Andrea Santarlasci – Riflessi da un luogo invisibile
La galleria Passaggi ha il piacere di ospitare nel suo spazio espositivo la personale di Andrea Santarlasci Riflessi da un luogo invisibile, a cura di Arabella Natalini.
Comunicato stampa
La galleria Passaggi ha il piacere di ospitare nel suo spazio espositivo la personale di Andrea Santarlasci Riflessi da un luogo invisibile, a cura di Arabella Natalini.
La mostra si iscrive nel solco dell'articolata ricerca di Santarlasci che conduce spesso alla “scoperta” e alla “rammemorazione” di luoghi poco visibili e poco conosciuti, evocativi di dimensioni simboliche: “...è il luogo che suggerisce, che in qualche modo genera l’opera… Il luogo, per potersi definire come tale, e non come spazio aspecifico e astratto, deve, a mio avviso, contenere o alludere a un significato, a un’immagine, a un rimando che evochi e allo stesso tempo ci rinvii a un altrove, a un qualcosa che non è di questo luogo, che ci perviene da un altro contesto, ma allo stesso tempo appartiene al luogo stesso, intimamente custodito dentro di sé. Spesso proprio quel che sembra estraneo, quell’estraneità è ciò che identifica il luogo nella sua particolarità, solo a questo punto è possibile, per me, parlare di quel luogo e non di un altro. E’ questo l’aspetto più interessante, questa la caratteristica che ci fa comprendere la profonda specificità del luogo….” (Andrea Santarlasci).
A partire dalla fine degli anni ottanta Andrea Santarlasci ha sviluppato un linguaggio dove convivono e s’intrecciano molteplici tecniche, disegno, scultura, fotografia e installazioni, instaurando una stretta interazione tra ambiente, luce, colore e suono.
Fin dagli esordi, l'artista ha affrontato temi e motivi che caratterizzano la sua poetica: le relazioni e le opposizioni tra naturale e artificiale, tra spazio privato e ambiente esterno, tra riflessione individuale e dimensione collettiva, fino alle suggestioni visive dello sdoppiamento e della riflessione, dell’ombra e del tempo, in un costante equilibrio tra emozionalità e concettualità. Temi questi, caratterizzati spesso da un contrappunto o una fusione tra materialità e virtualità.
La frequente e approfondita meditazione sul concetto di luogo e di spazio pubblico, evidenziato soprattutto attraverso la relazione tra l’uomo e il suo ambiente, anche nei suoi aspetti sottilmente perturbanti, costituisce un tratto fondamentale della sua ricerca artistica. Ogni opera, con il suo sfondo enigmatico, costituisce lo spunto per una riflessione sulla condizione di spaesamento e di stupore dell’uomo contemporaneo, nel dilatarsi dei confini della realtà, del suo riconoscimento e nelle sue evoluzioni complesse e contraddittorie.
Le opere presentate a Pisa prendono spunto da un progetto più ampio, legato a un luogo antico della città di Pisa, un sito particolare dove il fiume Auser (l'attuale Serchio) si riversava nell'Arno. La confluenza dei due fiumi e le loro ramificazioni hanno determinato, nel tempo, la trasformazione del territorio, che attualmente ci appare modificato nella sua configurazione. Questo luogo, che non esiste più, viene evocato all'interno dello spazio della galleria, collegando i lavori esposti con un fluire sotterraneo che unisce passato e presente in una riflessione sullo scorrere del tempo e le sue diverse percezioni.
Una grande installazione, costruita con tavole di recupero, appare come frammento architettonico, una scala allagata che contiene al suo interno le acque del fiume, “soglia di un antico scalo che in bilico scivola fino ad aderire al suolo”; un ramo raccolto sulla foce del Serchio si trasmuta, all’estremità di un suo prolungamento, in oggetto scultoreo che rimanda alla prua di una piccola imbarcazione, affiancata da una serie di piccole foto di paesaggi fluviali e da un’opera pittorica che suggerisce possibili antichi percorsi del fiume.
Infine un dittico di light box, recante una scritta "fluida” - al cui interno le lettere che compongono la parola Auser sono impercettibilmente evidenziate - rielabora meditazioni filosofiche sulla permanenza e il divenire, aprendo a una riflessione sull’esistenza umana.
