Andrea Frank – Convergences
Andrea Frank insiste sulle strutture e sui lineamenti che, strato dopo strato, sorreggono il mondo. Il suo discorso si fa spontaneamente influenzare da un metodo di osservazione sperimentale di stampo scientifico, da suggestioni mutuate dai campi della biologia e della chimica.
Comunicato stampa
I movimenti del pensiero si esplicitano secondo distinte funzioni. Filosofia, scienza e arte vogliono operare sul caos, ordinando piani di svolgimento e svelamento.
La filosofia conduce le cose e gli eventi all'illimitatezza concettuale, utilizzando strategie logiche immanenti. La scienza si muove tra coordinate indefinite, di volta in volta plausibili, definendo stati o proposizioni referenziali, sotto la guida di osservatori sempre parziali.
L’arte “deve” creare il finito che restituisce l’infinito. Questo tracciato di composizione sostiene corrispondenze, relazioni, sensazioni composte: convergenze che tramano sotto l’azione di figure estetiche.
Andrea Frank insiste sulle strutture e sui lineamenti che, strato dopo strato, sorreggono il mondo. Il suo discorso si fa spontaneamente influenzare da un metodo di osservazione sperimentale di stampo scientifico, da suggestioni mutuate dai campi della biologia e della chimica, da una teoria della sensazione e della percezione di matrice novecentesca: si emancipa, infine, da ogni possibile rimando, attraverso intuizioni immaginose che hanno eminentemente a che fare con la pratica estetica. Tali confluenze di contenuti impregnano impercettibilmente la forma del risultato con le stesse sostanze che palesano, con le energie che veicolano. La crosta terrestre, nella sua dimensione potenzialmente infinitesimale, è il pretesto per un ritorno all'espressione poetica dell'immagine: piante, terre, radici, scorze, fusti, steli, foglie come cellule, molecole, microcosmi, ecosistemi. Alla superficie emergono arcane soluzioni: la domanda dell'arte e l'impenetrabilità di una scelta demiurgica. Al di sotto della rappresentazione fenomenica, intaccata tangibilmente da questo tremendo e fascinoso interrogativo, continuano a sognare le schiere dei sensi, gli eserciti delle parole.
Come per l'analisi di una nicchia ecologica, l'esercizio di esplorazione della realtà resta informato da spirali vertiginosamente inesauribili. Proprio lì, in qualche punto insondabile della nostra coscienza, precisamente nel modo in cui si crea la visione che noi stessi stiamo osservando, prende consistenza la magia del linguaggio.
Ivan Fassio