Andreas Fogarasi – Città d’Acciaio

Mostra personale.
Comunicato stampa
Dopo gli studi di architettura, Andreas Fogarasi (nato nel 1977 a Vienna, dove vive e lavora) hadeciso di proseguire gli studi alla Fine Art School di Vienna dopo una residenza al Pavillon, Palaisde Tokyo nel 2002-2003.
Preoccupato dalle rappresentazioni del luogo, del potere e dell'identità nello spazio pubblico, il lavoro di Andreas Fogarasi commenta il modo dissimulato con cui lo Stato definisce e regola il comportamento all'interno dei suoi confini. Attraverso il suo lavoro, Andreas Fogarasi osserva la città e i suoi codici di rappresentazione, il modernismo e la politica delle masse.
Andreas Fogarasi è stato insignito del rinomato Premio Otto Mauer (2016) e nel 2007 del Leone d'oro per la sua mostra nel Padiglione ungherese alla 52a Biennale di Venezia. Il suo lavoro è stato rappresentato in numerose mostre a livello internazionale.Tra le mostre personali ricordiamo: Kunsthaus Muerz, Mürzzuschlag (con Markéta Othová), Vintage Galéria, Budapest (2023); GeorgKargl Fine Arts, Vienna 2022 (con Mariana Castillo Deball); Kunsthalle Wien, Vienna (2020);Galerie Thomas Bernard, Parigi (2018); Proyectos Monclova, Città del Messico (2016); MAKCenter, Los Angeles (con Oscar Tuazon); Galeria Vermelho, San Paolo; GfZK - Museum of Contemporary Art, Lipsia; Museum Haus Konstruktiv, Zurigo (2014); Trafó Gallery, Budapest(2012); Museo Reina Sofia, Madrid; CAAC - Centro Andaluz de Arte Contemporaneo, Siviglia(2011); Ludwig Forum, Aquisgrana (2010); MAK, Vienna; Grazer Kunstverein, Graz (2008) e al Padiglione Ungherese della 52. Biennale di Venezia.
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Andreas Fogarasi è come unamatrioska russa, identificabile,nel suo caso, come un insieme eterogeneo di identità e ruoli che compongono poiuna somma maggiore delle sue parti: un artista acuto indagatore, da sempre, dei processi di trasformazioni urbane.
Archeologo, antropologo, architetto, osservatore,ma soprattutto assemblatore. Un ibrido sfaccettato che converge nella suafigura di artista. Un po' come le sue opere emblematiche, Andrea è il risultatodi una sovrapposizione di strati, che seppur diversi tra loro, dialogano nelloro insieme concludendosi in opera. Andreas Fogarasi si conclude nella figuradi artista.
Il suo lavoro ha origine molto prima della composizione stessa dell’opera. Osserva in modo strategico, con audacia, con curiosità il mondo che gli sta intorno, il mondo che cambia e il mondo che scompare; reperisce tutti i materiali che possono costituire una fonte d’ispirazione, la sua attenzione viene continuamente sollecitata dalle costruzioni, dagli edifici, dal loro significato odierno e passato e da ciò che ne rimane oggi. Come un antropologo studia il cambiamento nel corso del tempo delle città. Le città appunto, che con le loro composite superfici rappresentano il focus, dal quale partire e ritornare, dell’analisi di Fogarasi. Diventano specchio di ciò che sono la società, la politica, la storia, il quotidiano. Diventano protagoniste del lavoro osservatorio e artistico di Fogarasi.
Ogni Stato, ogni città, presenta una sua identità culturale, storica che inevitabilmente si riflette sul tipo di costruzione costruita nel passato e nel presente. La mappatura della città diventa mappature di identità, di processi politici e sociologici. Quanto del periodo storico passato e odierno si riflette sulla scelta estetica, e non solo estetica, di un dato edificio?Perché un edificio viene costruito seguendo standard estetici variabili nel tempo? Fogarasi esplora, come uno studioso sul campo, i meccanismi con cuil’architettura e lo spazio pubblico sono costruiti sia come luoghi di esperienza quotidiana, sia come spazi definiti, appunto, da interessi politici, economici e culturali. Per far ciò, come un archeologo, preleva il materiale dal suo ambiente e lo utilizza con il vocabolario del minimalismo, ma aspirando alla pittura parietale. “Con i miei lavori documento il cambiamento urbano. Seleziono i miei materiali da edifici che sono stati demoliti o trasformati. Creo immagini di queste trasformazioni. Sono immagini astratte, o meglio ritratti astratti, ritratti di trasformazioni urbane, composizioni quadrate o rettangolari che parlano di qualcosa. Sono una testimonianza visiva di un qualcosa che è stato. Spesso ricerco specifiche costruzioni e parlo anche con i proprietari e gli architetti. Qualche volta semplicemente camminando vicino ad una demolizione, spontaneamente prendo qualcosa con me, o chiedendo, o semplicemente appropriandomene”.