Quest’opera, in particolare, si riferisce a un progetto precedente che ipotizza, nel preciso punto di confluenza dei due fiumi, la collocazione della scritta luminosa, tra il tessuto urbano e la riva naturale dell’Arno. Come dichiara l’artista “Un intervento che ci invita ad attivare una rammemorazione di un sito ormai inesistente, e attraverso la sua collocazione nell’attuale paesaggio, ci prospetta l’incontro di due tempi diversi e simultanei, come in una eterocronia.”
Per Santarlasci, dunque: “L’acqua del fiume diviene quella sostanza che ci permette di contemplare e immaginare il tempo. L’acqua, materia liquida e dissolvente, illusoria e riflettente, è quell’elemento che può essere sempre comparato ad altri elementi... L’acqua può scavare la terra nelle sue profondità misteriose, può creare, deviare e dissolvere percorsi sotterranei, capaci di lasciare segni e tracce dei loro antichi passaggi.”
Biografia
Andrea Santarlasci nasce a Pisa nel 1964, dove vive e lavora. Diplomato presso il Liceo Artistico Statale di Lucca, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Venezia e di Carrara. Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, Santarlasci ha sviluppato un percorso in cui coesistono molteplici tecniche: disegno, fotografia, opere tridimensionali di scultura e installative. Partendo da tematiche inerenti le relazione e opposizioni tra naturale e artificiale, spazio privato e ambiente esterno, riflessione individuale e dimensione collettiva, l'artista ha realizzato nel tempo installazioni in ambienti di archeologia industriale, luoghi storici e spazi pubblici, anche fuori dagli ambiti convenzionali e tradizionalmente deputati alle esposizioni d’arte, spesso inseriti nel vivo tessuto urbano o in contesti naturali. Molti dei suoi interventi sono fruibili sia dall’esterno che dall’interno e mettono in relazione i vari elementi dell’opera e dello spazio-luogo.
Tra le personali più recenti: Le direzioni inverse del tempo, Galleria Davide Di Maggio, Milano, 2010; Nella visione probabilmente, Inner Room - BRICK - Centro per la ricerca e cultura contemporanea, Siena,2011; Fughe senza centro, Fondazione Mudima di Milano, 2012; Atopie del luogo, a cura di Saretto Cincinelli e Ilaria Mariotti, Centro Espositivo SMS e La luce che resta, installazione nella Torre Campanaria del complesso architettonico San Michele degli Scalzi, Pisa, 2013; Sul limite di un’altra soglia, a cura di Marco Senaldi, Sala ottagonale dell’Ex Convitto Vittorino da Feltre, nell’ambito della manifestazione Marble Weeks, Carrara, 2014.
Le sue partecipazioni a collettive, comprendono, tra le altre: The Bearable Lightness of Being-The Metaphor of the Space 2, a cura di Andrea Bruciati, Davide Di Maggio, Lorand Hegyi, Arsenale Novissimo, Tese di San Cristoforo, XII Biennale Internazionale dell’Architettura, La Biennale di Venezia, 2010; Alfabeta2 è un’altra cosa… Riflessi dell’arte italiana, a cura di Davide Di Maggio, Casinò - Ca' Vendramin Calergi, Venezia, 2011; 25 anni con la Nuova Pesa, Galleria La Nuova Pesa, a cura di Laura Cherubini, Roma, 2012; Abitare L’Arte e il Design, Intragallery, Napoli, 2012; Ripartire dalla musica per superare il terremoto, Galleria La Nuova Pesa, Roma 2013; Artenatura, a cura di Gianluca Ranzi, Antico Palazzo della Pretura, Castell'Arquato, Piacenza 2013; Spazio E23, Galleria Studio Legale, Napoli, 2014; TotalSpace/Spazio Totale, D’A Spazio D’Arte, Empoli, Firenze, 2014. I loro desideri hanno la forma delle nuvole, Takewaygallery, Roma, 2014; A Group Show not an archive of mussels, Blu Corner-project room, Carrara, 2015; Attraversare nuovi percorsi, Wegallery, Berlin, 2015.