Andrea Antikorpo Lanzi – Seventeen days
Lanzi è un artista crudo e visionario, che confonde la realtà con l’immaginario. Andrea Antikorpo Lanzi è definito il figlio maledetto di Cattelan, perchè ancora più cinico e crudele, ma in realtà dietro le sue opere, c’è la volontà di far riflettere sulla malvagità umana nei confronti degli animali, sull’attualissimo periodo di crisi economica che stiamo passando e più in generale sul rapporto fra la vita e la morte.
Comunicato stampa
SEVENTEEN DAYS! IN GOD WE TRUST !
ANDREA ANTIKORPO LANZI SOLO SHOW a cura di : PIETRO DI LECCE
DAL 17 FEBBRAIO AL 4 MARZO 2012
SPAZIO ORLANDI
VIA VESPRI SICILIANI 16/4
20146 MILANO
TEL/FAX: 02/473046 CELL: 339/2224336
www.spaziorlandi.com
[email protected]
VERNISSAGE IL 17 FEBBRAIO DALLE ORE 17:00
Le opere di Andrea Antikorpo Lanzi, (artista eclettico e tatuatore di professione) a primo impatto visivo, sembrerebbero ciniche, crudeli e senza troppi fronzoli .
In realta’ l’autore cela la voglia di far riflettere su argomenti sempre attuali come la malvagita’ umana nei confronti degli animali, della vita e della natura in generale.
Uno degli elementi fondamentali per decretare il successo di un artista, in questo periodo storico per l’arte, e’ il fatto che l’artista stesso e le sue opere facciano parlare nel bene o nel male (non a caso sono molti i riferimenti a Cattelan), questi lavori a livello di impatto emotivo, non hanno mezze misure, non passano inosservati, fanno parlare e discutere molto oltre che far riflettere.
Lanzi ha gia’ vinto diversi concorsi artistici ed ha esposto in molte gallerie in Italia.
Per le sue sculture utilizza i piu’ svariati materiali tra cui resine, argilla, peli impiantati, materiali plastici, il mix di questi elementi rende il suo lavoro affascinante e molto veritiero crea, in questo modo, un gioco di specchi tra l’osservatore e le sue sculture, rendendo indefinito il rapporto tra il reale e l’irreale.
Nella sua prima personale allo Spazio Orlandi , presentera’ un’istallazione inedita, di dimensioni molto grandi, oltre che ai suoi celebri lavori tra cui la scultura raffigurante Hitler con le dodici lumache che si muovono sul volto le quali rappresentano i dodici apostoli, l’embrione di elefante e tanti altri lavori .
Testo Critico di Pietro Di Lecce
IL PERSECUTORE DELLE IMMAGINI
Accanto alla produzione effimera ed eccessiva di oggetti estetizzanti di mercato, l’industria del sacro da sempre provvede a soddisfare i bisogni religiosi della massa elitaria e volgare.
La produzione sacra, mai sfiorata da crisi economiche o dalla concorrenza se non tra religioni, pervarsa nella proliferazione di simboli, plasmandoli nelle diverse epoche con vesti sempre più accattivanti e kitsch.
In questo solco consumistico della merce si intreccia l’arte dissacratoria, ironica, volutamente kitsch e pop di Andrea Antikorpo Lanzi, praticata nella continua indagine tra verità e menzogna, tra religione e fede, tra finzione e realtà, tra sacro e profano.
Se in molte confessioni non cattoliche vengono bandite le immagini di santi o del Cristo persino crocifisso, e conseguentemente le reliquie, nella religione cattolica, invece, esse diventano oggetto di adorazione feticista, immagini e oggetti da venerare in cui si annulla qualsiasi necessità di veridicità.
A ironizzare questo atteggiamento, Lanzi si fa persecutore dei simboli del sacro attraverso la creazione di oggetti ricchi e preziosi, che simulano l’atto di una presunta venerazione.
L’invenzione creativa, assecondata dall’altissima manualità dell’artista, fornisce così, una produzione di apparati reliquiari, quali teche calici e bocce, contenenti cervella, crani e ossa di animale sottospirito, o mosaici illuminati, costruiti da particole la cui sovrapposizione inscrive in latino l’aurea massima e vera: “La verità genera odio”.
In questa pratica artistica feticista, pseudo culturale, Lanzi celebra la mancanza dell’oggetto autentico e di rito, ne esalta l’oppulente ricchezza e, infine, ne smaschera la pericolosa ideologia religiosa dominante, che è sempre sottesa anche ad ogni reliquia.
Nella continua persecuzione verso le immagini sacre, frutto del costante dominio delle coscienze praticato da qualsiasi religione, Lanzi definisce continuamente la sua poetica, ammettendo la necessaria compenetrazione degli elementi sadomasochisti della venerazione, e confinando nel dubbio la dicotomia tra religione e fede, tra bisogno spirituale interiore, provocato dalla sofferenza, e godimento ed estasi della pratica religiosa devozionale.
Fede e religione si accampano così in sfida.
Il dominio religioso sulle coscienze da plasmare si annulla, per denunciare indirettamente che la certezza della morte si identifica con l’autentica certezza del vivere.
In questo annientamento ideologico e religioso, l’artista può sottrarsi a qualsiasi accusa di blasfemia e anticlericalismo, fino a lasciare al fruitore il dubbio o la libertà di pensiero nei confronti della verità/falsità, del consumo religioso e della fede, della vita/morte, della guerra religiosa e della pace laica.
In tal senso, la paura della morte, punto fondativo di ogni religione, si smaschera come indottrinamento religioso, ma anche come completamento necessario alla vita.
Gianpietro Guiotto