klee. Sono gli anni dell’ascesa di Hitler e della violenza scatenata dalle “camice brune”. Il nazismo chiuderà di lì a poco la Scuola costringendo gli artisti a fuggire dalla Germania. Tot si reca a Dresda per iscriversi alla scuola di Otto Dix, con il quale ha modo di esporre, per la prima volta, in pubblico le sue opere. Arrestato viene recluso nel campo di concentramento di Zwickau: qui l’artista incontra gli amici del Bauhaus con i quali riesce a fuggire. Oltrepassa il confine con la Cecoslovacchia, poi dell’Austria per rifugiarsi in Italia.
Roma lo affascina talmente da indurlo ad eleggerla come città di adozione. Dopo aver trascorso un difficile momento ed aver fatto svariati lavori, ottiene una borsa di studio da parte del governo italiano che gli permette di entrare all’Accademia di Ungheria. La conoscenza diretta dei maestri e delle opere del Rinascimento italiano gli provoca un vero choc, tanto che l’esperienza del Bauhaus gli appare svuotata di significato: frequenta l’Accademia di Belle Arti di Roma, è allievo del classicista Zanelli da cui apprenderà la monumentalità e, contestualmente, studia la scultura etrusca. Fino al 1938 lavora come zincografo al “Messaggero”, anno in cui passa come aiutante nello studio di Fazzini; conosce Mirko, Cagli, Afro. In questo periodo vince il “Premio per Giovani artisti”. Nel 1940 gli viene commissionato il grande bassorilievo Il giudizio universale per la tomba della famiglia Goldoni a Bologna. A Roma, Tot partecipa a numerosi concorsi di progettazione per monumenti commemorativi e, sul piano delle battaglie politiche contribuirà alla lotta nazi-fascista, combattendo a fianco del movimento di resistenza italiana.
Alla fine della seconda guerra mondiale si immerge ancor di più nel lavoro richiamandosi a quelle che erano state le sue esperienze giovanili al Bauhaus: recupera la linea organica, essenzializza il disegno, ispessisce le figure, chiude con le esperienze influenzate da una tendenza classicheggiante ed inizia il periodo di attenzione ad un dettato astratto. Realizza il bronzo la Bella partenope; nel 1948 vince il “Premio Forte dei Marmi” per la scultura , dal 1950 al 1952 lavora tra Roma e Vietri sul Mare ove svolge le mansioni di direttore artistico della ceramica I.C.A.M. dei fratelli Pinto. Nel 1949 vince il concorso per il frontone della pensilina della Stazione Termini a Roma, con il bassorilievo Strada ferrata realizzato in alluminio anodizzabile e collocato nel 1953. Nel 1954 è l’anno dell’esecuzione del Il Tavoliere per la sede di Bari della Cassa di Risparmio di Puglia, un bassorilievo in bronzo che segna il suo ritorno alla figurazione. Inizia il periodo delle sculture che definisce delle “proteste”: nel 1954 viene invitato alla XXVIII Biennale di Venezia con tre opere e ottiene il primo premio per la scultura alla “Mostra dell’Agricoltura” a Roma. Sono gli anni della grande scultura a parete, realizzata in cemento per la sede della banca Monte dei Paschi di Siena di Bari, del soffitto in stucco romano dorato per la Sala della Vittoria del Ministero degli Esteri, del grande bassorilievo in cemento armato per l’Ufficio Centrale dell’Automobile Club d’Italia a Roma. Nel 1960 è allestita una sua sala personale alla Quadriennale di Roma, periodo nel quale gli viene commissionata una scultura per il Palazzo dello Sport all’EUR: qui Tot realizza un grande bassorilievo dai motivi geometrici che può considerarsi la più grande scultura in ceramica realizzata in quegli anni in Europa. Nel 1962 la XXXI Biennale di Venezia gli dedica una sala allestita con un notevole gruppo di sue opere, presentate in catalogo da Lionello Venturi. È un’occasione di notevole successo. L’anno seguente viene invitato ad esporre a Parigi (“Actualité de la Sculpture”), all’Università di Szeged e a quella di Pittsburgh nel 1971. Del 1967 sono i viaggi di studio tra gli Stati Uniti, il Giappone e l’India, dai quali ritorna, nel 1969, nella sua Ungheria ove esporrà per la prima volta, registrando con la personale al Museo Mücsarnok di Budapest un successo enorme.
Nel 1970 esegue per il CONI litografie con soggetto sportivo; viene nominato titolare di Cattedra della Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Bari ed avvia una intensa attività espositiva, partecipando alla mostra “Scultura italiana contemporanea. Mostra del bronzetto italiano contemporaneo” tenutasi a Firenze nel 1970 e poi itinerante per varie città quali Budapest, Milano, Buenos Aires, Montevideo, Rio de Janeiro, San Paolo nel 1971 e Città del Messico, Osaka, Tokyo nel 1972. Nel film Il Padrino (2), sarà il guardaspalle di Michael Corleone (interpretato da Al Pacino) girato nel 1974. Nel 1978 torna ad esporre in Ungheria, ove partecipa alla “IV Esposizione internazionale della piccola scultura”, tenutasi al Museo Mücsarnok.
Muore il 13 dicembre 1984, a Roma sua città adottiva.