Intuiamo quindi che l'assemblamento dell’opera è il risultato finale di un lavoro di ricerca, di un processo di reperimento minuzioso. Fogarasi si riferisce a questi materiali come dei fuggitivi, la loro destinazione naturale dovrebbe essere il riciclaggio o la spazzatura. Invece lui se ne appropria, li eleva ad opera d’arte. Gli dà un valore estetico e culturale, ma, soprattutto, di testimonianza di luoghi che non esistono più.Quasi a volerli tenere ben saldi insieme, decide di legare i materiali con bande d’acciaio. Per creare una sorta di tensione. Che si percepisce esaustivamente. Ogni materiale, seppur di diversa natura, ha una propria storia. Il legno, la pietra, il metallo, la ceramica, il vetro e la plastica hanno una storia a sé, non solo a livello concreto di materiale ma anche in modo astratto, attraverso la loro provenienza. Alcune opere i materiali uniti non risalgono alla stessa epoca o allo stesso luogo o allo stesso tempo.Sono costretti cosi, armoniosamente ad una convivenza artistica ed estetica.Una storia di anni e secoli che Fogarasi sigilla insieme in un pacchetto,facendoli diventare, da pezzi di scarto, protagonisti. Li compone in una forma rigorosa ma, allo steso tempo, elegante e armoniosa, che li trasporta alla dimensione pittorica pur mantenendo la loro identità di sculture. E’ un richiamo o un rimando all’Arte Povera, che ci insegna Germano Celant con i suoi materiali poveri, ma raffinati, dove l’arte diventa anche un evento mentale e comportamentistico, con la concezione antropologica. “I suoi lavori coniugano architettura, design e belle arti con la ricerca sociologica urbana della realtà che lo circonda. Esplora luoghi dimenticati e ne raccontala loro storia, senza tralasciare una critica alle strutture del sistema economico, politico, culturale e sociologico”. Nasce cosi la serie Nine Buildings,Stripped.
Questo è il processo cognitivo alla base del lavoro di Fogarasi. Processo che si può meticolosamente trovare, ma in modi diversi, negli altri due progetti presentati qui in mostra: Cities e Sights. Cities è un progetto nato dall’ironia, da un'opera di collezionismo dello stesso artista che, nel suo raccogliere materiale promozionale delle varie città visitate, si è reso conto di come spesso, queste città sono introdotte a noi con un’auto referenzialità sempre positiva, mai negativa.”Molte volte le etichette non sono spesso adatte, sono come delle pubblicità fantasiose”. Città della cultura, città dello sport, città dell’amore. Fogarasi crea delle nuove etichette. E lo fa semplicemente scegliendo di disegnare su carta semplice con una grafite uniforme le proprie ironiche etichette senza però svelare di quale città si tratta.
Per il lavoro Sights, Fogarasi tocca sempre il concetto di città nelle sue rappresentazioni, ma, in questo caso, nella sua forma ironica e quasi critica.Ricorre alle mappe. Ogni mappa presenta icone astratte di numerose costruzioni. Le ritaglia: “Io creo un’immagine alternativa della città, una rappresentazione astratta basata sui valori culturali dati dal momento”. Cosa significa?Significa che anche le mappe nel loro ruolo di guida sono pilotate dal momento culturale e storico in cui sono realizzate. Molte volte ritroviamo costruzioni storiche e turistiche, ma oggigiorno alcuni edifici sono creati per diventare delle icone. Qui ci ritroviamo di fronte al concetto di ritratto manipolato e non sempre veritiero, succube di valori culturali e politici. Ci troviamo spaesati allora di fronte alle mappe che l’artista pone alla nostra attenzione.Seul, Berlino, una passeggiata nel cuore dell’EU. Un gioco ironico di riconoscimento e non riconoscimento di mappe che sono state destabilizzate della loro natura di guidare. Non siamo più guidati secondo i canoni classici ma secondo quelli costruiti dall’artista.
Mi piace concludere questo testo con la domanda più classica che si possa fare ad un artista: “ Qual è lo scopo o il messaggio che vuoi trasmettere attraverso la tua arte?” Vi affido la sua risposta: “Io faccio rappresentazioni di posti, che contengono cose non viste o dimenticate. Loro mostrano la complessità della società e i suoi testamenti costruiti, e gli effetti e le illusioni della comunicazione e del marketing. Il mio lavoro è minimalista, per essere capace di focalizzarsi su specifici aspetti. Io provo a isolare certi meccanismi. Il lavoro si basa sul guardare, osservare – cosa è mostrato a noi e cosa no e perché. Io disegno parallelismi Traccio un parallelo tra questi spettacoli di coinvolgimento e identità, e penso che il risultato sia da qualche parte tra l'eredità dell'arte astratta e della pubblicità contemporanea”.
Giulia Papa